PINCHERLE, Amelia
PINCHERLE (Pincherle Moravia), Amelia (Bice Amalia). – Nacque a Venezia il 16 gennaio 1870, ultimogenita di Giacomo e di Emilia Capon.
Crebbe in una famiglia dell’alta borghesia ebraica di forte tradizione risorgimentale: uno zio materno era il giornalista parigino Folchetto (Giacomo Capon) e il padre era nipote di Leone Pincherle, patriota e amico di Daniele Manin.
Orfano, Giacomo fu adottato da uno zio Moravia, cognome che aggiunse al suo e che il nipote, lo scrittore Alberto, avrebbe scelto come proprio. Nelle sue Memorie (Bologna 2001), scritte tra il 1931 e il 1946, Amelia mise in luce i cardini attorno ai quali ruotò la sua infanzia e che tanto influenzarono la sua vita di donna: la fascinazione per i moti del ’49 veneziano e per il senso del dovere che permeò quella generazione, la leva di un altruismo spinto all’eccesso, la tendenza alla solitudine e l’acuta osservazione dell’ambiente circostante in chiave teatrale.
Ragazza, si trasferì a Roma nel 1886, con la madre e il fratello Carlo, presso il fratello Gabriele, segretario al ministero di Grazia e Giustizia dove aiutava Giuseppe Zanardelli per la compilazione del codice. Nel 1890 si fidanzò con Giuseppe Emanuele Rosselli (detto Joe), che sposò nel 1892. Joe, musicista, discendeva da parte di madre dalla famiglia londinese dei Nathan, anch’essa di salda tradizione risorgimentale; presso la casa londinese di una delle due coppie di Nathan-Rosselli si era stabilito, per morirvi, Giuseppe Mazzini. La coppia si spostò in Austria, dove nel 1885 nacque il primogenito Aldo; terminata l’esperienza viennese, durante la quale Amelia Pincherle ebbe modo di scrivere una novella sul tema della dicotomia tra la verginità del corpo e quella dell’anima, la famiglia tornò dapprima a Firenze nel 1896 e quindi a Roma, l’anno seguente, dove nacquero Carlo (1899) e Sabatino, detto Nello (1900). Quindi la coppia si separò, presumibilmente a causa di un tradimento di Joe.
Amelia Pincherle aveva intanto rielaborato la novella del suo periodo viennese realizzandone un dramma in tre atti, Anima (Torino 1901), con il quale vinse il Concorso drammatico dell’Esposizione nazionale e che – dopo una prima rappresentazione a Torino il 29 ottobre 1898 con la compagnia di Alfredo de Sanctis – ebbe poi vasta risonanza in Italia e all’estero. Ad Anima, che metteva in discussione l’importanza dell’integrità fisica rispetto a quella morale, seguì Illusione (Torino-Roma 1906), dramma ch’ebbe ancora per protagonista una figura femminile stretta nella sofferenza dei dettami del proprio tempo, e come controcanto figure maschili ancorate ai pregiudizi della morale comune.
Tuttavia la spinta etica a intervenire nel dibattito sulla condizione femminile non si esauriva, per Pincherle, nelle sue opere letterarie. Negli anni fiorentini fu impegnata in prima persona in molte iniziative per il diritto all’istruzione e alla vita professionale della donna: nel 1902 fu membro del comitato esecutivo di un’esposizione di lavori femminili da cui nacquero Le industrie femminili italiane, cooperativa con la finalità di promuovere il lavoro della donna, e nel 1909 divenne vicepresidente della sezione letteraria del Lyceum Club fiorentino, dove propose l’istituzione di una Biblioteca circolante per le maestre rurali, progetto che si realizzò nel 1913, quando fu nominata presidentessa. In quegli anni strinse intensi legami con donne intellettuali del suo tempo come Gina Lombroso e Laura Orvieto, e frequentò assiduamente Giovanni Papini e Benedetto Croce. Collaborò, inoltre, con Il Marzocco, scrivendo articoli di pedagogia e sui temi dell’emancipazione lavorativa e del diritto di voto per le donne.
Tra il 1908 e il 1910 scrisse due commedie in dialetto veneziano, El Rèfolo (Milano 1910, dalla novella La raffica del 1907) ed El socio del papà (Milano 1912): complice la sua situazione di madre sola e l’interesse per la pedagogia, in queste opere spostò il fuoco del dissidio non più tra mondo maschile e femminile ma nello scontro tra le vecchie generazioni, legate alla tradizione, e le nuove in lotta per affrancarsi dalle scelte di vita dei padri. Con l’ultima commedia in dialetto veneziano, San Marco (Milano 1914), volle invece sperimentare l’uso del dialetto sul tema complesso – e a lei tanto caro – dei moti del ’49 veneziano: intrecciò il dramma storico alle sue ripercussioni nell’intimo di una casa, dove ancora le nuove generazioni sono chiamate a reagire alla pigrizia e all’indifferenza di chi le ha precedute. Si mise inoltre alla prova come scrittrice e recensore di libri per bambini: a questo periodo appartengono Topinino (Torino 1905) e Topinino garzone di bottega (Firenze 1910), romanzi di avventura e formazione scritti con l’intento di educare alla giustizia e al rispetto per i lavori umili.
Integrità e senso del dovere, oltre che amore per la patria secondo l’etica mazziniana, furono i capisaldi dell’educazione impartita ai figli: allo scoppio della guerra il primogenito Aldo decise di partire volontario per il fronte, perdendo la vita nel 1916. Il lutto portò Amelia Pincherle a riflettere sull’eredità lasciata dall’interventismo nel volume Fratelli minori (Firenze 1921), meditazione in forma di romanzo sul dolore che spetta a chi subisce la storia privo degli strumenti necessari per prendervi parte. Se si esclude il dramma Emma Liona (Firenze 1924), steso a più riprese e terminato nel 1923 (e mai rappresentato), Amelia concluse qui la sua carriera di scrittrice.
Emma Liona può essere considerata la ‘summa’ della sua poetica sui rapporti di forza tra i generi: la controversa figura dell’amante dell’ammiraglio Nelson, possibile mandante del massacro dei repubblicani che pose fine all’esperienza della Repubblica napoletana, diventa nel dramma una donna devastata dalla disillusione, abituata fin da bambina a essere musa e trofeo, e per questo votata a un implacabile destino di autodistruzione.
Amelia Pincherle dedicò gran parte della sua vita alla cura della famiglia. Nel 1924 suggerì al fratello, padre di Alberto Moravia, il ricovero che avrebbe salvato la vita allo scrittore; il ragazzo, da sempre pieno di ammirazione per la zia, strinse con lei un fitto epistolario che si interruppe, per differenze ideologiche, con la pubblicazione de Gli indifferenti. Anche i rapporti dello scrittore con i cugini Rosselli si interruppero presto, per i tentativi reiterati di Carlo di trascinarlo nell’agone politico. Erano infatti anni, per i fratelli, di progressivo impegno: più orientato verso la storia Nello, più verso l’attivismo Carlo, entrambi comunque dediti a costruire quell’embrione di antifascismo di stampo risorgimentale e liberale che confluì a breve in Giustizia e libertà.
Amelia Pincherle aprì la sua casa al gruppo salveminiano del Non mollare; ospitò Ernesto Rossi, Pietro Calamandrei, Carlo Levi; sopportò l’assalto squadrista alla sua casa nel 1925, tenne testa agli interrogatori; andò a trovare i figli al confino, Carlo a Lipari per la fuga di Turati e Nello a Ustica, e si prese cura delle nuore e dei nipoti durante le fughe e gli arresti dei suoi figli. Nel 1937 fu informata solo all’arrivo a Parigi dell’agguato di Bagnoles-de-l’Orne dove furono uccisi i suoi figli e decise di non fare ritorno in Italia: a capo del resto della sua famiglia, si spostò dapprima in Svizzera, poi in Inghilterra e infine negli Stati Uniti, dove Max Ascoli interessò Eleanor Roosevelt alla sua causa. Entrò con la nuora Marion nella Women’s Division della Mazzini Society e divenne presidentessa del Committee for relief to victism of Nazi-Fascism in Italy. La raggiunsero, negli anni, numerosi fuoriusciti di Giustizia e libertà, tra i quali Gaetano Salvemini e Aldo Garosci, che Amelia Pincherle aiutò per i loro scritti sulle figure dei fratelli Rosselli.
Tornata in Italia il 30 giugno 1946, assieme alla nuora Maria e ai suoi figli, ospitò spesso la nipote Amelia, figlia di Carlo e Marion, per i suoi studi musicali.
Morì a Firenze il 26 dicembre 1954.
Opere. Novelle: Felicità perduta, Livorno 1901; Profili notturni, Livorno 1901; Gente oscura, Torino-Roma 1903; Il padre, in Regina. Rivista per le signore e le signorine, I (1904), 5, pp. 209-212; La bambola, in La lettura, V (1905), 12. Traduzioni: M. Maeterlinck, L’uccellino azzurro, Firenze 1922. Interventi, articoli e prefazioni: La prima impressione, in Ricordo nazionale, 1902, p. 23; Una buona impressione, in Nuova Antologia, 1° febbraio 1903, pp. 1 s.; Prefazione, in A. Franceschi-Jacomoni, Pedagogia vissuta; appunti per le giovani maestre, Thiene 1913, pp. 5-8; Virginia Mieli Nathan: parole commemorative, Roma 1926, pp. 1-31; To the editor of the New York Times, in N.Y. Times, 25 gennaio 1944; Letter of protest refused by the ‘New York Herald Tribune’, in L’Italia libera, 1° ottobre 1944; Letter to miss Kirchwey, in The Nation, 13 ottobre 1944; Madri, in La Settimana dei ragazzi, s.d. [ma 1945]; La casa, ibid.; Messaggio ai patrioti e ai partigiani dell’Italia settentrionale, ibid., 1° aprile 1945; Sugli animali, ibid., s.d. [ma 1945]; Lettere dall’America, ibid., 15 settembre 1946, p. 2; Strade vecchie e strade nuove, in Uguaglianza!, s.d. [ma 1945], pp. 3-6; Costruire, in Non mollare! Settimanale del partito d’Azione, s.d. [ma 1947]. Collaborazioni con Il Marzocco: Discussioni sul femminismo, 1° gennaio 1904, p. 2; A proposito di un congresso, 14 ottobre 1906, p. 2; Un critico d’autore d’accordo con se stesso, 13 dicembre 1908; L’iscrizione delle persone al servizio alla Cassa nazionale per le pensioni, 21 marzo 1909, p. 3; Un libro di canzoni popolari per bambini, 8 dicembre 1912, pp. 1 s.; Educazione e medicina, 2 marzo 1913, pp. 1 s.; L’assedio di Venezia sulla scena dialettale, 20 aprile 1913, p. 1; Propaganda elettorale femminile, 16 novembre 1913, p. 3; Libri per bambini, 18 gennaio 1914, p. 3; Libri per ragazzi, 1° febbraio 1914, pp. 3 s.; I piccoli doveri, 6 dicembre 1914, p. 4.
Fonti e Bibl.: Una lettera della madre di Carlo Rosselli, in La Nazione italiana, 29 gennaio 1950; Carlo, Nello e Amelia Rosselli. Epistolario familiare (1914-1937), Milano 1979; Lettere a Maria Bianca Viviani della Robbia (1914-1954), a cura di P. Bagnoli, in Il Viesseux, IV (1991), 10, pp. 29-75; A. Rosselli, Memorie, a cura di M. Calloni, Bologna 2001; Una famiglia nella lotta: Carlo, Nello, Amelia e Marion Rosselli, a cura di P. Bagnoli, Firenze 2007; A. Moravia, Lettere ad Amelia Rosselli, a cura di S. Casini, Milano 2010.
A. Garosci, Vita di Carlo Rosselli, Roma 1945, passim; A. Moravia - D. Maraini, Il bambino Alberto, Milano 1986, passim; A. Moravia - A. Elkann, Vita di Moravia, Milano 1990, ad ind.; A. Rosselli, La famiglia Rosselli, una tragedia italiana, Milano 1990, ad ind.; G. Fiori, Casa Rosselli, Torino 1999, ad ind.; C. Gori, Crisalidi: emancipazioniste liberali in età giolittiana, Milano 2003, ad ind.; G. Taglietti, Le donne di casa Rosselli, Cremona 2008, ad ind.; G. Amato, Una donna nella storia. Vita e letteratura di A. P. Rosselli, in Quaderni del Circolo Rosselli, XXXIII (2012), 112, pp. 24-150.