AMEDEO di Francesco (Meo del Caprino, Meo Fiorentino, Meo da Settignano)
Architetto, nato a Settignano nel 1430, da una famiglia di maestri di pietra e costruttori. Documenti lo attestano attivo a Ferrara dal 1453 al 1461 in lavori di pietra. Nel 1453 lavorava, per Niccolò e Giovanni Baroncelli, alle basi dell'altare maggiore del duomo; tre anni dopo con altri maestri fiorentini, tra cui suo cugino Paolo di Luca, ancora ad altre parti dello stesso altare e all'arca di Urbano III; nello stesso anno ai marmi del campanile, del quale aveva già finito il primo ordine di finestre; nel 1457 alla base della statua bronzea del duca Borso; nel 1461 preparava i marmi per la nuova porta di S. Pietro.
A Roma, dove la presenza di A. è documentata dal 1462, lavorava nel palazzo di S. Marco (pal. Venezia), prima insieme con Giuliano da Sangallo, poi con Jacopo da Pietrasanta e Giovannino de' Dolci; nel 1467 tagliava i travertini del giardino di S. Marco. Dal 1467 al 1470 lavorava in Vaticano alla Loggia delle benedizioni, poi scomparsa nel rifacimento della basilica. Nel 1470 riceveva un pagamento per aver fatto in Vaticano tre porte, diciassette finestre, cinque armi, e nel 1471 per camini, porte e gradini e "per parte del lavoro che fano in su la piazza del pozo: cioè la logia de travertino, cholonne e archi e chornicione dale finestre in giù" (porticato del cortile dei cardinali, poi distrutto). Benché allo stato attuale delle ricerche risulti documentata solo questa attività, non è da escludere che A. abbia lavorato anche ad altre parti delle stesse costruzioni o ad altri lavori sotto Paolo II e Sisto IV.
Certo già in questo periodo romano doveva essersi affermato come architetto, se più tardi sarà chiamato dal card. Domenico Della Rovere a Torino per la costruzione del duomo. L'ipotesi del Milanesi e, con qualche riserva, del Muntz, che A. fosse l'architetto di S. Maria del Popolo non fu accettata (A. Venturi, E. Lavagnino, P. Tornei), benché la chiesa romana presenti qualche affinità stilistica col duomo di Torino. Il Müntz suggerì il nome di A. anche per il palazzo di Scossacavalli (poi palazzo dei Penitenzieri), fatto costruire da Domenico Della Rovere.
Manca ogni documentazione per gli anni tra il 1480 e il 1490. Nel biennio 1490-1491, col fratello Luca, era a Firenze come giudice per il concorso della facciata di S. Maria del Fiore. L'anno seguente andava a Torino, dove è assai probabile gli fossero affidati dal card. Della Rovere, divenuto vescovo di quella città, non solo la direzione dei lavori, ma lo stesso disegno della cattedrale, terminata nel 1498. I documenti (15 nov. 1492, 11 apr. 1493, 12 ag. 1494) lo ricordano come architetto del duomo (nel 1492 è fatto un pagamento "magistro Amedeo de Septignano fiorentino architectori et magistro fabricae Ecclesiae Taurinensis").
La costruzione del duomo segna una data importante per Torino, rimasta fino allora tradizionalmente gotica. L'esterno è estremamente sobrio e nettamente proporzionato nella facciata - che ha lesene abbinate e sovrapposte e frontone triangolare raccordato a volute albertiane - e nel transetto, che è delimitato da pilastri e cornici derivati da forme brunelleschiane ed albertiane. L'interno, diviso da stretti e alti pilastri sorreggenti volte in muratura, ha una cupola poligonale che ricorda quella della chiesa del Calcinaio a Cortona. Si ignora se le porte della facciata, elegantemente ornate, siano state eseguite da A. - nel 1496 si impegnava a scolpire la porta di S. Agostino in Carmagnola - o da altri scultori che si trovavano allora con lui.
L'11 febbr. 1497 A. faceva un testamento nel quale chiedeva di essere sepolto nella chiesa di S. Maria di Settignano, cui lasciava un podere. Morì poco dopo il gennaio 1501.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite..., con nuove annotazioni e documenti di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 662-665 (nel commentario del Milanesi a B. Pontelli); IV, Firenze 1879, p. 268 n. 1; E. Muntz, Les arts à la Cour des Papes, II, Paris 1878, pp. 13 ss.; III, Paris 1882, pp. 66 ss.; Id., Le palais de Venise à Rome, in Gli studi in Italia, VII (Roma 1884), p. 177; F. Rondolino, Il duomo di Torino illustrato. Torino 1898, pp. 79 ss.; D. Gnoli, Le opere di Mino da Fiesole in Roma, in Arch. stor. dell'arte, XI (1889), p. 457; L. Pastor, Storia dei Papi, II, Roma 1911, pp. 335, 651; P. Toesca, Torino, Bergamo 1911, pp. 35 ss.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VIII, L'architettura del Cinquecento, I, Milano 1923, pp. 439 484-486; E. Lavagnino, L'architetto di Sisto IV, in L'Arte, XXVII (1924), pp. 6, 11; Id., L'architettura del Palazzo Venezia, in Riv. d. R. Ist. d'archeol. e storia dell'arte, V (1935),p. 140; P. Tornei, L'architettura a Roma nel Quattrocento, Roma 1942, pp. 121, 124, 179 s., 285, 286; E. Hermanin, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 19; L. Eruns, Die Stadt Rom, Wien 1951, p. 295; S. Solero, Il duomo di Torino, Pinerolo 1956, pp. 45 ss.; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Kzinstler, I, p. 399.