amianto
Minerale del gruppo dei silicati, varietà di serpentino o di anfibolo, costituito da fibre sottilissime, più o meno flessibili e quindi più o meno adatte alla tessitura. L’a. ha trovato numerosi impieghi: preparazione di tessuti resistenti al fuoco e al calore, isolamento elettrico e termico, edilizia, filtrazione di liquidi corrosivi e di gas caldi, industria automobilistica. Le polveri d’a., se respirate, possono causare numerose e gravi malattie. Una fibra di amianto è 1.300 volte più sottile di un capello umano e non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell’aria non sia pericolosa. L’esposizione all’a. prolungata nel tempo, o ad elevate quantità, aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarre malattie e, proprio a causa della sua comprovata elevata tossicità, in Italia, a partire dal 1992, la produzione e l’utilizzazione dell’a. sono vietate. Frammenti di a. si possono trovare nell’aria, all’esterno di edifici, provenienti dalle particelle eliminate dai freni o dalle frizioni delle auto e degli autocarri, mentre all’interno degli edifici essi provengono dall’invecchiamento e dal deterioramento di manufatti in cemento-amianto. Oltre ai processi di estrazione e di lavorazione dell’a., anche le operazioni di bonifica dei materiali contenenti a., se non adeguatamente eseguite, possono comportare gravi rischi per gli addetti ai lavori.
L’amianto è, o per meglio dire è stato, largamente impiegato nell’industria. Attualmente il suo utilizzo è vietato in molti paesi dell’Unione Europea, ma il crisolito è ancora estratto e utilizzato in paesi come Canada, Russia, India, Cina e Giappone. Esistono vari tipi di amianto, tutti cancerogeni, anche se con potenzialità e aggressività diverse nel causare neoplasie pleuriche. Gli amianti più usati sono il crisotilo, la crocidolite (amianto azzurro), e l’amosite. Una miscela di crisotilo e anfiboli veniva impiegata principalmente nella fabbricazione del cemento amianto (per es. l’Eternit). In Val di Lanzo si trova la più vasta miniera di crisotilo d’Europa, attualmente dismessa e in corso di bonifica. L’Italia, fino alla fine degli anni Ottanta del 20° sec., è stata il secondo produttore di amianto in Europa dopo l’Unione Sovietica. Sin dai primi del Novecento si osservò che l’esposizione all’amianto era causa di malattie polmonari, in partic. l’asbestosi. La prova della relazione tra esposizione all’amianto e mesotelioma pleurico o peritoneale fu provata tra il 1955 e il 1960 da una ricerca che analizzava la mortalità dei lavoratori impiegati in una importante fabbrica di produzione di materiali in amianto. Alcuni anni dopo, un’incidenza assai elevata di mesoteliomi maligni tra i minatori d’amianto nella Repubblica Sudafricana, confermò questa ipotesi eziopatologica.
Le patologie si manifestano spesso molti anni dopo l’esposizione; infatti, l’asbestosi ha un periodo di latenza di 10÷15 anni, mentre il mesotelioma si manifesta anche dopo 20÷40 anni dall’ultima esposizione. L’incidenza del mesotelioma, in assenza di esposizioni ad amianto, è dell’ordine di un caso su un milione di persone per anno; invece tra i lavoratori che hanno sviluppato l’asbestosi, la percentuale di coloro che sviluppano il mesotelioma può raggiungere il 10%. In Italia, la sorveglianza epidemiologica dei mesoteliomi, la ricerca attiva, la registrazione dei casi incidenti e l’analisi delle modalità di esposizione ad amianto, sono svolte dal Registro Nazionale dei casi di Mesotelioma (RENAM). Attualmente il RENAM è diffuso su gran parte del territorio nazionale e Centri Operativi Regionali (COR) sono stati istituiti in quasi tutte le regioni. Attualmente si registrano circa 3.000 decessi per patologie collegate all’asbesto (1.000 per mesotelioma, 1.500 per carcinoma bronchiogeno – il tumore polmonare più frequente –, altre 500 per tumori extra polmonari). Il tasso standardizzato d’incidenza è pari a 2,21 per 100.000 abitanti (3,24 negli uomini 1,22 nelle donne) per tutte le sedi, e a 2,03 per il mesotelioma della pleura (3,00 nei maschi 1,07 nelle femmine). La sopravvivenza media è di 275 giorni. La quota di sopravviventi a uno e tre anni risulta del 35,3% e 7,1%. Si prevede che, in base al tempo di latenza dalle esposizioni, il picco massimo di mortalità sarà nel 2015. Mentre l’asbestosi colpisce persone esposte con continuità a grandi quantità di fibre, il mesotelioma colpisce anche persone non coinvolte in attività lavorative, ma venute indirettamente a contatto con la polvere di amianto, per es. lavando le tute dei lavoratori coperte di amianto. In Italia, a Casale Monferrato, si è verificato uno dei casi più gravi di esposizione lavorativa ed ambientale: il numero di decessi tra i lavoratori della fabbrica Eternit, i loro familiari e la popolazione è elevatissimo, con casi da 30 a 50 volte più frequenti rispetto alla media nazionale nei vari gruppi esposti, professionali e ambientali. Questo è avvenuto perché la polvere della lavorazione contenente vari tipi da amianto (crisotilo e anfiboli) veniva regalata ai dipendenti e da loro utilizzata per coibentazione, ricoprimento di strade e cortili, e quindi largamente dispersa nell’ambiente.
A La Spezia si segnalano negli ultimi dieci anni 600 decessi legati all’esposizione all’asbesto di lavoratori dell’Arsenale militare. A Monfalcone tra i lavoratori degli stabilimenti Fincantieri c’è stata un’elevata mortalità: si parla di circa 900 decessi legati alla lavorazione e all’esposizione all’amianto. Una incidenza più elevata di quanto atteso ha permesso di evidenziare pregresse esposizioni all’amianto: il rischio di contrarre la malattia è più elevato quanto più intensa e prolungata è stata l’esposizione ma è anche rilevante il periodo trascorso dalla prima esposizione, poiché le fibre possono conservarsi per decine di anni. Attualmente non è possibile predire per le basse esposizioni una soglia sotto la quale il rischio sia nullo. Non basta una fibra per uccidere: a una fibra siamo tutti esposti; si stima infatti che nell’ambiente urbano sia presente una fibra per litro d’aria. L’attuale limite di legge per considerare bonificato un ambiente chiuso è di 2 fibre per litro d’aria (d.m. 6 sett. 1994).
L’amianto è un cancerogeno chimico. Le fibre naturali di amianto tendono a sfaldarsi in fibre più piccole, leggere e sottili che, se movimentate, restano sospese nell’aria per tempi lunghissimi. Il rischio esiste quando le fibre raggiungono i polmoni con la respirazione. Da malattia del lavoro (esposizione occupazionale), dopo il divieto di estrazione, commercio e uso (in Italia, dal dopoguerra al 1992, quando l’uso è stato vietato per legge, sono state lavorate 3.700.000 t di amianto) l’amianto è divenuto un problema ambientale, il CNR ha calcolato che esistono ancora 2,5 miliardi di m2 di Eternit, pari a 32 t di cemento e amianto. È opportuno distinguere, infine, tra ambiente naturale e ambiente antropico, nel quale l’amianto è stato preso ed utilizzato in ambienti domestici, spesso da persone ignare, come è successo a Casale Monferrato, in Corsica, in Nuova Caledonia ecc. I danni sono stati scoperti molti anni dopo l’esposizione, quando i casi di mesotelioma riscontrati eccedevano significativamente quelli attesi. Non si hanno invece evidenze di danni alla salute causati da amianto naturale, in assenza di movimentazioni delle rocce e dei terreni.