AMERICANISMO (II, p. 956)
Più che l'ammirazione l'imitazione di usi e costumi americani e in particolare degli Stati Uniti, autentici o supposti tali, già in aumento prima della seconda Guerra mondiale, si è ancor più diffusa e accresciuta durante questa e dopo. A ciò hanno contribuito varie cause: la prolungata permanenza di truppe e uffici statunitensi in molti paesi dell'Europa; la diffusione della letturatura narrativa, le cui opere hanno interessato, attraverso numerose traduzioni, larghissime sfere di lettori; la propaganda, fatta largamente mediante pubblicazioni (tra cui le riviste illustrate, settimanali o memili, d'informazioni varie o di riassunti da altre riviste) e radiotrasmissioni in molte lingue, che illustrano i più diversi e caratteristici aspetti della vita negli Stati Uniti; e, più di tutto, forse, il cinematografo e il largo consumo di prodotti americani d'ogni genere, usati o venduti come residuati di guerra o distribuiti dall'esercito nordamericano o dalle varie organizzazioni di soccorso. Naturalmente, non tutte queste merci sono state apprezzate allo stesso modo: taluni prodotti, specialmente alimentari, non hanno incontrato - passato il periodo dell'estrema necessità - il gusto del consumatore europeo; altri si sono affermati e sono stati largamente imitati. È più difficile invece determinare se, e in quale misura, abitudini e prodotti dei varî paesi d' Europa si siano imposti in maniera stabile agli Americani che avevano cominciato ad apprezzarli.
Di questo influsso americano appaiono evidenti tracce nel linguaggio. Molti americanismi, proprî della lingua parlata, e sempre più anche scritta, negli Stati Uniti, sono penetrati nell'inglese anche letterario. Generalmente, gli americanismi erano accolti in Inghilterra con difficoltà, e per lo più come termini volgari, che solo gradatamente e in parte venivano accettati dai parlanti e scriventi di più elevata cultura, mentre per i cosiddetti britannismi (briticisms) negli Stati Uniti, e in parte anche nel Canada, accadeva normalmente il contrario. Ma il linguaggio militare e burocratico ha generalizzato molti termini: così okay, di dubbia etimologia, scritto anche spesso semplicemente O.K.; le locuzioni del tipo zero hour (ora zero), V.-E.-day, V.-J.-day (giorno della vittoria in Europa o, rispettivamente, in Giappone), D-day (l'iniziale, come nel primo esempio lo zero, stanno per un giorno o un'ora tuttora indeterminati) e simili; underground, già usato prima della guerra di secessione per indicare la metaforica "ferrovia sotterranea" che conduceva i Negri dagli Stati schiavisti a quelli in cui acquistavano la libertà, e servito in anni recenti per indicare i movimenti clandestini di "resistenza", anche nella frase to go under ground "andar sotterra" (nascondersi).
Varie di tali locuzioni sono entrate anche in lingue europee diverse dall'inglese: p. es. "conversione" e "riconversione", nel senso di trasformazione dell'industria, e in genere delle attività economico-sociali, da scopi di pace a fini bellici, e viceversa; pin-up girl, cioè la ,"ragazza", ossia la fotografia, per lo più di un'attrice cinematografica o di una modella in voga, che viene "appuntata" con uno spillo alla parete; e così via.
Americanismi esistono inoltre nello spagnolo parlato e anche scritto in America, che presenta numerose particolarità fonetiche, grammaticali e lessicali rispetto a quello della madrepatria. Ad alcune di esse, quali il seseo, il yeísmo (pronunzia yod della ll, che arriva specie in Argentina, ma anche nel Chile, fino alla pronuncia ž, o addirittura come ge, gi, ecc. italiani: žo per yo, požo per pollo, cage cugio per calle cuyo) e il voseo, anch'esso argentino (e scomparso, invece, nel Chile) si è accennato (v. spagna: Lingua e dialetti, XXXII, p. 255 seg.). Altre sono: le oscillazioni nell'accentuazione (méndigo; Herodóto, austriàco) o il dare intensità di principale all'accento secondario delle enclitiche (vamonós, digaló, digaseló: in Argentina, ma in grado minore anche in Chile, e Perù meridionale); l'uso di hubieron con un sostantivo plurale invece dell'impersonale hubo; e di cuyo come semplice pronome anziché aggettivo relativo ("del quale", lat. cuius, a, um). Nel lessico, accanto ai termini derivati dalle lingue indigene (che a loro volta hanno assorbito numerose parole spagnole), o al mutamento di significato assunto da quelli che designavano oggetti per qualche aspetto somiglianti a quelli trovati nel nuovo continente (p. es. piña "ananas"; plátano "banano" e quindi "banana") se ne sono creati di nuovi (p. es. cocinar per cocer; cacería per caza, che il seseo faceva confondere rispettivamente con coser e casa), derivandoli spesso da lingue straniere. Tra queste, l'influsso preponderante è stato esercitato a lungo dal francese (p. es. edecán = aide-de-camp), mentre l'italiano ha dato origine più che altro a confusioni e scambî fonetici e grammaticali, fino a creare quella specie di "lingua creola" o, meglio, di castigliano mal parlato che è il cosiddetto cocoliche dell'Argentina. Ma ora prevale nettamente l'influsso dell'inglese nordamericano, specie nel linguaggio della tecnica, dello sport, del commercio e anche delle relazioni sociali. Così al chófer, il quale pulisce il carro - quando non si tratti di un modesto forcito (piccola vettura Ford) - con il guaipe (ingl. wipe) o huaipe (per un fenomeno abbastanza comune nel parlare del volgo, cfr. güesos = huesos, güevos = huevos), si contrappone il brequero "frenatore" (brake); e sono comuni flirteo, futbol, beisbol, chopear (to go shopping), endosar "girare, avallare": to endorse); e alcuni derivati da gerghi o linguaggi speciali: p. es. lobo "seduttore" (wolf).
A questi, che si potrebbero chiamare "interamericanismi", ne fanno riscontro altri, cioè le numerose parole che dallo spagnolo d'America sono entrate nell'inglese degli Stati Uniti, talvolta con qualche modificazione nella grafia. Oltre i toponimi, frequentissimi in stati quali il Nuovo Messico, l'Arizona, il Texas e la California (Rio Colorado, San Diego, San Antonio, canyon, cioè cañón), e quelli di origine indigena (coyote; chili, specie di peperoncino - nel Perù ají - con cui si fa anche una salsa piccante; tamal, specie di polenta mescolata con carne di maiale o altra, arrotolata e avvolta in foglie di granturco o di banano, ed arrostita), molti termini sono passati, dal linguaggio locale o di gruppi speciali, alla lingua letteraria e divenuti d'uso comune: adobe (mattoni semplicemente essiccati all'aria), fiesta, corral (il chiuso dove si tiene il bestiame; usato anche come verbo, in senso traslato affine a quello di to corner, "accantonare" o mettere da parte grandi quantità di merce, a scopo di speculazione commerciale), insurrecto, incommunicado (sic), desperado (per desesperado: il "disperato" temerario e pronto a tutto), plaza, divenuto nome di alberghi, generalmente di lusso, e come tale tornato in Europa.
La diffusione di parole provenienti dallo spagnolo d'America ha coinciso, negli ultimi anni, con la popolarità di cui sotto lo stimolo di potenti fattori economico-politici hanno goduto negli Stati Uniti persone e cose dell'America latina: in particolare oggetti decorativi, musica e danze. Queste, a loro volta sia direttamente, sia per il tramite degli stati Uniti, si sono pure diffuse in Europa, dove, al tango argentino, si sono aggiunti balli e musiche popolari del Brasile (rumba, conga, ecc.) e di Cuba, ma di lontana origine africana.
Bibl.: Per il linguaggio: A. Malaret, Diccionario de americanismos, 2ª ed., S. Juan de Portorico 1931; A. Alonso, El problema de la lengua en America, Madrid 1935; W. J. Entwistle, The Spanish Language, Cambridge e New York 1938, cap. 7; H. L. Mencken, The American Language, 4ª edizione, New York 1943 e Supplement One, ivi 1945.