America
Secondo i criteri di regionalizzazione ormai adottati da tutti gli enti internazionali, l’A. viene distinta in due grandi aree relativamente omogenee per caratteri storici, culturali ed economici.
Da un lato si individua dunque l’A. Settentrionale (Northern America), che comprende Canada e Stati Uniti, e inoltre Groenlandia, Saint-Pierre et Miquelon e Bermuda (rispettivamente, sotto sovranità danese, francese e britannica). Dall’altro lato, quella che viene definita internazionalmente Latin America and the Caribbean, che comprende tutto il resto dell’A.; benché la preminenza di lingue neolatine vi sia nettissima, la definizione di America Latina, a rigore, semplifica oltre misura il quadro. In questa trattazione saranno tuttavia utilizzate le dizioni A. Settentrionale e A. Latina come corrispettive delle denominazioni internazionali.
Sotto il profilo territoriale, è senza dubbio la regione più stabile al mondo. Dopo che il Canada ha concesso (1999) a 35.000 inuit l’autogoverno su oltre 2 milioni di km2, lo stesso traguardo hanno ottenuto (2009) anche i 56.000 ab. della Groenlandia. Qualche tensione si è prodotta per le mire e le rivendicazioni di Stati Uniti, Canada, Russia sui fondali marini artici; anche la navigazione nei bracci di mare dell’arcipelago canadese ha suscitato discussioni tra gli Stati Uniti, che ritengono si tratti di mare libero, e il Canada, che considera siano acque interne. In effetti, la riduzione del pack artico sembra rendere possibili sia lo sfruttamento dei fondali artici sia la rotta di nord-ovest. Nell’intera A. Settentrionale non sussistono problemi territoriali interni; sono piuttosto i problemi sociali che talora (negli Stati Uniti) si manifestano anche sul piano territoriale (periferie urbane, squilibri regionali).
La crisi finanziaria iniziata nel 2007 negli Stati Uniti ha interessato marginalmente il Canada ed è in via di superamento anche negli Stati Uniti stessi, sia pure a costo di un aumento del debito pubblico e di misure di emergenza, grazie a una ripresa della produzione. La forza dell’economia reale dell’area non è in discussione: gli Stati Uniti sono ancora il Paese che produce la più ampia quota di ricchezza mondiale (benché quasi eguagliati dalla Cina) e anche le condizioni sociali appaiono tra le più avanzate. Questo insieme attrae una forte e continua immigrazione.
Il rallentamento della crescita demografica (benché difforme da Paese a Paese), la relativa stabilità politica, l’intensificarsi della cooperazione regionale, la crescente autonomia decisionale stanno portando in A. Latina un evidente miglioramento delle condizioni socioeconomiche e organizzative. La regione continua a risentire dei contraccolpi della crisi finanziaria mondiale, specialmente in Brasile, e soprattutto espri me ancora ampi squilibri sia tra Paesi (alcuni Stati istmici e insulari presentano indicatori preoccupanti), sia all’interno dei singoli Paesi. Brasile e Messico, pur seguendo modelli di sviluppo assai differenti, sono ormai tra le prime dieci potenze economiche mondiali; entrambi molto popolosi, presentano tuttavia livelli medi di reddito per abitante piuttosto contenuti (molto meglio si collocano Argentina, Cile e Uruguay) e seri problemi sul piano sociale. Del resto, con la sola eccezione di Cuba, tutti i Paesi dell’area presentano una distribuzione molto squilibrata della ricchezza prodotta, collocandosi tutti al di sotto della media mondiale (indice di Gini pari a 39) e spesso molto al di sotto (ben oltre 50). L’emigrazione, sempre vivace, in direzione dell’A. Settentrionale, è un’evidente riprova delle insoddisfacenti condizioni generali. Sotto il profilo strettamente territoriale, si può segnalare un relativo miglioramento delle condizioni di coesione interna in Messico e soprattutto in Colombia, rispetto agli ultimi decenni, e l’assenza di seri contenziosi internazionali, mentre proseguono grandi opere di infrastrutturazione (Brasile) e di ammodernamento.