TRAVERSARI, Ambrogio
– Nacque a Portico di Romagna il 16 settembre 1386, figlio di Bencivenni Traversari e di Maria di Cenni Fabbri.
Discendente della nobile famiglia ravennate, Traversari ricevette una prima educazione letteraria a Galeata, come egli stesso ricordò in un passo dell’Hodoeporicon.
Il collegamento di Traversari con Galeata, sede del cenobio camaldolese di S. Maria in Isola, e quello della sua famiglia con il contesto politico e religioso ravennate nel quale tanto rilevante era l’influenza camaldolese, restituiscono la cornice storica dei suoi primi anni di vita; ma l’8 ottobre 1400, a soli 14 anni, Traversari entrò nel monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli. In questo cenobio, situato nel tessuto urbano di Firenze, ma retto dalla formula della clausura, poco più di un anno dopo (6 novembre 1401) egli emise la propria professione e ivi trascorse il trentennio successivo dedicandosi esclusivamente all’attività letteraria e allo studio.
Dopo alcuni decenni di crisi, che segnarono l’inizio del Trecento camaldolese, nella seconda metà del XIV secolo l’Ordine conobbe l’avvio di una lunga fase di riforma i cui contenuti erano stati sanciti dal capitolo generale di Fontebuono del 1360 (che aveva rimesso al centro della spiritualità dei monaci bianchi la figura di Romualdo, definendone nei dettagli la festa liturgica). Il capitolo aveva segnato l’emergere di una serie di nodi problematici nella vita dell’Ordine, a cominciare dal rispetto rigoroso della regola e dalla necessità di trovare un modus vivendi che mantenesse salda l’unione fra le due anime dei camaldolesi, quella eremitica e quella cenobitica. In questo senso, la fortissima riproposizione della figura di Romualdo, aveva segnato un riorientamento della vita religiosa dell’Ordine in direzione di un primato della vita eremitica sul cenobio, evidente anche nell’autonomia di cui gli eremiti godevano in seno all’Ordine. Tuttavia, il progressivo inurbamento delle comunità camaldolesi, che era iniziato già nel XII secolo, aveva determinato un rapido accrescersi del ruolo delle comunità dei cenobiti. Questi ultimi si trovarono a intercettare quella serie di relazioni politiche, sociali e religiose che alimentarono le dinamiche urbane tardomedievali, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale. Firenze, Pisa, Ravenna, Venezia, sono alcune delle città nelle quali la presenza camaldolese acquistò rapidamente un ruolo di primo piano nella rete dei grandi centri di potere politico e religioso, nel gioco delle nuove aristocrazie urbane e dei patriziati cittadini e nella produzione di cultura non solo religiosa. I camaldolesi ai quali si era unito Traversari fra 1400 e 1401 erano dunque un Ordine inserito in una dinamica nella quale era forte l’esigenza di una riforma e che era in cerca di modelli a partire dai quali tentare di delineare una nuova fisionomia, tanto dei cenobi quanto degli eremi.
Accanto alle esigenze religiose, proprio il rapporto con i contesti urbani aveva permesso ai camaldolesi di entrare in relazione con quelle dinamiche culturali che, a partire dalla seconda metà del Trecento, segnarono l’emergere della cultura umanistica. Il monastero fiorentino di S. Maria degli Angeli nel quale fece il suo ingresso Traversari era uno dei centri nei quali la religiosità camaldolese viveva il delicato e problematico rapporto fra riforma religiosa e studia humanitatis. Nei mesi dell’ingresso del quattordicenne Traversari nel cenobio camaldolese era in pieno corso il noto confronto fra il monaco Giovanni da San Miniato e Coluccio Salutati, cancelliere della Repubblica fiorentina e figura eminente della cultura umanistica.
L’educazione di Traversari – compreso l’apprendimento del greco – si realizzò in questo clima religioso e culturale: prese così il via un impegno intellettuale che indirizzava una cultura squisitamente umanistica nell’alveo di un processo di riforma religiosa avente per oggetto lo stesso Ordine camaldolese e la forma di vita monastica in senso più ampio.
A partire dal 1415, il ricco epistolario di Traversari restituisce una vasta rete di relazioni che annovera Cosimo de’ Medici e il fratello Lorenzo, Niccolò Niccoli, i patrizi veneti Francesco Barbaro e Leonardo Giustiniani, e ancora intellettuali come Guarino Veronese e Giovanni Aurispa. L’epistolario dà conto di una vastissima ed eterogenea attività di ricerca e studio di testi che appartengono alla letteratura greca e latina. Ne emerge un vero e proprio processo di acculturazione umanistica che non si limita ad affiancare la filosofia ‘pagana’ di Platone e Aristotele agli scritti teologici ed esegetici dei Padri della Chiesa. La frequentazione delle litterae antiche, tanto pagane quanto cristiane, segna in modo evidente la mentalità e la cultura di Traversari che, rivolgendosi al fratello Girolamo, condensa una pratica culturale che è anche il cuore di un programma di vita religiosa: «Non permetterti di sprecare del tempo: al contrario dedicati a qualche contenuto delle sacre lettere; nessuna ora ti sia sufficiente per l’amore e il desiderio di proseguire negli studi umanistici» (Epistolae, 1759, XI, 19).
Il connubio fra umanesimo e programma di riforma, o quanto meno preoccupazioni di ordine religioso, traspare già dalle prime traduzioni realizzate da Traversari. A partire dal 1417-19 il camaldolese lavorò alla traduzione latina della seconda lettera dell’epistolario di Basilio di Cesarea a Gregorio di Nazianzo, il De fuga saeculi et de vita monastica, mentre il 28 marzo 1417 completò la traduzione e revisione dell’Adversus vituperatores vitae monasticae di Giovanni Crisostomo, dedicandolo a Guido Cardinali, priore di S. Maria degli Angeli. Fu proprio Cardinali, assieme a Niccoli, a incoraggiare l’impegno intellettuale di Traversari che concentrò i propri sforzi sui testi dei Padri greci, con particolare riguardo alla letteratura monastica. Tradusse così la Scala Paradisi di Giovanni Climaco (lavoro concluso il 1° novembre 1419) e il Theophrastus sive dialogus de immortalitate animi di Enea di Gaza (ultimato a metà 1419). Fra il 1419 e il 1420 Traversari realizzò la traduzione del De providentia Dei ad Stagirium di Giovanni Crisostomo e del Padre greco, negli anni successivi, approntò la traduzione di numerose opere (i Sermones contra Iudeos, ultimati entro il 18 dicembre 1423; il Quod Deus incomprehensibilis sit, ultimato all’inizio del 1427). Allo stesso gruppo di traduzioni crisostomiche appartengono anche le versioni latine dell’omelia Ad eos qui scandalizati sunt e dei sei libri De sacerdotio.
La motivazione del grande interesse per Crisostomo è da ricercare nella volontà di contribuire alla riforma religiosa attraverso la riscoperta di quella tradizione greca nella quale si individua un perfetto equilibrio fra la bellezza e la forza retorica e stilistica delle lettere e l’esplicazione tanto dell’ortodossia di fede quanto della ortoprassi, soprattutto per quel che riguarda la vita monastica. Nel lavoro traversariano vi è infatti un chiaro intento apologetico che si somma a una preoccupazione pedagogica. Quest’ultima fa parte, a pieno titolo, di un progetto di riforma della vita monastica imperniato su quegli studia humanitatis che indirizzano all’esercizio della virtù e mettono in condizione di dare la forma più efficace allo studio della sacra dottrina. Crisostomo, agli occhi di Traversari, è il modello di questo uso fecondo della cultura umanistica che arricchisce e rende efficace la frequentazione dei testi sacri che dovrebbe rinnovare la vita monastica.
Nella prima metà del 1424, Traversari tradusse il De vera integritate virginitatis di Basilio di Ancira, nel quale pure si ritrova quella compenetrazione tra umanesimo e spiritualità monastica che è uno dei cardini della visione a un tempo culturale e religiosa che il camaldolese venne maturando. La ricerca di modelli spendibili di vita monastica è forse alla radice dell’avvio della traduzione delle Vitae patrum, una raccolta bizantina di testi agiografici, iniziata nel 1424 e completata nel 1431. La traduzione di Diogene Laerzio, iniziata anch’essa nel 1424, ebbe invece una gestazione problematica: il 5 agosto 1425 era già stata completata quella dei primi nove libri, mentre il decimo libro, dedicato alla scuola epicurea, venne completato solo nel 1433 su insistenza di Cosimo de’ Medici.
La spiegazione di queste ‘fatiche’ da parte del camaldolese è verosimilmente spiegabile con un concorso di fattori. La difficoltà della lingua greca di Diogene, così diversa dal greco dei Padri o da quello degli autori bizantini con cui Traversari si era sino ad allora misurato, si sommava infatti a uno scrupolo di ordine religioso, legato all’opportunità di rendere accessibile in latino una teoria di biografie di filosofi pagani.
Negli stessi anni in cui lavorava alle Vitae patrum, Traversari tradusse anche i diciannoveSermones di Efrem il Siro, il Commentarium in epistolas Pauli di Giovanni Crisostomo, una serie di testi di Atanasio di Alessandria (il Contra Gentiles, il De incarnatione Verbi e l’inizio della Disputatio contra Arium), mentre fra il 1430 e il 1432 tradusse la Vita Gregorii Nazianzeni di Gregorio Presbitero e la Vita Iohannis Chrysostomi di Palladio.
Questo vastissimo lavoro di traduzione costituisce la parte più evidente di un’attività intellettuale assai più articolata, dalla quale emerge la piena appartenenza del camaldolese alla cultura umanistica.
Fra i manoscritti legati a Traversari si trovano infatti le tracce di un’attività diversificata. Da un lato, si conservano quattro autografi legati all’attività di traduttore: il manoscritto Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. Soppr. G IV 844, che contiene la versione latina delle Vitae patrum; il manoscritto Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 64, che invece trasmette il lavoro sulle Vitae philosophorum; il manoscritto Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. Soppr. J VI 6, che conserva la minuta autografa della traduzione del commento alle epistole paoline di Giovanni Crisostomo; il manoscritto Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. Soppr. J VIII 8, che rappresenta la copia di lavoro relativa ai testi di Atanasio di Alessandria. I manoscritti traversariani attestano anche una vasta e rilevante attività filologica di emendazione di testi latini e di reintegrazione di passi greci in codici nei quali sono mancanti e corrotti. Questo lavoro è legato alle relazioni intellettuali che coinvolgevano Traversari e lo legavano ai grandi umanisti e bibliofili coevi, primo fra tutti quel Niccoli che fu fra i protagonisti della vasta circolazione e della raccolta di testi classici nella Firenze dei primi decenni del Quattrocento. Il lavoro sui codici si spinse anche all’attività di trascrizione, che vide Traversari impegnato a compilare, in elegante littera antiqua, con data 14 gennaio 1414, le Divinae Institutiones di Lattanzio (manoscritto Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. Soppr. B IV 2609) e una parte del De ira Dei sempre di Lattanzio (manoscritto Firenze, Biblioteca Riccardiana, 302, cc. 1r-4v). Sembra sia poi attribuibile al camaldolese anche la trascrizione del testo greco della Comparatio veteris ac novae Romae di Manuele Crisolora tradita nel manoscritto Paris, Bibliothèque nationale de France, Grec 2012 (cc. 43r-52v).
Negli anni Venti, sotto il pontificato di Martino V, la qualità della cultura di Traversari e il suo utilizzo a servizio di una istanza di renovatio religiosa, gli valsero l’attenzione della Curia papale. Il papa Colonna incoraggiò il suo lavoro per le preziose ricadute pedagogiche che prospettava e gli commissionò la traduzione del Contra errores Graecorum di Manuele Caleca (completata nell’aprile del 1423).
In quegli stessi anni si compì un’evoluzione nella storia dell’Ordine camaldolese, nel quale emersero sempre più forti, giungendo a maturazione all’inizio degli anni Trenta, le istanze di riforma che, soprattutto nell’ambito dei monasteri veneti e veneziani, individuarono un efficace modello nella congregazione di S. Giustina a Padova.
L’ambiente camaldolese veneto in questi primi decenni del XV secolo era legato a figure di grande rilievo del patriziato veneziano, destinate ad avere un ruolo di primo piano non solo nelle vicende della Serenissima. Fra i monasteri dell’Ordine che avevano conosciuto una rinascita nei primi decenni del XV secolo vi erano non solo i cenobi veneziani, ma anche quello fiorentino di S. Maria degli Angeli dove operava Traversari, che ne era divenuto vicepriore e che aveva guadagnato una posizione di preminenza a motivo del suo lavoro intellettuale e del suo rigore di vita. Gabriele Condulmer, cardinale protettore dell’Ordine, si adoperò per orientare quest’ultimo verso la tendenza osservante che era rappresentata dal monachesimo di S. Giustina e su queste basi arrivò a far convocare il capitolo generale dell’Ordine il 21 ottobre 1430 a Borgo Sansepolcro, con il quale prendeva avvio il processo di riforma dei camaldolesi.
L’elezione papale dello stesso Condulmer, che prese il nome di Eugenio IV, nel marzo del 1431, impresse una rapida accelerazione agli eventi, con la convocazione di un secondo capitolo generale. Sotto la presidenza del nuovo cardinale protettore, Giovanni Cervantes, il 21 ottobre 1431 nel monastero di S. Maria in Urano a Bertinoro si aprì il nuovo capitolo che procedette alla deposizione del generale Benedetto Lanci e il 26 ottobre successivo arrivò all’elezione di Traversari alla carica di priore generale per ordine e volontà dello stesso pontefice.
Proprio il rapporto con Eugenio IV e il mandato di procedere alla riforma dell’Ordine furono i due tratti distintivi del generalato traversariano. Gli impegni di governo sopraggiunti con l’elezione spostarono rapidamente il centro dell’attività di Traversari alle questioni relative all’Ordine e lo impegnarono in un lungo periodo di viaggi attraverso i cenobi e gli eremi camaldolesi e la Curia romana, che si protrasse dal 1431 al 1434 e dal quale nacque l’Hodoeporicon o Commentariola che si presentava come una sorta di diario di viaggio. Qui il camaldolese registrò le proprie visite e gli incontri, oltre ai suoi sforzi per riformare i singoli monasteri camaldolesi, far eleggere abati e priori degni di ricoprire tali cariche, favorire l’ascesa di figure di provata moralità in seno all’Ordine, organizzare adeguatamente gli studi e l’educazione dei novizi.
L’Hodoeporicon fu dunque ben più che una semplice chronica dell’attività del generale: l’opera aveva infatti l’obiettivo di rafforzare la posizione del generale all’interno dell’Ordine, delineando il formarsi della sua azione di riforma soprattutto sul terreno dello stile di vita e della costruzione di un paradigma di vita monastica nel quale aveva un ruolo centrale la frequentazione intellettuale e spirituale del monachesimo antico attraverso i Padri della Chiesa. Rispetto al progetto di riformare la struttura di governo dell’Ordine che era al cuore degli interventi di Eugenio IV, Traversari appariva convinto del fatto che questa renovatio fosse possibile solo attraverso il ritorno all’insegnamento e all’esempio del monachesimo antico, che potevano sanare e correggere in modo efficace le deviazioni e gli abusi che la affliggevano.
Accanto agli impegni di governo dell’Ordine, Traversari venne coinvolto nelle grandi vicende che segnarono il pontificato di Eugenio IV. A lui il papa affidò il compito di rappresentarlo di fronte al concilio di Basilea, riunitosi dal 1431, per difendere le prerogative della Sede apostolica che si era vista privare delle decime dai padri conciliari, come risposta ai tentativi papali di chiudere l’assise sinodale. Nell’estate del 1435 Traversari fu dunque impegnato in questa delicata legazione, nella quale l’esercizio delle capacità diplomatiche si intrecciò al ricorso alle qualità intellettuali. Nell’orazione tenuta il 26 agosto di quell’anno di fronte al Concilio, il camaldolese fece un appello alla pacificazione della Chiesa, paventando nell’atteggiamento del Concilio i rischi di uno scisma. Concetti che trovarono supporto nella stesura, proprio nei giorni trascorsi a Basilea, della traduzione latina delle tre orazioni De pace di Gregorio di Nazianzo, dedicata all’arcivescovo di Milano Francesco Pizolpasso. In quegli stessi giorni Traversari tradusse anche l’orazione De obitu patris, dedicando questo lavoro al vescovo di Burgos Alonso García. Sebbene la legazione non sortisse immediati effetti essa contribuì a portare nel campo papale una figura chiave come quella del cardinale Giuliano Cesarini, che presiedeva il Concilio.
Ai giorni di Basilea seguì una visita alla corte imperiale ad Alba Regale, in occasione della quale Traversari ribadì l’appello alla pace e la propria preoccupazione per i rischi legati alle posizioni del Concilio in due orazioni, il 26 dicembre 1435 di fronte a tutta la corte imperiale e nel gennaio successivo di fronte all’imperatore e ai suoi consiglieri. Il 1436 vide anche la ripresa del lavoro di traduzione del Corpus Dionysianum, iniziata nel 1430 con la traduzione del De ecclesiastica hierarchia, del De coelestis hierarchia e delle Epistolae (poi completata entro l’aprile del 1437 con le due opere mancanti, il De divinis nominibus e il De mystica theologia). Il 1436 segnò anche l’avvio del lavoro di traduzione delle omelie di Giovanni Crisostomo sul Vangelo di Matteo: un compito che, a detta dello stesso Traversari, nacque da una committenza papale e che impegnò gli ultimi anni di vita del generale camaldolese (ma che venne fortemente rallentato, sì che la traduzione rimase incompiuta, anche per la difficoltà nel reperire manoscritti greci dell’intera serie delle omelie).
Il rapido evolversi delle vicende ecclesiastiche, fra il 1437 e il 1438, vide Traversari direttamente coinvolto nelle scelte del pontificato. Il 18 settembre 1437 Eugenio IV trasferì il Concilio a Ferrara, rompendo ogni negoziato con l’assise di Basilea e ridefinendo l’agenda conciliare in ragione dell’avvio del confronto con i greci e del tentativo di ristabilire l’unità fra Roma e Costantinopoli. Il 9 febbraio 1438 Traversari raggiunse la delegazione bizantina arrivata il giorno precedente a Venezia e guidata dall’imperatore Giovanni VIII Paleologo e dal patriarca costantinopolitano Giuseppe II. Da quel momento il generale camaldolese, a motivo della sua conoscenza del greco e della sua accurata frequentazione della letteratura teologica di lingua greca, seguì gli spostamenti del Concilio e i suoi lavori, servendo da traduttore nei delicati dibattiti teologici e intervenendo egli stesso, tanto nelle relazioni informali con i prelati greci quanto nella stesura dei documenti più rilevanti del Concilio. Quest’ultimo, all’inizio del 1439, si era trasferito a Firenze, dove Traversari continuò a mettere la propria cultura a servizio delle contingenze ecclesiastiche, traducendo in latino, nel febbraio-marzo del 1439, il Contra Eunomium di Basilio di Cesarea – traduzione andata perduta –, e offrì una traduzione orale di una delle omelie basiliane sullo Spirito Santo. Questa attività mirava chiaramente a fornire utili argomentazioni teologiche in vista delle sessioni dogmatiche del Concilio. Il coinvolgimento di Traversari arrivò fino alla stesura della bolla Laetatur coeli, firmata dallo stesso generale camaldolese nella cattedrale di Firenze il 6 luglio 1439 e con la quale si sancì l’unione fra Chiesa latina e Chiesa greca.
Traversari trascorse le settimane successive nel monastero di Fontebuono, a Camaldoli, intento alla traduzione in latino delle omelie del Crisostomo sul Vangelo di Matteo, ma il lavoro fu interrotto dalla morte, sopraggiunta inaspettatamente il 21 ottobre successivo nel monastero fiorentino di San Salvatore.
Dopo la morte del generale, l’Ordine continuò a dibattersi fra modelli diversi di riforma, senza tuttavia riuscire a trovare, almeno nei decenni successivi, un’adeguata e risolutiva composizione delle diverse istanze presenti al proprio interno. Ugualmente fragili si rivelarono gli esiti del confronto con i greci, al quale Traversari aveva dato il proprio contributo. Duratura fu invece l’eredità culturale del camaldolese, come dimostra la vasta diffusione delle sue opere fra Quattrocento e Cinquecento e come emerge dallo stretto legame fra i camaldolesi e gli ambienti e le figure della cultura umanistica del tempo.
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