amebiasi
Malattia infettiva, endemica soprattutto in alcuni paesi tropicali (con focolai anche nel Mezzogiorno d’Italia), dovuta a un protozoo, Entamoeba histolytica, che si localizza più comunemente nell’intestino, provocando ulcerazioni, emorragie e disturbi funzionali anche gravi. L’a. è trasmissibile con le feci in cui il parassita si ritrova, sia nella forma vegetativa che in quella cistica. Esiste una forma acuta, che dura 12 settimane con dolori addominali, profusa diarrea sanguigna e prostrazione, e che può poi passare alla forma cronica; può però essere cronica fin dall’inizio e durare mesi e anni, con periodi di remissione e di riacutizzazione. Talora essa decorre senza diarrea, anzi con stitichezza. Complicazioni più frequenti sono l’ascesso epatico e polmonare, meno frequente l’ascesso cerebrale, per trasmigrazione delle a. per via sanguigna o linfatica. La cura si avvale di numerosi preparati: il cloridrato di emetina (da molti considerato come lo specifico per eccellenza dell’a.), lo ioduro di emetinabismuto, alcuni composti arsenicali (stovarsolo) e iodossichinolinici (acido iodossichinolinsulfonico, attivo anche contro le forme cistiche dell’ameba), la clorochina, la conessina, la tetramicina, ecc.