Amedeo Avogadro
Nel 1811 Amedeo Avogadro formulò per la prima volta l’ipotesi che si sarebbe rivelata una delle leggi fondamentali della scienza moderna: «nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, volumi uguali di gas diversi contengono un identico numero di particelle». L’ipotesi venne esposta nell’Essai d’une manière de déterminer les masses relatives des molécules élémentaires des corps, che rappresenta uno dei classici della scienza. Avogadro è l’unico italiano il cui nome sia legato a una costante universale (il celebre numero di Avogadro), ed è al contempo uno degli scienziati del nostro Paese più conosciuti al mondo.
Avogadro (che venne battezzato come Lorenzo Romano Amedeo Carlo) nacque a Torino il 9 agosto 1776 da Filippo Avogadro conte di Quaregna (una piccola frazione a pochi chilometri da Biella) e Anna Maria Vercellone, figlia del conte biellese Amedeo Vercellone e di Chiara Avogadro di Valdengo.
Filippo si era laureato in giurisprudenza nel 1756, intraprendendo una splendida carriera. Sostituto dell’avvocato fiscale generale presso il Senato, nel 1777 ricevette l’incarico di avvocato generale, che mantenne fino a quando, nel 1787, diventò presidente del Senato; grazie a quest’ultima carica ottenne anche il titolo di conte di Quaregna. Nel 1795 fu nominato reggente della Gran cancelleria e, successivamente, capo del Magistrato della riforma, l’istituzione che sovrintendeva alle istituzioni scolastiche.
Anche i figli maschi di Filippo furono avviati allo studio della giurisprudenza: la laurea in legge, infatti, costituiva un tradizionale obiettivo per i membri della famiglia e, non a caso, il cognome stesso era il risultato della progressiva alterazione del termine de advocatis. Giuseppe, il primogenito, nato nel 1774, avrebbe insegnato diritto all’Università di Torino a partire dal 1801.
Amedeo, dopo aver frequentato le Scuole regie, si iscrisse anch’egli alla facoltà di Giurisprudenza. Nel 1795 sostenne i due esami di licenza in diritto canonico e civile, quello privato il 16 giugno e quello pubblico il 5 agosto. L’anno successivo conseguì la laurea, con esame privato il 6 marzo e pubblico il 16 marzo. Successivamente iniziò a lavorare in vari uffici, affrontando il normale tirocinio che un laureato in legge doveva svolgere per poter ambire a incarichi più importanti e prestigiosi.
Nel frattempo, cominciò anche a studiare le materie scientifiche per interesse personale. Come molti altri giovani del suo tempo, rimase colpito dall’invenzione della pila di Volta. Decise così di iniziare ad analizzare i fenomeni elettrici.
Passata la delicata fase politica 1798-1800, che si concluse con la vittoria dell’esercito di Napoleone Bonaparte sulle truppe austriache a Marengo (vicino ad Alessandria) il 14 giugno 1800, Avogadro, che aveva ventiquattro anni, ebbe l’occasione propizia per aumentare il suo bagaglio di conoscenze scientifiche. Alla riapertura dell’università, nel novembre del 1800, iniziò a frequentare alcune delle lezioni più interessanti, tra cui quelle di fisica sperimentale tenute da Anton Maria Vassalli-Eandi (1761-1825).
I suoi iniziali rapporti con l’ambiente scientifico torinese non furono semplici. Particolarmente attento agli sviluppi teorici della ricerca, Avogadro faticò a imporre i suoi innovativi studi in ambito fisico e chimico presso la comunità dei ricercatori sabaudi, maggiormente interessata a contributi di natura sperimentale e applicativa.
Nel settembre 1803 presentò all’Accademia delle scienze di Torino un manoscritto intitolato Essai analytique sur l’électricité. L’opera, dedicata all’esame della storia dell’elettrologia nella seconda metà del 18° sec., offriva un contributo originale alla trattazione dei problemi relativi alla natura elettrica degli isolanti, giungendo a delineare chiaramente il fenomeno della polarizzazione del dielettrico. Com’era previsto dalle procedure dell’Accademia, il manoscritto fu esaminato da alcuni commissari che, pur elogiando la qualità delle riflessioni teoriche, espressero l’auspicio che le ipotesi formulate fossero verificate con esperimenti. Il manoscritto non fu perciò pubblicato.
Nel 1804, comunque, Avogadro fu nominato socio corrispondente dell’Accademia. In dicembre presentò un’altra memoria, questa volta di argomento chimico, dal titolo Considérations sur la nature des substances connues sous le nom de sels métalliques […], che ricevette le stesse critiche della precedente.
Nonostante questi insuccessi, la carriera istituzionale di Avogadro continuò a progredire grazie all’interessamento di Prospero Balbo, politico e uomo di cultura di notevole spessore, che nel 1805 ottenne da Napoleone l’incarico di rettore dell’università. Nel 1806 Avogadro fu nominato «ripetitore» (una sorta di assistente) in fisica presso il Collegio delle province. Riuscì anche a far pubblicare il citato Essai analytique del 1803 sulla prestigiosa rivista francese «Journal de physique, de chimie, d’histoire naturelle et des arts», diretta dal naturalista Jean-Claude Delamétherie; il saggio fu edito in due parti con titoli diversi, Considérations sur l’état dans lequel doit se trouver une couche d’un corps non-conducteur de l’électricité […] nel 1806 e Second mémoire sur l’électricité […] nel 1807. La prima parte conobbe anche versioni in tedesco e in inglese, a dimostrazione della rilevanza dell’argomento trattato.
Nel luglio 1808 Avogadro presentò all’Accademia un Essai de calcul sur le pouvoir refringent de quelques substances […], lavoro dedicato allo studio delle relazioni tra luce, gas e materia, che traeva ispirazione da un’importante ricerca dei francesi Jean-Baptiste Biot (1774-1862) e François Arago (1786-1853). Anche in questo caso gli accademici produssero un giudizio in linea con quello riservato ai precedenti manoscritti. Infatti, purtroppo per Avogadro, i diversi settori della scienza sabauda, seppur estremamente differenziati fra loro, risultavano saldamente uniti da una convinzione: la ricerca scientifica non poteva prescindere dal rapporto con l’esperimento e doveva avere utili ricadute sulla società.
Nel frattempo, comunque, mentre l’Accademia continuava a rifiutare i lavori di Avogadro, il «Journal de physique» continuava a pubblicarli. Nel luglio 1809 fu la volta di una nuova e originale memoria dal titolo Idées sur l’acidité et l’alcalinité, nella quale egli enunciava il principio di relatività delle proprietà acide e basiche delle sostanze. Sempre nel 1809 Avogadro venne nominato professore di fisica presso il Reale collegio (ossia il liceo) di Vercelli, ove avrebbe insegnato ininterrottamente fino al 1819. Nel 1811 formulò l’ipotesi sui volumi dei gas alla quale deve ancora oggi la sua fama universale.
Durante l’inverno del 1813 iniziarono a diffondersi in Piemonte le prime notizie sulla disfatta di Napoleone in Russia. Dopo l’abdicazione dell’imperatore a Fontainebleau, il 6 maggio 1814, si crearono le premesse per il ritorno dei Savoia in patria: infatti il re di Sardegna Vittorio Emanuele I, proveniente da Cagliari, dopo essere sbarcato a Genova giunse a Torino il 20 maggio.
Il 9 gennaio 1815, ormai nel suo trentanovesimo anno, Avogadro sposò Anna Maria Felicita Mazzè (1795-1870), figlia del conte Giuseppe Mario e di Polissena Casea. Non molto tempo dopo nacquero i primi figli: Anna (24 febbraio 1816) e Giuseppina (8 settembre 1817). Il primo maschio arrivò il 4 novembre 1818: fu chiamato Filippo come il nonno. Alla fine i figli furono in tutto otto.
Nel novembre 1820 Avogadro entrò a far parte dell’Università di Torino come docente di fisica sublime, insegnamento appositamente creato per lui (per ‘sublime’ si intendeva quella parte della matematica che faceva uso del calcolo integrale e differenziale). La cattedra fu tuttavia soppressa due anni dopo dal re Carlo Felice, nell’ambito dei provvedimenti attuati dopo i moti del marzo 1821.
Nel 1832 il nuovo re Carlo Alberto, salito al trono l’anno precedente, ripristinò l’insegnamento, affidandolo inizialmente al celebre matematico francese Augustin-Louis Cauchy (1789-1857), che lo abbandonò circa un anno dopo. Nel novembre 1834 la cattedra fu così nuovamente assegnata ad Avogadro, il quale la tenne fino al 1850. Lo scienziato morì a Torino il 9 luglio 1856.
Nel 1809, come già detto, Avogadro ricevette l’incarico di professore di fisica presso il Collegio di Vercelli, da dove inviò all’Accademia una nuova memoria dal titolo De la distribution de l’électricité sur la surface des corps conducteurs, concernente alcuni problemi di elettrologia sollevati dalle ricerche del francese Charles-Augustin Coulomb (1736-1806). Il manoscritto conteneva molti elementi di originalità, tanto da mettere in discussione lo stesso modello newtoniano di forze agenti a distanza in linea retta. Il lavoro evidenziava che Avogadro aveva ormai raggiunto competenze matematiche di notevolissimo livello, tanto da poter ipotizzare un suo ruolo a pieno titolo anche nell’ambito della storia della matematica.
Il periodo di Vercelli fu tra i più produttivi nella sua carriera scientifica. In questi anni egli arrivò alla formulazione della sua ipotesi sui volumi dei gas. Interpretando in senso strumentale le concezioni atomistiche del fisico inglese John Dalton (1766-1844) e la legge sulle combinazioni gassose del francese Joseph-Louis Gay-Lussac (1778-1850), formulata nel 1808, Avogadro riuscì a costruire un modello che consentiva di calcolare i pesi molecolari delle diverse sostanze allo stato aeriforme. L’ipotesi fu esposta in due memorie pubblicate sul «Journal de physique». La prima, il celebre e già citato Essai d’une manière […], apparve nel luglio 1811. La seconda, intitolata Mémoire sur les masses relatives des molécules des corps simples […] e la cui stesura occupò Avogadro per tutto il 1813, venne consegnata al «Journal» nel gennaio 1814.
Nell’agosto 1815 Balbo, in qualità di «segretario aggiunto» dell’Accademia, fu incaricato di convocare tutti i membri nominati prima della dominazione francese. Una volta eletto presidente, cercò di mettere a punto un’adeguata strategia per combattere le conseguenze negative della Restaurazione sulla ricerca scientifica, rendendosi conto che il Regno di Sardegna rischiava di essere tagliato fuori dallo sviluppo tecnologico e industriale in corso nelle altre nazioni europee. Tuttavia, in campo scientifico il Regno non era certo carente di risorse umane, e Balbo, consapevole di questa ricchezza, iniziò a riflettere insieme ad Avogadro sulla necessità di creare programmi e strutture di ricerca adeguate. Nacque così, nell’autunno del 1816, l’idea di realizzare un nuovo laboratorio per l’Università, assieme a una cattedra che avrebbe preso il nome di fisica sublime.
È quindi da rivedere l’immagine di un Avogadro scienziato esclusivamente speculativo, scarsamente dedito ad attività di tipo sperimentale. La carenza di esperienze di laboratorio nelle memorie giovanili non era dovuta a una precisa scelta metodologica, ma riguardava la difficoltà della sperimentazione a cui gli oggetti andavano sottoposti e l’impossibilità di avere a disposizione apparati strumentali adatti allo scopo.
Nel 1819 Balbo, nominato ministro degli Interni, intensificò gli sforzi per avviare il progetto di rinnovamento dell’Università, e fra i nuovi docenti riuscì a inserire anche Avogadro, al quale, appunto, nel 1820 venne assegnata la nuova cattedra di fisica sublime. Ciò significava dare un indirizzo completamente nuovo allo studio delle discipline sperimentali in Piemonte, cercando di avvicinare la ricerca sabauda ai più moderni sviluppi proposti dalla scienza francese. Il trasferimento a Torino consentì inoltre ad Avogadro di essere eletto membro residente dell’Accademia (21 novembre 1821). In seguito sarebbe stato nominato socio di numerose altre accademie e società italiane e straniere.
I moti del marzo 1821 cambiarono tuttavia radicalmente la situazione politica. A partire dal 15 settembre l’Università fu chiusa per un anno, e tutti gli esami sostenuti dopo il 12 marzo vennero annullati. Del resto Carlo Felice riteneva che l’Università fosse stata uno dei centri politici della rivoluzione. Numerosi professori furono messi sotto inchiesta, e i nuovi insegnamenti voluti da Balbo, in quanto segni di cambiamento, vennero soppressi. La decisione di revocare la cattedra di fisica sublime fu presa il 23 luglio 1822.
Con la soppressione della cattedra si stabilì che Avogadro disponesse di una pensione di 600 lire fino a che non fosse stato destinato ad altra occupazione. Nel corso del 1823 egli fu nominato «mastro uditore» presso la Reale Camera de’ conti, tornando così a ricoprire un impiego di carattere giuridico e amministrativo.
La perdita della cattedra non gli impedì comunque di indirizzare le proprie indagini in un senso più strettamente sperimentale. Fondamentali furono quelle dedicate all’elettrochimica e all’elettromagnetismo, che lo portarono alla costruzione di un innovativo strumento di misurazione, il cosiddetto voltimetro moltiplicatore, la cui importanza fu immediatamente riconosciuta a livello internazionale da figure del valore del danese Hans Christian Oersted (1777-1851) e del francese Louis-Jacques Thénard (1777-1857).
Come membro dell’Accademia Avogadro svolse numerose attività, che andavano dall’esame dei lavori presentati per la pubblicazione nelle memorie dell’istituzione all’analisi delle richieste di privilegio (gli attuali brevetti). Esaminò oltre cento domande sulle questioni più disparate, dalle macchine per migliorare la filatura della seta ai primi torchi meccanici della celebre stamperia di Giuseppe Pomba, dagli apparecchi aerostatici e sottomarini ai battelli a vapore, invenzione quest’ultima che gli stava molto a cuore e la cui introduzione nello Stato sabaudo caldeggiò a più riprese. Anche in questo caso, Avogadro aveva ben compreso l’importanza di un settore di studi che non molto tempo dopo avrebbe condotto alla nascita della termodinamica.
L’occasione di tornare all’insegnamento universitario si profilò dunque per Avogadro con l’avvento di Carlo Alberto, il quale, una volta salito al trono, cercò di avviare un processo di rinnovamento dell’Università, istituendo cattedre e nominando studiosi di riconosciuta fama istituzionale. Grazie anche al parere favorevole di gran parte della comunità scientifica sabauda, Avogadro poté di nuovo insegnare nell’università.
Il suo impegno didattico non fu mai disgiunto dalla diffusione del sapere scientifico, finalizzato alla preparazione di base degli alunni delle scuole primarie e secondarie, preparazione che giudicava essenziale anche per educare a una ricezione positiva dell’immagine della scienza e della tecnica. E in questo senso si svolse la sua attività all’università, a partire dal 1834. Fra il 1837 e il 1841 pubblicò un manuale universitario, finanziato da Carlo Alberto, diviso in quattro volumi e intitolato Fisica de’ corpi ponderabili. Fra i molteplici campi di indagine trattati nella Fisica, vanno segnalate le innovative ricerche sulla capillarità e sulla cristallografia. Uno dei punti centrali del testo è tuttavia rappresentato dalle ricerche sui fenomeni termici.
Durante il decennio 1830-1840, l’attività di Avogadro sulle problematiche legate allo studio del calore raggiunse il suo momento più maturo. Non è un caso che in questo periodo i suoi contributi vennero regolarmente accettati sulle pagine della rivista scientifica francese «Annales de chimie et de physique», una delle più prestigiose dell’epoca.
Naturalmente Avogadro si rendeva conto di operare in maniera abbastanza isolata, di avere pochi allievi, di trattare argomenti con una tradizione non così consolidata come quella di altri settori della scienza sabauda, come, per es., l’ingegneria idraulica, e di studiare temi le cui possibilità di trasferimento tecnologico risultavano certamente problematiche. Ed era difficile competere, senza risorse, con i programmi di ricerca posti in atto nei più importanti centri scientifici europei, in particolare Parigi, dove il governo francese aveva affidato al fisico e chimico Henri-Victor Regnault (1810-1878) un grande progetto, sostenuto da ingenti finanziamenti, volto a studiare i fenomeni termici in relazione al problema del funzionamento delle macchine a vapore.
Intorno al 1845, il governo sabaudo iniziò a sostenere che per mettersi velocemente al passo con la produzione delle nazioni europee più avanzate occorreva soprattutto acquistare tecnologia, e si perse così l’occasione di realizzare un piano di sviluppo a lunga scadenza che nel campo della fisica privilegiasse la ricerca, quella teorica in particolare. A ben poco valsero le battaglie condotte da Avogadro all’interno del Consiglio superiore della Pubblica istruzione allo scopo di non veder modificato l’impianto del suo insegnamento di fisica sublime, il cui ultimo corso fu tenuto nell’anno accademico 1849-50.
Avogadro ricoprì un ruolo di primo piano anche all’interno delle istituzioni scientifiche piemontesi. Fu, tra l’altro, membro della Commissione superiore di statistica, per la quale effettuò numerose ricerche in campo meteorologico, socio corrispondente della Reale società di agricoltura, nonché uno dei protagonisti della revisione del sistema di pesi e misure nel Regno di Sardegna.
Nel corso della sua lunga carriera, Avogadro propose idee originali sulla struttura dei dielettrici, sul comportamento degli acidi e degli alcali, sulle relazioni tra affinità chimica, elettricità e magnetismo, sui calori specifici dei gas, sulla capillarità, pubblicando sulle più importanti riviste scientifiche nazionali e internazionali. Stimato da scienziati dell’importanza di Oersted e di Michael Faraday (1791-1867), fu molto attento anche allo sviluppo delle tecniche sperimentali e ai fondamentali cambiamenti che si stavano allora verificando in ambito tecnologico a partire dalla rivoluzione industriale di fine Settecento, com’è dimostrato dall’analisi delle richieste di brevetto svolte per l’Accademia.
Considérations sur l’état dans lequel doit se trouver une couche d’un corps non-conducteur de l’électricité, lorsqu’elle est interposée entre deux surfaces douées d’électricités de differente espèce, «Journal de physique, de chimie, d’histoire naturelle et des arts», 1806, 63, pp. 450-62.
Second mémoire sur l’électricité, ou suite des considérations sur l’état où se trouve une couche d’un corps isolateurs interposée entre deux surfaces douées d’électricités d’espèce contraire, «Journal de physique […]», 1807, 65, pp. 130-45.
Idées sur l’acidité et l’alcalinité, «Journal de physique […]», 1809, 69, pp. 142-48.
Essai d’une manière de déterminer les masses relatives des molécules élémentaires des corps, et les proportions selon lesquelles elles entrent dans ces combinaisons, «Journal de physique […]», 1811, 73, pp. 58-76.
Mémoire sur les masses relatives des molécules des corps simples, ou densités présumées des gaz, et sur la constitution de quelques-uns de leurs composés, pour servir de suite à l’‘Essai’ sur le même sujet [...], «Journal de physique […]», 1814, 78, pp. 131-56.
Mémoire sur la construction d’un voltimètre multiplicateur, et sur son application à la détermination de l’ordre des métaux relativement à leur électricité par conctact, «Memorie della Reale accademia delle scienze di Torino», 1823, 27, pp. 43-82.
Mémoire sur les chaleurs spécifiques des corps solides et liquides, «Annales de chimie et de physique», 1833, 60, pp. 80-111.
Fisica de’ corpi ponderabili, ossia, Trattato della costituzione generale de’ corpi, 4 voll, Torino 1837-1841.
Opere scelte, a cura di I. Guareschi, Torino 1911.
Saggi e memorie sulla teoria atomica 1811-1838, a cura di M. Ciardi, Firenze 1995.
Tre manoscritti inediti, a cura di M. Ciardi, Firenze 2006.
V. Cappelletti, M. Alippi, Avogadro di Quaregna Amedeo, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 4° vol., Roma 1962, ad vocem.
M. Ciardi, L’atomo fantasma. Genesi storica dell’ipotesi di Avogadro, Firenze 1995.
M. Ciardi, La fine dei privilegi. Scienze fisiche, tecnologia e istituzioni scientifiche sabaude nel Risorgimento, Firenze 1999.
M. Ciardi, Amedeo Avogadro. Una politica per la scienza, Roma 2006.
Il fisico sublime. Amedeo Avogadro e la cultura scientifica del primo Ottocento, a cura di M. Ciardi, Bologna 2007.
M. Ciardi, Avogadro 1811, Torino 2011.