AMMINISTRAZIONE CONTROLLATA.
- Istituto introdotto per la prima volta nell'ordinamento giuridico italiano dal r. decr. 16 marzo 1942, n. 267, sulla disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa. Ha precedenti notevoli in legislazioni straniere e soddisfa una esigenza vivamente sentita soprattutto in periodi di improvvise e vaste fluttuazioni economico-finanziarie. Nei casi in cui nella vita dell'impresa, a causa di eventi di carattere generale, si determina uno stato di crisi temporanea che non consente l'immediato soddisfacimento delle obbligazioni - senza che tuttavia si verifichi una situazione di vera e propria insolvenza o l'impresa sia incapace di riacquistare il suo normale equilibrio - il concordato preventivo rappresenta un rimedio inadeguato, sia perché esso, agendo dall'esterno, non vale a stimolare le intrinseche energie dell'impresa, sia perché i creditori di questa possono non vedere favorevolmente una falcidia dei loro crediti. Un efficace rimedio è offerto, in questi casi, dall'amministrazione controllata.
L'imprenditore che versi in temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni e si trovi nelle condizioni personali richieste per l'ammissione al concordato preventivo (art. 160, comma 1, nn. 1-3 legge fall.) può chiedere al tribunale il controllo della gestione della sua impresa e dell'amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei creditori (art. 187 legge cit.). La procedura di amministrazione controllata si apre con decreto, non soggetto a reclamo, del tribunale (art. 188). La proposta del debitore è approvata, con le forme stabilite per il concordato, quando ha il voto favorevole della maggioranza dei creditori che rappresenti la maggioranza dei crediti, esclusi i creditori aventi diritto di prelazione (art. 189). La titolarità dell'amministrazione dell'impresa rimane al debitore, il quale viene controllato da un commissario giudiziale, nominato dal tribunale, che ne determina i poteri, ed assistito da un comitato di creditori, nominato dal giudice delegato dal tribunale alla procedura (art. 189 e 190). La legge non stabilisce i criterî di amministrazione, limitandosi a fissare la sua durata nel limite massimo di un anno (art. 187) e a disporre che il commissario giudiziale riferisca ogni due mesi al giudice delegato sull'andamento dell'impresa e che l'amministrazione possa essere in qualunque momento revocata ove risulti che essa non può essere utilmente continuata; nel qual caso - come pure nel caso in cui al termine dell'amministrazione risulti che l'impresa non è in condizioni di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni - il giudice delegato promuove la dichiarazione di fallimento; ma è fatta salva al debitore la facoltà di proporre ai creditori il concordato preventivo alle condizioni stabilite dalla legge (art. 192, 193). D'altra parte, il debitore, dimostrando di essere in grado di soddisfare le proprie obbligazioni, può chiedere al tribunale, anche prima del termine stabilito, la cessazione dell'amministrazione controllata (art. 193).