LUCCICHENTI, Amedeo
Nacque a Isola del Liri, in Ciociaria, l'8 genn. 1907 da Tito e Cristina Andreotti. Ultimo di quattro figli, visse l'adolescenza con i fratelli Ugo, Giuseppe e Anna a Grottaferrata, presso Roma, luogo di origine della famiglia. Iscrittosi alla Scuola di architettura di Roma, si laureò nel 1934.
Nel 1936 realizzò per l'Europa Film le scenografie e i costumi del film Marin Faliero. Ottenuta l'abilitazione come architetto, iniziò la sua attività professionale, che si svolse in gran parte a Roma come quella del fratello maggiore Ugo, con il quale tuttavia non lavorò mai.
Nel 1937 ebbe inizio invece, con il concorso per un edificio turistico in montagna, lo stretto sodalizio del L. con V. Monaco, con il quale condivise tutta la carriera professionale.
Una iniziale notorietà venne loro dal secondo premio nel concorso in due fasi per il palazzo dei Congressi all'E42, al quale lavorarono insieme con A. Adriani e E. Bellante.
Nel 1938 il L. fu incaricato della realizzazione del fornice celebrativo sulla via Aurelia, nelle vicinanze di Santa Marinella, per la visita di Adolf Hitler, e nello stesso anno curò, con Monaco, l'allestimento del padiglione dei minerali ferrosi alla Mostra autarchica del minerale a Roma.
Tra il 1938 e il 1939 il L. e Monaco costruirono la loro prima opera, una villa per la famiglia Petacci sulla via della Camilluccia.
L'incarico di progettare la nuova casa dei Petacci venne dato al L. anche perché era amico di Claretta Petacci dalla prima giovinezza. A causa della relazione fra Claretta e il capo del governo italiano Benito Mussolini, la villa è sempre stata ignorata dalla pubblicistica ufficiale, per motivi di opportunità negli anni del fascismo, per reticenza politica nel dopoguerra. La villa, demolita nel 1975 per far posto al complesso di edifici che ospitano l'ambasciata dell'Iraq, era un bell'esempio di architettura razionalista costruita sul tema del percorso architettonico, con soluzioni volumetriche, scale e rampa centrale fortemente influenzate dal Le Corbusier della villa Monzie a Garches del 1927 e della villa Savoie a Poissy realizzata tra il 1929 e il 1931.
Il 31 dic. 1938 il L. sposò Lina Francucci, dalla quale ebbe due figli, Tito e Furio. Ludovico Quaroni fu suo testimone di nozze.
Dal 1941 al 1943 visse prevalentemente a Zara, dove costruì, sempre con Monaco, un nucleo di abitazioni popolari, lavorando contemporaneamente ad altri progetti su incarico del governatore della Dalmazia G. Bastianini.
In quegli anni il L. fu amico di G. Pagano, e fu vicino a lui nella battaglia contro il retorico monumentalismo dell'architettura ufficiale del regime fascista.
Nel dopoguerra iniziò la parte più produttiva dell'attività professionale con Monaco; fu in questo periodo che il loro studio iniziò a occuparsi principalmente di edilizia residenziale privata a Roma.
Estroverso e comunicativo, ebbe una naturale facilità nel coltivare i rapporti sociali; fu amico di A. Burri, G. Capogrossi, M. Mafai, che incontrava al caffè Rosati in piazza del Popolo, e curò la ristrutturazione, con Monaco, dello studio di quest'ultimo. Nel 1944 ospitò nella sua casa, per alcuni mesi, E. De Filippo, consolidando un'amicizia e una frequentazione che si protrassero negli anni successivi.
Tra il 1948 e il 1950, dopo la realizzazione di un edificio per abitazioni a Taranto, con le ringhiere dei balconi che proseguono al di sotto del solaio per impedire una eccessiva insolazione dell'alloggio nel piano inferiore, il L. e Monaco furono incaricati di realizzare tre palazzine a Roma, in viale Parioli, in via Archimede e in via S. Valentino.
Nel febbrile clima della ricostruzione del secondo dopoguerra, il L. e Monaco furono tra i professionisti che riuscirono a condurre una personale ricerca, realizzando costruzioni di valore e definendo dei veri e propri modelli relativi al tipo edilizio. Le loro architetture sono generalmente caratterizzate da facciate dallo sviluppo orizzontale disegnate da lunghe finestre a nastro, con griglie strutturali scandite dalla regolarità del modulo, con una particolare attenzione riservata alla distribuzione interna. Nella palazzina in via S. Valentino (1950) il fronte strada è costruito con un corpo principale, internamente diviso in ambienti per il soggiorno e per il pranzo, che nel prospetto segue la simmetria del suo asse centrale, alternando superfici vetrate e logge. Sul retro di questo corpo principale, un secondo corpo dalla forma a "C" è posto in adiacenza a esso ed è diviso in locali di servizio e camere da letto. Nella pianta l'asse centrale di simmetria, sottolineato dalla posizione della scala che collega i sei livelli e dell'ascensore di servizio esterno al volume, divide il piano tipo in due appartamenti speculari. Ma, nel piano attico, la particolare soluzione volumetrica, introdotta su una delle due testate del corpo principale, contraddice volontariamente il rigore della costruzione simmetrica.
Immediatamente dopo ricevettero l'incarico per altre palazzine, due sempre in via S. Valentino, una in via Ombrone e una in via S. Crescenziano.
La palazzina in via S. Crescenziano rappresenta un felice esempio della maturità compositiva raggiunta dal L. e Monaco e, contemporaneamente, dell'influenza dell'opera di Le Corbusier sul loro lavoro. Un corpo principale dalla semplice volumetria è scavato, sul fronte principale disegnato con lunghe finestre a nastro, da logge poco profonde, che si proiettano verso la strada con lunghi balconi dalla forte caratterizzazione strutturale. Sul retro, il disegno delle finestre a nastro prosegue nel volume del corpo scala, costruito su una pianta a rombo che si interseca, da un lato, con il rettangolo del corpo principale, dall'altro con il corpo alto un piano delle autorimesse.
Tra il 1952 e il 1953 progettarono e costruirono altre due palazzine in via del Circo Massimo, anche queste tra i migliori esempi relativi a questo tipo edilizio a Roma.
La prima scelta compositiva consiste nel rendere tra loro differenti le due palazzine, che nella pianta hanno uno schema distributivo molto simile. Il piano tipo è diviso in quattro appartamenti secondo l'asse centrale di simmetria, reso evidente dalla posizione delle scale e della chiostrina interna. Nella palazzina all'angolo con viale Aventino, il L. e Monaco disegnano un prospetto sulla strada diviso in campi regolari. Logge ripetute su ogni livello svuotano le estremità laterali, mentre i campi centrali sono chiusi con un infisso ben proporzionato nel disegno che si ripete ogni due piani, avvicinandosi alternativamente ai prospetti laterali molto chiusi. Nella seconda palazzina il prospetto su strada ha uno sviluppo orizzontale, disegnato dai marcapiani e dalla simulata continuità degli avvolgibili. Tre pilastri con mensole laterali, visibili nel livello terreno come nella prima palazzina, portano lo sbalzo delle logge, che in questo caso si aprono sul lato proseguendo oltre l'angolo la scansione del prospetto principale.
Nel 1953 il L. e Monaco terminarono la realizzazione di un edificio per uffici in via E. Gianturco, occasione che permise loro di confrontarsi nuovamente con un tipo edilizio già analizzato, negli anni del regime, con il progetto per la sede della Confederazione fascista dei commercianti e, nell'immediato dopoguerra, con il progetto per un centro direzionale in via dei Fori imperiali.
Nello stesso anno furono incaricati della realizzazione di una quarta palazzina in via S. Valentino e di una seconda palazzina in via Archimede, cui seguirono i due villini sulla via Aurelia a Santa Marinella, interessanti nella soluzione della parete, che scherma il balcone di servizio dalla strada, realizzata in mattoni smaltati di colore blu con costa bianca, disposti nella maniera tradizionale in uso nei fienili toscani. Tra il 1953 e il 1957 costruirono altre sei palazzine nell'area del quartiere Parioli, insieme con due villini, uno sull'Aurelia antica e un altro a Monte Mario.
Tra il 1957 e il 1960 il L. e Monaco lavorarono a quattro importanti progetti, dal tema differente rispetto agli incarichi affrontati fino a quel momento.
Con R. Morandi e A. Zavitteri progettarono e seguirono la realizzazione della aerostazione dell'aeroporto Leonardo da Vinci a Fiumicino, su incarico del ministero dei Lavori pubblici. Curarono poi l'arredamento del ponte di prima classe della turbonave "Leonardo da Vinci".
Con L. Belgioioso, I. Gardella, E. Peressutti, G. Perugini, Quaroni, E. Rogers realizzarono il padiglione italiano all'Esposizione universale di Bruxelles del 1958.
Con V. Cafiero, A. Libera, L. Moretti costruirono il quartiere residenziale del villaggio Olimpico in viale Tiziano, su incarico dell'Istituto nazionale case per impiegati dello Stato, dove furono alloggiati gli atleti in occasione delle olimpiadi di Roma del 1960 (il progetto è del 1958) e, con lo stesso gruppo di progettisti, cui si aggiunse P.L. Nervi, furono incaricati, dal ministero dei Lavori pubblici, del progetto urbanistico del viadotto di corso Francia, di collegamento tra ponte Flaminio e viale Pilsudski, dove il L. e Monaco costruirono anche un edificio per uffici.
Negli ultimi anni dell'attività in comune il L. e Monaco realizzarono con V., F. e L. Passarelli la sede della Società italiana autori ed editori in via dell'Arte, un grande edificio con il prospetto disegnato da listelli verticali in cemento che, alternando i vuoti con i pieni ogni due piani, schermano le grandi aperture a loggia.
Il L. morì a Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, il 10 ott. 1963.
Fonti e Bibl.: Paesaggio di Monaco e L., in Domus, 1952, n. 271, pp. 12-15; Sull'Aurelia e la Salaria, ibid., 1955, n. 308, pp. 9-11; Recent works by L. and Monaco, in The Architectural Review, dicembre 1955, pp. 382-387; Guida dell'architettura contemporanea in Roma, a cura di V. Bacigalupi - G. Boaga - B. Boni, Roma 1965, schede c10, c11, c20, f2, g3, m10, m32; I. Insolera, Roma moderna. Un secolo di storia urbanistica, Torino 1971, p. 246; G. Pagano, Lettere a A. L. (1941-1943), a cura di F. Luccichenti, Roma 1987; R. Lucente, Le palazzine delloStudio diV. Monaco e A.L., in Metamorfosi, 1990, n. 15, pp. 61-64; L.Ciancarelli, La palazzina romana(, ibid., pp. 30 s.; F.R. Castelli - P.O. Rossi, Una villa per la "Banda Petacci", in Capitolium, III (1999), 11-12, pp. 87-91; P.O. Rossi, Roma. Guida all'architettura moderna 1909-2000, Roma-Bari 2000, ad indicem.