RADDI, Amerigo
RADDI, Amerigo. – Nacque a Firenze il 1° novembre 1852 da Pietro e da Adelaide Berti. Visse dal 1875 al 1893 a La Spezia, che considerò una seconda patria.
Nella città ligure, dove la ditta di famiglia curò la realizzazione di una serie di opere ferroviarie, iniziò gli studi e la pratica sulle infrastrutture urbane. La moglie, Eugenia Marchiani, prima di morire di malattia nel 1905, gli dette sei figli; la guerra si portò via due maschi, caduti al fronte, e altri figli morirono in giovanissima età. Politicamente Raddi può essere definito un liberale aperto alle molte novità del tempo in cui visse e sensibile alle problematiche attinenti ai ceti più poveri, restando però distante dal credo socialista e senza mai aderire al fascismo. Sostanzialmente fece parte di quell’esercito riformatore di tecnici, particolarmente attivo in quest’epoca e che finì per assumere le colorazioni politiche più varie. Fece parte della Società fiorentina d’igiene, emanazione locale della Società italiana d’igiene creata nel 1879.
Uomo estremamente poliedrico e colto, Raddi fu un ingegnere libero professionista, per tutta la vita al servizio di privati e soprattutto di municipi, attivo principalmente nel settore delle infrastrutture urbane e dei servizi pubblici. Figure come Raddi seppero conquistarsi progressivamente, negli anni a cavallo tra XIX e XX secolo, spazi sempre più rilevanti in ambito tecnico-progettuale, ridisegnando completamente le politiche d’intervento dei comuni e rendendoli al contempo laboratori di elaborazione disciplinare.
Scrittore prolifico, Raddi ha lasciato una notevole quantità di opuscoli e articoli sulle principali testate tecniche dell’epoca, veicolo fondamentale per la circolazione del sapere nel campo dei servizi pubblici. Ne fondò egli stesso una, La rivista tecnica dei pubblici servizi, che spaziava dall’approvvigionamento idrico allo smaltimento dei rifiuti, dalle questioni energetiche ai trasporti e alle costruzioni edilizie fino alle molte materie di pertinenza municipale come, per esempio, i mercati, i macelli e i cimiteri.
Pioniere dell’ingegneria sanitaria e al contempo ingegnere sociale, nel senso di un fattivo interessamento alle condizioni di vita dei più poveri e di un impegno a favore del ruolo propulsivo del Municipio, Raddi appare come un personaggio esemplare nell’universo di quanti si distinsero nell’opera di trasformazione del modo di concepire i servizi pubblici dagli anni Ottanta dell’Ottocento alla Grande Guerra. Tecnici come Raddi brillarono per il pragmatismo, costituendo in ultima analisi una ben definita ‘ingegneria municipale’ italiana. Attenti alle soluzioni messe a disposizione dagli sviluppi della tecnologia, seguirono un approccio scientista e illuminista piuttosto che ideologico.
Gli anni Ottanta del XIX secolo furono attraversati, nei Paesi maggiormente sviluppati così come in Italia, da un dibattito fondamentale sulla modernizzazione dei servizi urbani, cui veniva riconosciuto un ruolo del tutto nuovo all’interno del processo di modernizzazione economica. Le infrastrutture rappresentavano il veicolo principale del cambiamento di città rimaste immobili per secoli, modellandole sulle esigenze della società di massa. Convinti che il processo di cambiamento dipendesse dalle infrastrutture cittadine, tecnici preparati e illuminati spingevano verso il contemperamento del rapporto fra gli interessi della collettività amministrata e le regole del funzionamento capitalistico della città. In epoca giolittiana, poi, sarebbe avvenuto il superamento definitivo della frammentazione delle politiche di settore per giungere all’unità dell’intervento.
La città a rete, che Raddi intuiva nitidamente e propugnava con passione, divenne il modello olistico da seguire. Le agglomerazioni urbane che venivano formandosi in questo periodo trovavano nelle reti il necessario tessuto connettivo. Il contesto culturale in cui Raddi crebbe professionalmente fu caratterizzato dal determinismo positivista che proponeva un parallelismo fra condizioni materiali e morali e tra ordine sanitario e assetto sociale. Significativo interprete di quella che venne chiamata utopia igienista, il tecnico fiorentino assegnava alle infrastrutture igienico-sanitarie un ruolo del tutto particolare, ritenendole lo strumento ideale in grado di assolvere il compito della pianificazione urbana e quindi del processo di formazione della struttura fisica della città. Lo stato delle infrastrutture igienico-sanitarie costituiva per Raddi l’indicatore atto a verificare il livello di civiltà di una città. Per la prima volta anche in Italia – dove una nuova legge sull’igiene pubblica venne emanata in seguito all’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1884 – si comprese quanto la diffusione delle malattie fosse collegata all’arretratezza delle infrastrutture igienico-sanitarie.
Negli agglomerati urbani, germi infettivi e materiali di rifiuto erano fattori di inquinamento del suolo e dell’aria; la mancanza di aria e luce era altrettanto nociva all’organismo umano. La scoperta dei batteri da parte di medici e biologi, tenuta in conto dai nuovi ingegneri, prospettava un intervento parallelo, sia sull’organismo sociale sia su quello umano. I risultati messi a disposizione dalle numerose inchieste, organizzate in quest’epoca, costituirono la base sulla quale lavorare.
Gran parte dell’attività teorica e professionale di Raddi si concentrò sulle principali questioni igieniche urbane. Fu in prima linea nella battaglia per mettere a disposizione di tutti acqua di buona qualità: compito primario del Comune, nelle sue intenzioni, era garantire un’adeguata fornitura idrica a rete, in nome della lotta alle malattie gastroenteriche. Non era concepibile alcun lucro di natura privata su un bene cruciale come l’acqua, quindi occorreva che il servizio rimanesse nelle mani dei municipi. L’altro versante su cui s’impegnò fu quello costituito dalle fogne e dalla raccolta e smaltimento dei rifiuti. Anche in questo caso non si limitò, come fu suo costume, a spingere sul pedale dell’informazione, ma contribuì concretamente alla trasformazione effettiva di questi servizi, sperimentando e proponendo apparati e meccanismi innovativi. Raddi fu uno dei primi e più convinti sostenitori del tout à l’égout in Italia.
Il vantaggio di un tale sistema fognario consisteva nella possibilità di far evacuare rapidamente le acque luride pluviali insieme con le materie fecali; al contempo una tale modalità aveva il pregio di risanare il sottosuolo, togliendo alla città ogni pericolo di infezione. L’alternativa dei pozzi neri funzionava assai peggio sotto il profilo della salute, in quanto lasciavano filtrare pericolosamente nel terreno liquami portatori di malattie infettive, che spesso venivano a contatto con l’acqua.
In tale settore, Raddi rappresentava la punta più avanzata della riflessione scientifica, mutuata in gran parte dalle esperienze sviluppate in Paesi cui gli ingegneri igienisti guardavano con più attenzione, in particolare la Francia. Sul fronte dello smaltimento dei rifiuti, fu tra i primi a sostenere la necessità di bruciare la spazzatura in luoghi acconci, prefigurando ante litteram il ruolo dell’inceneritore.
Nella sua veste di tecnico, Raddi contribuì al rafforzamento di posizioni favorevoli alla municipalizzazione in una chiave di spinte per nulla politiche. Nemico giurato di ogni speculazione nel campo dei servizi pubblici, fu sempre poco tenero con le molte compagnie private che si muovevano all’interno del mercato delle infrastrutture con pochi scrupoli e ancora meno attenzione nei riguardi dei bisogni della popolazione. Concettualmente contrario all’idea di monopolio, aderì al progetto di assunzione diretta di tutti i servizi pubblici da parte del Municipio, unico modo per garantire il rispetto degli interessi collettivi e il soddisfacimento dei bisogni della popolazione. La municipalizzazione per Raddi, insieme con tutte le altre forme di imprenditorialità municipale che cominciarono a prendere forma in questi anni, rappresentava per le amministrazioni comunali italiane un’occasione economica imperdibile.
Morì a Firenze il 3 febbraio 1929.
Opere. Della ingente mole di scritti di Raddi, si veda almeno: All’operaio italiano. Raccolta di scritti varii sulla previdenza sul lavoro sulle condizioni economiche del lavoratore e sull’igiene relativa, Firenze 1890; La larghezza delle vie in rapporto all’altezza dei fabbricati, Torino 1891; L’illuminazione pubblica di Firenze; il becco Auer e la carburazione del gas-luce con l’acetilene: studi comparativi e proposte, Firenze 1895; Alcune questioni d’igiene edilizia e di polizia sanitaria. Memorie e comunicazioni lette alla società fiorentina d’igiene durante le sessioni ordinarie del 1894-95, Firenze 1896; Le nuove proposte per addurre in Firenze nuove acque potabili, Milano 1896; I monopolj dei servizi pubblici. Nota, Palermo 1897; Sul mantenimento delle strade specialmente dal fango e dalla polvere, Prato 1900; ll problema dell’acqua potabile per Firenze in base ai provvedimenti adottati dal Comune, Milano 1908; L’utilizzazione delle nostre forze idrauliche, Milano 1919; Sulla manutenzione delle strade, Milano 1921; La via pubblica in rapporto all’innovazione e velocità degli autoveicoli, Milano 1925; Il problema edilizio per Firenze, Pescia 1926; La produzione di energia elettrica nel mondo, Pescia 1927.
Fonti e Bibl.: C. Giovannini, Risanare la città. L’utopia igienista di fine Ottocento, Milano 1996; A. Giuntini, Tutto alla fogna. Igiene ed infrastrutture urbane a Firenze fra Ottocento e Novecento, in Ricerche storiche, 1998, n. 3, pp. 507-545; Id., Gli ingegneri sanitari e l’utopia igienista, in Gli ingegneri in Italia tra ’800 e ’900, a cura di A. Giuntini - M. Minesso, Milano 1999, pp. 117-128; Id., Infrastrutture urbane e ingegneria sociale. Prime note per una biografia di A. R. (1853-1929), in Ricerche storiche, 2003, n. 2-3, pp. 407-429; Professioni e potere a Firenze tra Otto e Novecento, a cura di F. Tacchi, Milano 2012.