AMEDEO V, conte di Savoia
Figlio secondogenito di Tommaso di Savoia, già conte di Fiandra, signore di Pinerolo e di Torino, e di Beatrice Fieschi, nipote di Innocenzo IV, nacque nel castello del Bourget probabilmente tra il 1252 ed il 1253, essendosi i genitori sposati nel 1251. Con il fratello maggiore Tommaso fu nel 1256portato ad Asti quale ostaggio garante del padre, che così fu liberato dalla prigionia in cui era caduto a Montebruno. Solo nel 1265, al più tardi, alla pace tra i conti di Savoia e Asti fu riconsegnato alla madre: nel 1259 gli era morto ilpadre. Visse ora al castello del Bourget. Lo zio Pietro II nel testamento del 1268 riconobbe i diritti del fratello maggiore Tommaso e suoi alla successione nella contea, qualora l'erede immediato Filippo I fosse morto senza figli. A essi Pietro II lasciò pure il feudo di Villafranca in Piemonte e alcuni feudi in Inghilterra. Nel 1270 i due fratelli Tommaso e A., in previsione della morte senza discendenti dello zio Filippo, I, si intes ero con la cugina Beatrice, figlia di Pietro II, per spartire i domini e nel 1271 analogo accordo fecero con i conti di Borgogna, figliastri del conte Filippo. In questi anni A. fu alla corte di Francia a visitare la cugina Margherita, vedova di Luigi IX e poi alla conte di Inghilterra a visitare l'altra cugina Alienor, consorte di Enrico II. Nel 1272 sposò a Chillon Sibilla di Bagé erede della Bresse, che già viveva alla corte sabauda presso il tutore Filippo I. Nel 1281 A. con i fratelli Tommaso e Ludovico e con lo zio Filippo regolò le vertenze territoriali con la Chiesa di Torino.
Il 30 apr. 1282 morì il fratello maggiore di Amedeo, Tommaso (detto comunemente Tommaso III), e ora rimasero a contendersi la contea Amedeo e Ludovico, trascurando i diritti di primogenitura dei figli di Tommaso. II conte Filippo vecchio e ammalato, volendo evitare dopo la sua morte lotte in famiglia per la successione, nel 1284 affidò alla regina vedova d'Inghilterra Alienor e al re Edoardo I la decisione circa la divisione dei domini sabaudi; segretamente, però, egli li avvertiva della sua intenzione che nella contea gli succedesse Amedeo, nel Vaud Ludovico, nei domini di Piemonte Filippo, figlio del defunto Tommaso. Dopo la morte del conte Filippo il 15 ag. 1285, il re d'Inghilterra si attenne ai suoi desideri e, poiché nacquero contestazioni, una commissione arbitrale precisò la ripartizione a Lione il 14 genn. 1286 e nuovamente decise l'anno dopo un altra commissione. Per quanto riguardava Filippo figlio del fratello Tommaso, il nuovo conte ottenne dalla cognata Guia di Borgogna la luogotenenza nei domini di Piemonte durante la minorità, con pieni poteri e senza limitazioni di tempo. Nel 1295 Filippo, diventato maggiore, chiese allo zio la consegna dei domini; li ebbe a condizione di rinunciare a ogni diritto sulla contea e sulla Marca e di riconoscersi suo vassallo.
A. intendeva in questo modo affermare l'integrità dello stato e durante il periodo in cui ne fu a capo si mostrò rigido difensore di questo principio, sebbene il fratello Ludovico del Vaud e il nipote Filippo di Piemonte ripetutamente si lagnassero e imponessero aggiustamenti territoriali. Tale preoccupazione portò presto A. a regolare la successione. Nel 1284 aveva avuto dalla consorte un figlio Edoardo, e un altro, Atmone, nacque nel 1291.
Morendo nel 1294, la contessa Sibilla lasciò la signoria della Bresse al primogenito Edoardo, ma A. rimase usufruttuario e conservò per tutta la vita il titolo di signore di Bagé e Bresse. Dopo diversi progetti nuziali con Aloisia figlia di Umberto I Delfino e con Isabella di Gloucester figlia di Edoardo I, nel 1298 il conte sposò Maria di Brabante, figlia di quel duca e sorella di Margherita, contessa di Lussemburgo, dalla quale, però, nacquero solo alcune femmine. Nel 1308 A. sposò il figlio primogenito Edoardo a Bianca di Borgogna e in tale circostanza lo dichiarò erede di tutti i suoi domini, sostituendogli in caso di morte il secondogenito Aimone. Così venne stabilita l'indivisibilità dello stato e l'esclusione delle donne dalla successione. Le relazioni di parentela con le corti di Parigi e di Londra imbarazzarono assai A. quando scoppiò una nuova guerra tra Filippo IV ed Edoardo I. Le sollecitazioni ad aderire al conflitto gli vennero da ambo le parti. Il conte di Savoia dovette usare una politica guardinga per non essere trascinato nell'uno o nell'altro campo, mettendo a rischio indipendenza e stato. A tale scopo si trincerò dietro i doveri di una sistematica azione pacificatrice. Così nel 1298 si adoprò per una tregua tra i due re; poi fu a Roma presso Bonifacio VIII che si era fatto arbitro di pace; ripetutamente trattò poi negli anni seguenti per accordi di pace tra Edoardo e Filippo, poi tra Filippo ed il conte di Fiandra. Tuttavia lentamente A. maturò il convincimento che la monarchia francese stesse rafforzandosi e che fosse pericoloso rimanere legato alla monarchia inglese. Se dal 1294 al 1300 egli apparve ancora molto legato ai cugini Plantageneti, dopo per necessità politiche passò all'amicizia con il re di Francia.
Ad apprezzare l'importanza delle buone relazioni con la corte di Parigi lo portava la necessità di sorvegliare quanto avveniva nel regno d'Arles, dove l'alleanza tra Carlo d'Angiò e Rodolfo re dei Romani aveva netto carattere antisabaudo. Di qui la necessità di appoggiarsi a Filippo IV. Riaccesisi poi i contrasti tra i Delfini di Grenoble della nuova dinastia dei La Tour du Pin ed i conti di Savoia, la monarchia di Parigi iniziò un'abile politica di pacificazione apparente, in realtà di assorbimento. A. ereditò dallo zio Filippo la grave questione di rapporti con la cugina Beatrice, figlia del conte Pietro II, che aveva sposato Guigo VII Delfino. Dopo la morte del padre essa aveva avuto dell'eredità paterna il solo Faucigny che era stato la dote della madre; ma pretendeva il Vaud e gli altri domini conquistati dal padre, che Filippo I aveva però incorporato nella contea di Savoia; mortole il figlio Giovanni Delfino, essa intendeva trasmettere queste terre ora sabaude alla figlia Anna, andata sposa ad Humbert de la Tour du Pin e al loro figlio Giovanni II Delfino.
Dal 1302 al 1304 A. partecipò alle campagne di Fiandra a fianco di Filippo IV, pur sempre manovrando per la pace.
La dinastia dei La Tour, insediatasi a Grenoble, ereditò le pretese e gli odi di Beatrice di Savoia, diventata nemica inconciliabile dei congiunti di Savoia, e combatté per trent'anni contro A., giovandosi dell'alleanza con un'altra famiglia feudale congiunta, ma nemica dei conti di Savoia, quella dei conti del Genevese che cercavano di opporsi alla paziente e incessante penetrazione sabauda in Ginevra, dove li favorivano i contrasti insolubili tra il vecchio signore, il vescovo ed il nuovo comune cittadino. Pur interrotta da paci, tregue, arbitrati di principi, re, papi, la lotta continuò senza che si potesse trovare modo di regolare tutti i conflitti territoriali aggravati dalle vertenze per i continui addentellati di dominio e dominio. Anche i conti del Genevese continuarono a cercare di sfuggire alla necessità di riconoscere la sovranità del conte di Savoia. Mentre gli arbitrati del re d'Inghilterra e del papa apparivano piuttosto favorevoli a Savoia, favorevole ai Delfini era assa spesso l'azione dei re di Francia. Su di un punto importante la politica sabauda fu costretta da Filippo IV a retrocedere nettamente, nella questione di Lione, dove Filippo di Savoia, arcivescovo laico, aveva saputo creare una vera egemonia sabauda. A. cercò inutilmente di conservarvi il suo influsso, collocando come arcivescovo il nipote Pietro, figlio del defunto fratello Tommaso. Nel 1292 il re di Francia riuscì a stabilire la sua salvaguardia sulla città; nel 1310 la occupò facendo prigioniero l'arcivescovo, che fu poi costretto a rinunciare a tutti i diritti giurisdizionali su Lione, a favore del re.
Una zona dove l'attività politica di A. poté svilupparsi fuori di ogni impedimento francese fu la zona pedemontana, dove egli aveva come collaboratore e come pedina avanzata il nipote Filippo. La decadenza dei Comuni favoriva l'espansione sabauda, sebbene questa incontrasse la rivalità dei marchesi di Saluzzo e di Monferrato. Meta degli appetiti di A. era soprattutto il comune di Asti agitato dalle lotte tra le fazioni, cui miravano pure gli Angioini di Val Tanaro e le due dinastie marchionali.
A. dapprima combatté contro Guglielmo VII di Monferrato d'accordo con i Visconti di Milano; crollata la potenza del marchese, cercò di imporre al successore Giovanni la sua egemonia, dandogli in sposa una figlia, mentre riprendeva i tentativi per installarsi in Asti. Per questa penetrazione nella Valle padana, sperò di avere grande aiuto dal cognato Arrigo VII di Lussemburgo, diventato nel 1308 re dei Romani e disceso in Italia nel 1310. Il conte di Savoia lo assistette e lo accolse durante i tre anni passati in Italia: in segno di riconoscenza, l'imperatore lo creò suo vicario generale in Lombardia, gli concesse la dignità di principe dell'Impero, gli confermò tutti i privilegi e diritti concessigli dai precedenti imperatori e gli diede l'investitura della città di Asti, che era però ancora da conquistare.
La scomparsa improvvisa di Arrigo VII nel 1313, la successiva anarchia manifestatasi in Germania per la doppia elezione imperiale, furono di grande danno per la politica di A., specie quando incominciarono a manifestarsi le velleità espansioniste della monarchia francese in Lombardia, attorno al 1319-20. A. non aveva mai abbandonato, però, i buoni rapporti con la corte di Parigi e nel 1316 si rassegnò ad accettare da Filippo V il feudo regio di Maulevrier.
A. morì il 16 ott. 1323 ad Avignone, dove si era recato a discutere con il papa Giovanni XXII forse progetti di crociate, forse altre questioni. Fu sepolto ad Altacomba.
Bibl.: S. Guichenon, Histoire de Bresse etBugey,I, Lyon 1650, pp. 55 ss.; Id., Histoire généalogique de la royale maison de Savoie,I, Torino 1778 p. 346; L. Cibrario, Storia della monarchia di Savoia,II, Torino 1841, p. 193; Id., Origine e progressi delle istituzioni della Monarchia di Savoia,Firenze 1869, pp. 83 ss.; J. L. Würstemberger, Peter der Zweire,II, Bern 1856, pp. 360 ss.; P. Fournier, Le royaume d'Arles et de Vienne,Paris 1891, passim;F. Funck-.Brentano, Philippe le Bel en Flandre,Paris 1897, pp. 450 ss.; C. A. de Gerbaix-Sonnaz, Studi storici sul contado di Savoia e marchesato in Italia,III, 1, Torino 1893, pp. 1 ss.; F. Gabotto, Asti e la politica sabauda in Italia ai tempi di Guglielmo Ventura,Pinerolo 1903, pp. 103 ss.