MODIGLIANI, Amedeo
Pittore e scultore, nato a Livorno il 12 luglio 1884, morto a Parigi il 25 gennaio 1920. Terminati gli studî ginnasiali, si dedicò alla pittura, prima nella città natale, col Micheli, poi, per un breve periodo, nell'Accademia di belle arti di Firenze; ma, in sostanza, si può dire un autodidatta. Soggiornò per qualche tempo a Roma e a Venezia. Nel 1906 lasciò l'Italia per recarsi a Parigi, dove conquistò subito larghissima popolarità nella cosiddetta Butte Montmartre. Era l'epoca in cui i "Fauves" trionfavano con Matisse, e in cui il cubismo, con Picasso e Bracque, trovava proseliti dappertutto. Durante molti anni il M., emigrato intanto a Montparnasse, non fece che disegnare morbidi e rotondi arabeschi rilevando appena, con un leggiero tono rosato e bluastro, i contorni eleganti di quelle cariatidi che si riprometteva di eseguire in pietra. Era infatti spinto alla scultura dall'ammirazione per i primi saggi del Nadelmann, e la sua curiosità lo portava verso la Grecia arcaica, la plastica khmera e le forme semplificate della scultura negra. Purtuttavia modellò poche figure e tutte di una concisione schematica, ma non astratta, nelle quali le sue alte aspirazioni sono più intravvedute che attuate. Scoppiata la guerra e stretto dalle crescenti difficoltà dell'esistenza che lo obbligavano a praticare un'arte di più facile e immediata realizzazione, abbandonò lo scalpello per i pennelli, cercando di tradurre nella pittura quello che aveva imparato dalla sua esperienza di scultore. In fondo, lo possedevano sempre l'ossessione delle semplificazioni architettoniche dei feticci del Gabon e del Congo, le amplificazioni di cui erano suscettibili le figurine e le maschere della Costa d'Avorio nelle loro stilizzazioni eleganti. Così egli a poco a poco andò determinando un tipo d'immagine dalle linee allungate, dalle proporzioni esagerate con gusto squisito, a cui l'ovale della testa, inclinata sul collo quasi cilindrico, il naso uniforme e geometrizzato conferivano un insieme di dolcezza e di stranezza, un'ostentazione di malizia temperata da una pacata malinconia, una grazia lievemente impregnata di decadentismo morboso, mentre squisitissime accentuazioni dei contorni e raffinate deformazioni dissipavano la stanchezza delle forme troppo simmetriche nella ripetizione di un tipo reso quasi invariabile da un manierismo dei più affascinanti. In codesto linguaggio, che pone alla base della realizzazione pittorica l'arabesco, e che sotto questo punto di vista ravvicina il M. ai giapponesi, a Simone Martini e al Botticelli, la figura più sensuale, la femmina più lasciva perdono il peso della carne e si trasfigurano in una emozione spirituale. Se ne hanno gli esempî più dimostrativi nei pochi nudi dipinti dal M., in cui la sfrenata sensualità dell'artista si realizza smaterializzandosi. Il M. condusse una vita agitata e povera, esaltato da ammiratori fanatici e da accorti sfruttatori della sua arte. Quadri del M., che fu certo uno degl'ingegni più seducenti della pittura moderna, si trovano in pubbliche e private collezioni specie di Francia e degli Stati Uniti; soprattutto presso Paul Guillaume, Bing e Bernheim Jeune.
Bibl.: F. Carco, e M. dans la peinture moderne, Parigi 1924; W. George, M., in L'Amour de l'art, 1925, pp. 283-87; M. de Wlammik, in L'Art vivant, 1° nov. 1925; A. Salomon, M., sa vie, son oeuvre, Parigi 1926; G. Scheiwiller, A.M., Milano 1927; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIV; L. Venturi, Catal. della Biennale venez., 1930; V. Guzzi, Pittura it. contemp., Milano-Roma 1931, pp. 25-30; M. Guerrisi, La nuova pittura, Torino 1932, pp. 73-94.