AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
(II, p. 993; App. I, p. 112; II, I, p. 162; IV, I, p. 116)
L'a. p. italiana è caratterizzata, nell'ultimo decennio, da un'intensa evoluzione, che riguarda molteplici aspetti. Un profilo essenziale riguarda il complesso di fini che l'a.p. sta perseguendo in questi ultimi anni, in conseguenza di un profondo processo di trasformazione: lo stato contemporaneo è diventato una vasta organizzazione di produzione e di distribuzione di utilità, non esterna ai cittadini, ma spesso composta proprio dalla combinazione e dalla concorrenza di molteplici interessi, anche di gruppo e collettivi. Le posizioni giuridiche nei confronti dello stato sono, in larga parte, pretese di partecipazione ai vantaggi o − in modo speculare − di esclusione dagli svantaggi, e si caratterizzano come situazioni collegate, o addirittura implicate, nel funzionamento delle organizzazioni preposte alla gestione e alla distribuzione delle varie utilità.
Pertanto anche le modalità di azione dell'a. p. stanno subendo una metamorfosi, in quanto tende ora a prevalere la cosiddetta amministrazione per servizi. Questo comporta, tra l'altro, che le strutture amministrative pubbliche, un tempo fondate prevalentemente su rapporti gerarchici o di dipendenza, tendono a disporsi secondo rapporti di ''interdipendenza'' e di cooperazione. Affiorano e s'intensificano pertanto nuovi istituti giuridici e nuove forme attraverso cui l'azione amministrativa si svolge: basti fare richiamo a una figura che sta assumendo contorni sempre più netti, quale quella degli accordi di programma.
La linea evolutiva dell'a. p. è segnata negli anni Ottanta da importanti leggi che compongono un rilevante quadro normativo concernente istituti fondamentali della materia amministrativa.
La legge 29 marzo 1983 n. 93, "Legge quadro sul pubblico impiego", definisce l'area del pubblico impiego sottoposta alla sua specifica disciplina contrattuale, regolando le procedure di contrattazione. Questo provvedimento si riferisce (art. 1) alle amministrazioni dello stato, anche a ordinamento autonomo, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, alle comunità montane, ai loro consorzi e associazioni, alle amministrazioni degli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali e all'amministrazione del Servizio sanitario nazionale.
Altre norme hanno come obiettivo la migliore distribuzione e utilizzazione del personale dell'a. p. e la razionalizzazione delle funzioni da essa esercitata anche a fini finanziari.
Con una serie di leggi (n. 130 del 26 apr. 1983, n. 730 del 27 dic. 1983, n. 887 del 22 dic. 1984, n. 41 del 28 febbr. 1986) si è proceduto a fare divieto di assunzione di personale nello stato e negli enti pubblici nazionali e locali e nelle Unità sanitarie locali, salvo autorizzazione ad hoc, in deroga, del Consiglio dei ministri. Poi, la legge n. 910 del 22 dicembre 1986 (che, peraltro, esclude dal divieto l'Istituto poligrafico dello Stato, la Consob, il Cnr, gli enti pubblici economici e creditizi) ha previsto che, per tutto il comparto, le assunzioni si facessero sulla base di un piano nazionale, adottato dal presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i ministri del Tesoro e della Funzione pubblica, sentito il Consiglio dei ministri. Infine, la legge n. 67 dell'11 marzo 1988 ha disposto, per il 1988 e gli anni successivi, un nuovo sistema che prevede in prima istanza l'accertamento dei carichi funzionali di lavoro, poi l'utilizzazione dell'istituto della mobilità (il trasferimento, cioè, laddove necessiti di personale già assunto ma sottoutilizzato) e, infine, l'effettuazione di assunzioni vere e proprie.
La legge n. 362 del 23 ag. 1988 ha nuovamente definito, ai fini delle relazioni sui conti di cassa da presentare al Parlamento, il settore pubblico, ampliandolo, in quanto "costituito dal settore statale, dagli enti di cui all'art. 25 e dalle regioni".
La legge 29 ott. 1984 n. 720, "Istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici", obbliga gli enti alla costituzione di contabilità speciali, presso le tesorerie provinciali dello stato, alle quali debbono essere versate tutte le entrate. Scopo della legge, come dice il titolo, è di unificare la tesoreria dello stato e degli enti e organismi pubblici.
Se tali leggi s'inseriscono in un quadro di norme di omogeneizzazione funzionale e di unificazione del trattamento del personale, altre riguardano aspetti diversi egualmente essenziali.
Una norma assai rilevante è quella relativa all'ordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri, con la quale gli uffici della presidenza del Consiglio sono stati per la prima volta disciplinati legislativamente. A tale legge ha dato attuazione il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 27 dic. 1988, "Istituzione e organizzazione dell'uffico di segreteria del Consiglio dei ministri, del comitato di esperti per il programma di Governo, nonché di uffici e dipartimenti del segretariato generale della presidenza del Consiglio dei ministri".
Nel disegno di legge n. 400/88, gli uffici della presidenza fanno capo al Segretario generale, e costituiscono nel loro insieme il Segretariato generale (art. 19 della legge). Sono previste, peraltro, anche strutture facenti capo non alla segreteria generale, bensì al sottosegretario di stato designato segretario del Consiglio dei ministri (art. 20): in primo luogo, di diritto, la Segreteria del Consiglio dei ministri; in secondo luogo, pro tempore, gli uffici, ordinariamente inseriti nel segretariato generale, che svolgono le funzioni che il presidente del Consiglio abbia eventualmente voluto affidare (mediante delega) alla cura diretta del medesimo sottosegretario. In altre parole, il presidente del Consiglio, definendo di volta in volta, attraverso la formula della delega, l'ambito delle competenze del sottosegretario, determina nello stesso tempo l'assetto del segretariato generale, scorporando dal suo apparato questo o quell'ufficio o complesso di uffici.
Lo stesso fenomeno si verifica per gli uffici (denominati dipartimenti) che costituiscono la struttura di supporto dei ministri senza portafoglio. Benché le funzioni dei ministri senza portafoglio (o almeno di alcuni) possano ormai considerarsi stabilmente previste dall'ordinamento, e praticamente istituzionalizzate, la nomina dei ministri senza portafoglio è sempre eventuale: in mancanza di nomina di un ministro ad hoc, le relative funzioni s'intendono attribuite direttamente al presidente del Consiglio, salvo che questi non voglia delegarle ad altro ministro (art. 9). Conseguentemente, i dipartimenti corrispondenti alle funzioni abitualmente affidate a un ministro senza portafoglio (es.: dipartimento per la funzione pubblica, dipartimento per gli affari regionali) fanno in ogni caso parte dell'apparato della presidenza, ma non fanno capo al segretario generale, se non quando la relativa titolarità sia assunta direttamente dal presidente.
L'organizzazione dell'apparato della presidenza è ispirata pertanto a una certa flessibilità. Questa considerazione è avvalorata dalla circostanza che la legge n. 400/88 contempla direttamente solo una parte delle strutture organizzative, precisando le relative competenze, mentre per altre attribuisce al presidente del Consiglio (occorrendo, d'intesa con il ministro senza portafoglio competente per materia) il potere d'istituire "con propri decreti, uffici e dipartimenti, comprensivi di una pluralità di uffici cui siano affidate funzioni connesse, determinandone competenza e organizzazione omogenea" (art. 21), nonché quello di costituire "comitati di consulenza, di ricerca o di studio su specifiche questioni" (art. 29).
Le strutture (uffici, dipartimenti, commissioni, ecc.) direttamente previsti dalla legge n. 400, a parte l'ufficio del segretario generale, sono le seguenti: a) ufficio centrale per il coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attività normativa del governo; b) ufficio per il coordinamento amministrativo; c) ufficio del consigliere diplomatico; d) ufficio del consigliere militare; e) ufficio stampa; f) ufficio del cerimoniale; g) segreteria del Consiglio dei ministri; h) segreterie particolari del presidente e del sottosegretario (o dei sottosegretari); gabinetti dei ministri senza portafoglio; i) comitato degli esperti per il programma di governo; l) commissione per la parità dei sessi; m) dipartimento per l'informazione e l'editoria; n) consiglio di amministrazione per il personale della presidenza; o) conferenza permanente per i rapporti fra lo stato, le regioni e le province autonome.
Sempre in una linea di razionalizzazione delle strutture e delle funzioni dell'a. p., è da notare che la citata legge n. 400/88 non si limita a riordinare la presidenza del Consiglio, ma contiene una compiuta disciplina del commissario del governo nella Regione, per ciò che attiene sia alla configurazione dell'ufficio, sia alla sfera delle attribuzioni, che risulta composta da quelle direttamente previste nella costituzione e regolate in via attuativa dall'ordinamento, nonché dalle altre che vi sono aggiunte, oltre, naturalmente, il rapporto con il governo e i suoi organi (art. 13).
Il commissario del governo nella Regione è nominato tra i prefetti, i magistrati amministrativi, gli avvocati dello stato e i funzionari dello stato con qualifica non inferiore a dirigente generale, con decreto del presi dente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, di concerto con il ministro per gli Affari regionali, e con il ministro dell'Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri (art. 1, comma 4).
In tale procedimento si colgono due elementi meritevoli di attenzione. La forma assunta dall'atto di nomina, che è un decreto presidenziale, e la competenza del Consiglio dei ministri di deliberare il provvedimento stesso sottolineano l'indipendenza e l'autonomia dell'organo, che rientra, con queste caratteristiche, nell'organizzazione dell'a. p., ed è vincolato all'indirizzo (amministrativo) del governo.
Inoltre, si riduce la preminenza del ministro dell'Interno, che condivide il concerto per la proposta di nomina con il ministro per gli Affari regionali, nel procedimento per il conferimento della titolarità dell'ufficio, quasi a sottolineare la diversa qualificazione dell'autonomia delle Regioni, rispetto a quella dei Comuni e delle Province.
La funzione di commissario del governo, salvo che per i prefetti nelle sedi capoluogo di Regione, è incompatibile con qualsiasi altra attività o incarico a carattere continuativo presso amministrazioni dello stato o enti pubblici e comporta il collocamento fuori ruolo per la durata dell'incarico (art. 13, comma 7).
Tali sono le incompatibilità funzionali del commissario, alle quali si devono aggiungere quelle derivanti dalla qualifica di pubblico dipendente e dalla posizione di organo che esercita competenza di controllo riguardo all'amministrazione regionale.
L'a. p. è caratterizzata anche dalla recente istituzione di due nuovi ministeri.
Il ministero dell'Ambiente (costituito con la legge 8 lugl. 1986 n. 349) esercita le attribuzioni necessarie per la prevenzione degli inquinamenti, la conservazione della natura, e la difesa dell'ambiente in generale. La sua struttura si articola in quattro servizi, assimilabili a direzioni generali (prevenzione degli inquinamenti e risanamento ambientale; conservazione della natura; valutazione dell'impatto ambientale; informazione ai cittadini e relazione sullo stato dell'ambiente; affari generali e personale). Non dispone di una rete periferica, che è supplita dai servizi tecnici nazionali per la difesa del suolo, dipendenti dalla presidenza del Consiglio.
Il ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, recentemente istituito (1988), riunisce le funzioni già svolte dal ministero della Pubblica istruzione, in materia universitaria, con quelle del dipartimento per la Ricerca scientifica, del quale ultimo rappresenta l'evoluzione. La sua struttura amministrativa si articola in quattro dipartimenti (fra i quali vengono ripartite, con il decreto d'organizzazione, le seguenti materie: programmazione e coordinamento generale; istruzione universitaria; ricerca scientifica; ricerca applicata; ricerca finalizzata; relazioni internazionali; affari giuridici e legislativi) e sei servizi (personale; studi e documentazione; vigilanza sugli enti, ecc.). Organi collegiali del ministero sono il Consiglio universitario nazionale, il Consiglio nazionale della scienza e della tecnologia, il Consiglio nazionale geofisico e quello per le ricerche astronomiche.
È infine interessante notare un ulteriore aspetto della a. p. in questi ultimi anni: l'adozione di modelli organizzativi del tutto nuovi. Si tratta delle cosiddette a. indipendenti ad alto tasso d'imparzialità.
Com'è stato osservato da P. G. Lignani, gli uffici titolari di queste funzioni non sono assimilabili a organi amministrativi chiamati a realizzare un interesse di cui siano esponenti, in conflitto con altri interessi; essi assumono piuttosto un ruolo super partes per la realizzazione della volontà della legge: un ruolo vicino a quello del giudice ''soggetto soltanto alla legge''. L'assimilazione è avvalorata dal fatto che questi uffici, pur non godendo di garanzie d'indipendenza pari a quelle proprie dei giudici, sono comunque sottratti a una dipendenza di tipo gerarchico dall'esecutivo, e non possono essere destinatari di direttive di ordine politico-amministrativo. Infine, queste caratteristiche d'indipendenza e d'imparzialità sono esaltate dai requisiti personali di coloro che ne sono investiti: alti magistrati o comunque persone di altissima qualificazione professionale.
Gli uffici in parola possono trovare riscontro in quelle istituzioni che in Gran Bretagna hanno il nome di administrative tribunals e negli Stati Uniti di indipendent regulatory agencies; soprattuto in queste ultime che assommano le funzioni di rule making, enforcement e disposition of claims.
Benché abbiano funzioni e strutture diverse fra loro, si possono far rientrare in questa categoria, attualmente, tre istituzioni: l'ufficio del Garante per l'editoria, la Commissione per le Società e la Borsa (CONSOB) e l'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private. È prevedibile che la categoria si arricchisca con la creazione di analoghe istituzioni destinate a vigilare sull'osservanza di future normative antitrust nel settore dell'emittenza radiotelevisiva, in quello della grande distribuzione commerciale, ecc.
Il Garante per l'editoria è stato istituito con la legge n. 416 del 1981 ed è modellato su una tipologia di organismi di garanzia, già da tempo introdotti in ordinamenti giuridici esteri (USA, Gran Bretagna, Francia, Rep. Federale di Germania, ecc.). Titolare dell'organo è un alto magistrato designato dai presidenti delle Camere e del Parlamento. Esso cura la conoscibilità della proprietà delle imprese giornalistiche ed editoriali (cosiddetta trasparenza) e controlla con strumenti repressivi (nullità, annullamenti) la concentrazione delle testate editoriali, le acquisizioni delle quote di mercato. Ciò a evitare il costituirsi di gruppi, cartelli e posizioni dominanti della stampa.
L'Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private, ISVAP (legge 1982 n. 576), che è organo con personalità giuridica, controlla le imprese di assicurazioni di natura pubblica e privata, con poteri conoscitivi e informativi molto penetranti, proponendo al ministro per l'Industria interventi repressivi.
La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, CONSOB (legge 1974 n. 216, 1981 n. 689, 1985 n. 281), anch'essa organo con personalità giuridica, è reggente di un ordinamento sezionale costituito fra le borse e gli agenti di cambio e controlla le società finanziarie. Ha poteri normativi che esercita direttamente o mediante l'emanazione di norme inserite in regolamenti del presidente del Consiglio dei ministri. Ha penetranti potestà di richiesta d'informazione, di ordini (bilanci consolidati, modi di confezione, certificazione di società di revisione), soprattuto di verifica, il tutto ordinato alla funzione di direzione e vigilanza dei mercati dei valori mobiliari e di tutela del risparmio. Ha potestà di autotutela e le violazioni di norme sono colpite da sanzioni sia di carattere amministrativo sia di rilevanza penale.