Vedi AMELIA dell'anno: 1958 - 1994
AMELIA (v. vol.I, p. 317)
Frustuli di ceramica d'impasto buccheroide rinvenuti nel centro cittadino di A. suggeriscono un insediamento protourbano attestatosi fin dal VI sec. a.C. sullo sperone roccioso in cui si sviluppò nella seconda metà del IV sec. a.C. il nucleo urbano perpetuatosi continuativamente dall'età preromana e romana fino all'età moderna. A esso faceva capo un territorio articolato in insediamenti sparsi di tipo paganico vicano, con cinte fortificate di altura in opera poligonale o con aggere e vallo, impostate sulla sommità della catena montuosa amerino-narnese, a controllo di assi viari ad andamento naturale che collegavano in senso E-O la valle del Tevere con il tracciato percorso successivamente dalla Via Amerina, e quindi l'Etruria centrale interna con l'Umbria meridionale. Centro religioso e aggregativo di questo territorio fu il luogo di culto di Grotta Bella, 8 km a Ν di Α., già sede di un insediamento protrattosi dal Neolitico fino al Bronzo Finale e di cui la stipe votiva rinvenuta attesta una frequentazione cultuale dal VI sec. a.C. fino all'inizio del I sec. a.C., che sopravvisse, anche se non più in forma organizzata, fino al IV sec. d.C.
I materiali più antichi della stipe che ne assicurano la matrice italica sono costituiti da bronzetti schematici a figura umana del «Gruppo Esquilino», da un bronzetto di Marte del «Gruppo Nocera Umbra», da bronzetti di animali (bovini, suini e ovini), da pezzi di aes rude, alcuni dei quali con Signum, e da figurine di piombo femminili e maschili, conformate queste ultime sul tipo di Marte o guerriero armato di lancia e di scudo, ornato da varî tipi di epìsema, ottenute a stampo e successivamente ritagliate lungo i margini. Uniche nella tipologia dei votivi italici noti e rinvenute anche nella favissa di un santuario suburbano di Α., tali figurine sono il prodotto di un'attività artigianale esclusiva di A. e del suo territorio nel IV sec. a.C. La tipologia dei votivi di età repubblicana (aes grave e suoi nominali inferiori, monete romano-campane, bronzetti di offerenti a testa radiata, ceramica a vernice nera, modellino fittile di edificio templare e rari votivi anatomici) è l'esito di una koinè culturale dovuta al processo di romanizzazione del territorio umbro e indice di una divinità intestataria della stipe non più di carattere agricolo-pastorale, coerente con il ceto utente del santuario, come era nell'età arcaica, ma rivestita di connotazioni terapeutiche, legata forse al culto delle acque.
Connessa con l'insediamento protourbano di Α., di cui già le fonti esaltavano l'antica origine, facendola risalire al 1134 a.C. a opera dell'ecista Amiro (Cato in Plin., Nat. hist., III, 114; Fest., p. 21 Müller) era la necropoli arcaica in località Pantanelli, poco a SO della città, scoperta nella seconda metà dell'Ottocento; utilizzata dal VI sec. a.C. fino all'età romana, è caratterizzata da tombe a camera scavate nel tufo con ricchi corredi in cui la presenza di ceramica attica a figure nere e rosse denota l'emergere di un ceto aristocratico già in età arcaica. Nell'area della necropoli era compreso anche un santuario dotato di strutture architettoniche, frequentato dal VI sec. a.C. fino all'età romana, dedicato verosimilmente a una divinità ctonia, ma con valenze anche salutari, in cui la favissa ha restituito materiali votivi analoghi tipologicamente e culturalmente a quelli di Grotta Bella, come le figurine di piombo e alcuni oggetti votivi anatomici. Un culto dedicato a una divinità [r]uvi e forse anche a un'altra, herinties, è attestato da un'iscrizione votiva (Vetter, 1953, n. 229).
Il clima di rischio politico e militare, dovuto alla progressiva avanzata romana nel vicino territorio etrusco e falisco, la preesistenza dell'asse viario transregionale della successiva Via Amerina, nonché l'emergere di gruppi socialmente e politicamente dominanti il cui potere si basava sul possesso della terra, motivarono la costruzione, nella seconda metà del IV sec. a.C., della cinta muraria in opera poligonale di terza maniera, lunga complessivamente c.a 800 m, con qualche interruzione, che cingeva la città a S, SE e SO a difesa della parte più esposta. L'esistenza di tre porte, la viabilità interna a queste relativa e il sistema di canalizzazione che sboccava sulle mura, presuppongono uno spazio organizzato urbano fin dalla seconda metà del IV sec. a.C. che non è possibile definire nella sua articolazione interna, se non nell'individuazione dell'acropoli nell'area attualmente occupata dal duomo, servita dalla via di accesso a percorso naturale, mantenuta anche nella viabilità romana e ricalcata dall'attuale Via Cavour. Nel III sec. a.C. anche A. fu coinvolta nel processo di romanizzazione dell'Umbria mediante l'apertura della Via Amerina, sancito con la municipalizzazione della città dopo la guerra sociale. Il municipio, la cui posizione topografica è precisata dalle fonti (Cic., S. Rose., VII, 19; Strab., V, 2, 10), nel corso del I sec. a.C. definì oltre l'organizzazione politica e sociale attestata da numerose iscrizioni conservate nella raccolta civica o reimpiegate in area urbana, anche un progressivo assetto urbanistico con la creazione di edifici pubblici e privati costruiti prevalentemente in opera reticolata ed eccezionalmente persistenti e incorporati nell'attuale centro storico. All'edilizia privata si riferiscono i resti di due domus incorporate nelle cantine di costruzioni moderne (Via Leone IV, Via Civitavecchia), con impianto originario della fine del I sec. a.C. e successive fasi edilizie della prima metà del II sec. d.C., ornate da pavimenti a mosaico geometrico bianco e nero. All'edilizia pubblica della prima e media età imperiale appartengono, oltre la grande cisterna in opera incerta sotto la piazza del Municipio, il complesso probabilmente termale (Via Farrattini) costituito da ambienti eccezionalmente conservati e da pavimenti a mosaico bianco e nero riutilizzati come pavimenti delle cantine del Palazzo Farrattini costruito da A. Sangallo il Giovane. Ambienti pertinenti a costruzioni romane d'incerta destinazione sono conservati al pianterreno di molti altri edifici del centro storico, così come i numerosi materiali architettonici reimpiegati nella città sono riferibili alla stessa edilizia urbana di età romana.
La distribuzione dei rinvenimenti indica che l'attuale planimetria urbana è scarsamente aderente a quella antica nella trama viaria. I condizionamenti orografici dello sperone roccioso e le infrastrutture preesistenti del centro preromano imposero, in età romana, uno schema urbanistico che prevedeva una sistemazione diversa dei varî settori. Se l'orografia particolarmente accidentata della zona dell'acropoli ha imposto, in epoca romana, di mantenere la viabilità precedente, dove quella era più dolce, alle pendici dell'acropoli, si è attuata una pianificazione urbanistica regolare, impostata sull'incrocio ortogonale di assi stradali. A S e SE, fuori le mura, si sviluppò la necropoli romana, con monumenti funerarî allineati lungo l'antica Via Amerina, ricalcata dall'attuale Via Piana, dalla quale provengono i materiali lapidei della raccolta civica, indicativi tra l'altro anche dell'aspetto artistico e culturale del municipio in età romana. Comprendono statue di togati, una statua femminile del tipo della «Pudicitia», un leone funerario, fregi dorici o con decorazione fitomorfa, are, numerose iscrizioni e urne «a cassone» con coperchio displuviato. Queste ultime, lisce o ornate da paraste e da vari tipi di figurazioni in altorilievo, sono un prodotto peculiare dell'attività artigianale-artistica di A. ancora sostanziata, alla fine dell'età repubblicana, dalla tradizione italica. In relazione al culto dinastico della famiglia imperiale giulio-claudia, attestato anche da iscrizioni di seviri augustales, sono i ritratti di Livia, Antonia Minore, Druso Maggiore e la statua bronzea loricata di Germanico. Prodotto neoattico di raffinata esecuzione della prima metà del I sec. a.C. è l'ara circolare con figurazione di danza di Pan e le ninfe davanti al simulacro di Acheloo.
Nel corso del I sec. a.C. il territorio del municipio si organizzò in forme di attività produttive agricolo-artigianali svolte dalle ville rustiche a conduzione schiavistica, il cui impianto, rispecchiando le condizioni ottimali indicate dagli agronomi latini per il loro insediamento, fu favorito dalle assegnazioni delle terre ai veterani (Lib. col., I, 224), dalla vicinanza con Roma, verso cui A. gravitava economicamente e culturalmente, dalle vie di comunicazione terrestre (la Via Amerina) e fluviali (il Tevere con i relativi impianti portuali) e dalla fertilità della zona, esaltata dalle fonti (Plin., Nat.hist., XV, 50, 55, 58, 59; XVI, 177; XXIV, 58, 67; Colum., V, 10, 19; VI, 30, 1-5; Stat., Silv., I, 6, 18; Verg., Georg., I, 265) che ricordano le mele, le pere e i salici di Α., utilizzati questi ultimi per la confezione di cesti, le corbulae amerinae (Cato, Agr., II, 5), ma soprattutto per legare le viti, sottintendendo come dominante fra le colture praticate nelle ville quella della vite. I proprietari di queste appartenevano alla ricca aristocrazia, come il prosuocero di Plinio il Giovane, Calpurnio Fabato (Plin., Ep., VIII, 20), ma anche al ceto emergente locale, come la gens Roscia, nota tra l'altro da molte iscrizioni amerine, se Cicerone ricorda tredici fondi posseduti da S. Roscio Amerino (S. Rose., VII, 20). Circa quaranta insediamenti rustici sono stati individuati nel territorio e risultano addensati lungo le vie terrestri e fluviali. Ma ne sono stati parzialmente scavati tre, che presentano una sequenza cronologica più o meno comune: impianto nella seconda metà del I sec. a.C., fase di vita fino al termine del II sec. d.C., crisi e abbandono nel III sec. d.C., rioccupazione nel IV-V sec. d.C. e successivo abbandono definitivo. Nella villa di Pennavecchia è stata scavata parte del settore residenziale con sei ambienti, di cui tre pavimentati a mosaico geometrico, e parte del settore produttivo, costituito da una piccola fornace con annessa la vasca di decantazione dell'argilla e dalla cella vinaria, con i dolî interrati e successivamente asportati. Della villa di Alviano, in località Popigliano, sono stati messi in luce l'atrio con l'impluvio, dotato di un pozzo, e pavimentato con un battuto bianco ornato di tessere nere, e due ambienti a esso prospicienti. A Lugnano in Teverina, in località Poggio Gramignano, è stato rinvenuto un vano scala pavimentato in opus spicatum che, tramite due rampe, poneva in comunicazione i due corpi della villa disposti a terrazza e immetteva, al corpo inferiore, in un lussuoso ambiente mosaicato e colonnato, forse un oecus corinthius.
Connesse al sistema delle ville e favorite dalla ricchezza di argilla della zona erano le officine laterizie locali, come quella dei Rosei (CIL, XI, 8113, 17A; 6689, 203).
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