Abstract
Viene esaminata la procedura di amministrazione straordinaria quale strumento di regolazione della crisi d’impresa alternativo al fallimento. È una procedura concorsuale amministrativo-giudiziaria. Si analizzano i presupposti, l’iter procedurale, gli indirizzi, gli effetti e gli organi. L’istituto in esame trova la sua prima definizione nel d.l. 30.1.1976, n. 26, conv. in l. 3.4.1979, n. 95. Il quadro normativo è stato più volte modificato: con il d.lgs. 30.7.1999 n. 270, con il d.l. 23.12.2003, n. 347, conv. in l. 18.2.2004, n. 39; con il d.l. 28.8.2008, n. 13. conv. in l. 27.10.2008, n. 166 e da ultimo con il d.l. 13.5.2011, n. 70, conv. in l. 12.7.2011, n. 106.
1. Gli interventi legislativi
1.1 La prima versione dell’amministrazione straordinaria
Nel 1979 la crisi di importanti gruppi italiani (cfr. Minervini, G., Alcune riflessioni in tema di composizione dell’impresa industriale, in AA.VV., Problemi attuali dell’impresa in crisi, Padova, 1983, 14 ss.) indusse il nostro legislatore a varare l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (d.l. 30.1.1979, n. 26, conv. nella legge 3.4.1979, n. 95, cd. Legge Prodi), procedura concorsuale diretta, a differenza del fallimento, alla conservazione del complesso aziendale attraverso la continuazione dell’attività affidata ad un commissario straordinario nominato dall’autorità amministrativa (sui dubbi di costituzionalità, cfr. C. cost., 22.5.1987, n. 187, in Giust. civ., 1987, I. 189) e supportata da aiuti statali di varia tipologia tra cui la possibilità di esercitare l’azione revocatoria (cfr. Cass., 19.5.1997, n. 434, in Fallimento, 1998, 598; Trib. Genova, 15.11.1999, in Fallimento, 2000, 503). Erano sottoponibili ad amministrazione straordinaria, con esclusione del fallimento, le imprese, delle quali fosse stata accertata l’insolvenza (artt. 5 e 195 l. fall.) o l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione ai dipendenti, qualora avessero, da almeno un anno, un numero di “addetti”, compresi quelli ammessi all’integrazione dei guadagni, non inferiore a trecento, un’esposizione debitoria, verso aziende di credito, istituti speciali di credito, istituti di previdenza e di assistenza sociale non inferiore a trentacinque miliardi di lire, e superiore a cinque volte il capitale versato risultante dall’ultimo bilancio approvato. È stata una procedura molto discussa, in particolare perché la previsione di aiuti si poneva in contrasto con le norme del Trattato di Roma in materia di concorrenza, sollevando censure da parte della Comunità europea.
1.2 La Riforma del 1999 e i successivi interventi
I contrasti con l’ordinamento comunitario (cfr. C. giust. CE, 1.12.1998, C-200/97, in Fallimento, 1999, 831), ne determinarono nel 1999 la riforma (cfr. art. 1, l. 30.7.1998, n. 274) con il d.lgs. n. 270/1999. Successivamente, altri interventi hanno recato modifiche alla disciplina “base” dell’amministrazione straordinaria per adattarla alle specificità di dissesti di grandi gruppi (Parmalat, Volare Web, Alitalia): per la crisi Parmalat, il d.l. 27.12.2003, n. 347 (cd. decreto Marzano), conv. in l. 18.2.2004, n. 39 e modificato dal d.l. 3.5.2004, n. 119, conv. in l. 5.7.2004, n. 166 e dal d.l. 28.2.2005, n. 22., conv. in l. 29.4.2005, n. 71; per la crisi Alitalia è intervenuto il d.l. 28.8.2008, n. 134, conv. in l. 27.10.2008, n. 166 e l’art. 3, co. 3, del d.l. 25.3.2010, n. 40, conv. in l. 22.5.2010, n. 73, per regolare l’amministrazione straordinaria delle società di riscossione delle entrate degli enti locali. Da ultimo, il d.l. 13.5.2011, n. 70, conv. in l. 12.7.2011, n. 106 è intervenuto per disciplinare aspetti particolari.
2. Le fasi e gli effetti
2.1 L’accertamento dei presupposti e la dichiarazione giudiziale dello stato d’insolvenza
L’obiettivo della riformata procedura (art.1, d.lgs. n. 270/1999) è la conservazione del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali. La procedura è riservata alle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento che: a) abbiano da almeno un anno non meno di duecento dipendenti (compresi quelli in cassa integrazione); b) abbiano debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio (art. 2); c) si trovino in stato d’insolvenza (art. 3); d) presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico (art. 27). L’iter che potrà condurre all’apertura dell’amministrazione straordinaria prende avvio con la sentenza (art. 8) con cui il Tribunale (su ricorso dell’imprenditore, di uno o più creditori, del p.m. o d’ufficio) accerta la sussistenza del presupposto e dei requisiti soggettivi di cui alle lett. a) e b) e di quello oggettivo di cui alla lett. c) e nomina il giudice delegato alla procedura e uno o tre commissari giudiziali. L’assenza (anche di uno solo) di tali presupposti e requisiti determinerà la dichiarazione di fallimento. La sentenza che accerta lo stato d’insolvenza è soggetta alle stesse forme di pubblicità della sentenza di fallimento e deve essere comunicata entro tre giorni al Ministro; contro di essa può essere proposta opposizione da parte di qualunque interessato. L'opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza non ne sospende gli effetti. La sentenza è poi appellabile e quindi ricorribile per cassazione. Il requisito sub d), relativo alle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, viene, invece, accertato dal Tribunale del luogo nella cui circoscrizione ha sede l’impresa al termine della fase di osservazione (o prodromica).
2.2 Gli effetti della dichiarazione dello stato d’insolvenza
L'imprenditore subisce gli effetti di uno spossessamento attenuato (l'art. 18 richiama gli artt. 45, 52, 167-169 l. fall.). La gestione dell’impresa – che può, tuttavia, anche essere affidata al commissario giudiziale sia con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza, sia con successivo decreto (art.19) - continuerà sotto il controllo e con le autorizzazioni del giudice delegato per gli atti di straordinaria amministrazione. Al commissario giudiziale si applicano le norme e si riconoscono le funzioni tipiche del curatore fallimentare (l’art. 19 d.lgs. n. 270/1999 fa espresso rinvio agli artt. 42, 43, 44, 46 e 47 l. fall. ed agli artt. 31, 32, 34 e 35 l. fall.). I crediti sorti per la gestione dell’impresa durante questa saranno ammessi in prededuzione ex art. 111 l. fall. (art. 20).
2.3 La fase di osservazione
Il commissario giudiziale, esaminate le scritture contabili e i bilanci, la consistenza e la composizione del patrimonio nonché la posizione dell’impresa nel mercato, entro 30 giorni dalla dichiarazione giudiziale dello stato d’insolvenza, deposita in cancelleria (contestualmente trasmettendola al Ministero dell’industria) una Relazione contenente una descrizione delle cause dell’insolvenza e una valutazione motivata sulla sussistenza di «concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali». Il tribunale – con il parere del Ministero – decide l’ammissione dell’impresa (con decreto reclamabile in Corte d’appello) ad amministrazione straordinaria. Entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto che dichiara aperta l’amministrazione straordinaria, il Ministro (art. 40) nomina con decreto: a) uno o tre commissari straordinari per la gestione l'impresa e l'amministrazione del patrimonio del debitore sotto il controllo del Ministero per gli atti di alienazione o affitto di aziende e rami d'azienda e per altre operazioni di importo superiore a € 206.582,00 (artt. 40 e 42) e il comitato di sorveglianza; b) un comitato di sorveglianza, composto da tre o cinque membri, avente funzioni consultive (artt. 45 e 46). Nel caso in cui non siano emerse prospettive di recupero, il tribunale dichiarerà, con decreto reclamabile in Corte d’appello, il fallimento (sul presupposto dell’insolvenza che non esclude il recupero del patrimonio produttivo: Terranova, G., Le procedure concorsuali. Problemi di una riforma, Milano, 2004, 91).
Per quanto non previsto dal d.lgs. n. 270/1999 si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla liquidazione coatta amministrativa (art. 36).
2.4 Gli effetti dell'apertura dell'amministrazione straordinaria
Gli effetti sono molteplici e ricollegabili alla disciplina del fallimento (artt. 42-52 l. fall.) e del concordato preventivo (artt. 167-169 l. fall.). Dall’apertura della procedura si produce il divieto di azioni esecutive sul patrimonio del debitore. A norma dell’art. 49, le azioni revocatorie (secondo la disciplina di cui agli artt. 64-69 bis l. fall.) sono ammesse solo se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali. I contratti pendenti, atteso che la procedura di amministrazione straordinaria presuppone la prosecuzione dell'attività d'impresa, proseguono, sempreché il commissario non decida di sciogliersi dal contratto, eccezion fatta per i rapporti di lavoro e per il contratto di locazione quando l'impresa in amministrazione straordinaria è il locatore. Il contraente, una volta approvato il programma, può rivolgersi al commissario intimandogli di prendere posizione sulla sorte del contratto; se il commissario non comunica l'opzione, il contratto si scioglie come nel fallimento (art. 72 l. fall.). I crediti sorti durante e per la gestione d’impresa sono trattati in prededuzione sia nell’amministrazione straordinaria sia nell’eventuale successivo fallimento.
3. Il programma e gli indirizzi
A norma dell’art. 30 del d.lgs. n. 270/1999, il commissario straordinario, entro sessanta giorni dal decreto di apertura della procedura (prorogabili dal Ministero dell’industria una sola volta e per non più di sessanta giorni) deve redigere un programma – avvalendosi delle osservazioni svolte dal commissario giudiziale nella fase di osservazione e tenendo conto degli indirizzi di politica industriale del ministero, della finalità di «salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali» e «degli interessi dei creditori» (art. 55) – secondo uno degli indirizzi di cui all’art. 27: a) di cessione unitaria del complesso aziendale sulla base di un programma di prosecuzione dell’attività non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi aziendali”) oppure b) di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni (“programma di ristrutturazione”) o ancora b bis) di cessione di complessi di beni e contratti (“programma di cessione di complessi di beni e contratti” previsto per le sole imprese che operano nel settore dei servizi pubblici essenziali ex art. 1, co. 1 bis, d.l. n. 134/2008), che deve essere autorizzato dal Ministero, sentito il comitato di sorveglianza e, quindi, depositato nella cancelleria del tribunale. Per quest’ultimo tipo di programma è prevista «la continuazione dell’attività di impresa per non più di un anno».
Durante l’esecuzione, il programma può essere (con l’autorizzazione del Ministero) modificato (art. 60) e anche sostituito con uno degli altri programmi previsti nell’art. 27.
Il programma di cessione – da attuarsi entro un anno dall’autorizzazione con possibilità di una proroga di tre mesi nel caso in cui la cessione sia imminente (art 66) – si realizza attraverso un processo di dismissione che deve consentire la prosecuzione dell'attività d'impresa limitatamente, quanto meno, ad un ramo aziendale. A tal fine la norma impone all'acquirente di garantire la continuità dell'impresa per almeno un biennio mantenendo per quel periodo i livelli occupazionali nella misura risultante dall’atto di vendita.
Il programma dovrà specificare se sono già state presentate offerte di acquisto, ipotizzare prospettive di realizzo anche sulla base della stima dei cespiti, individuare la possibile percentuale di soddisfacimento dei creditori. Per quanto riguarda la cessione di aziende o di rami di aziende in esercizio, dovrà considerarsi la redditività anche se negativa per il periodo di necessaria prosecuzione. Il cessionario, salvo diversa pattuizione, non assume la responsabilità per i debiti sorti in capo all'azienda ceduta prima del trasferimento (art. 56). Ai sensi dell’art. 56, co. 3 bis (introdotto dall’art. 14, co. 5, d.l. 29.11.2008, n. 185, conv. in l. 28.1.2009, n. 2) le operazioni di cui all’art. 56, co. 1 e 2, effettuate in attuazione del programma di cui all’art. 27, co. 2, lett. a e b, in vista della liquidazione dei beni del cedente, non costituiscono comunque trasferimenti d’azienda, di ramo o di sue parti, agli effetti dell’art. 2112 c.c.
Il programma di ristrutturazione (da attuarsi entro due anni) deve indicare il piano industriale, descrivere le modalità di prosecuzione dell'attività, la eventuale cessione di beni e attività non strategiche, le fonti e l’ammontare dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche (per consentire alla Commissione europea di verificarne la compatibilità con la normativa comunitaria) e i mutamenti degli assetti imprenditoriali, nonché modalità e tempi di soddisfacimento dei creditori, anche se con un piano di risanamento si tende al ripristino della solvibilità e quindi a collegare il soddisfacimento con il ritorno in bonis dell’imprenditore. In particolare il commissario deve indicare «i modi della copertura del fabbisogno finanziario con specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche di cui è prevista l’utilizzazione». L’art. 58, d.lgs. n. 270/1999 prevede poi la possibilità che il piano di ristrutturazione indichi «i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori, anche sulla base di piani di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato». In questo programma è precluso l’utilizzo di azioni revocatorie fallimentari i cui risultati andrebbero altrimenti a vantaggio del debitore.
4. La formazione dello stato passivo e la ripartizione dell’attivo
Allo stato passivo si giunge attraverso i procedimenti di accertamento e di formazione. Nonostante la procedura si modelli sulla liquidazione coatta amministrativa, per una migliore tutela dei diritti soggettivi, l’accertamento del passivo si svolge secondo le norme dettate per il fallimento (artt. 93 ss. l. fall.) restando, pertanto, di competenza del giudice delegato, sostituito al curatore il commissario straordinario. Il procedimento di accertamento del passivo è funzionale ad una procedura concorsuale liquidativo-satisfattiva quale l'amministrazione straordinaria con l’indirizzo di cessione, mentre resta difficile applicare tale procedimento nell'amministrazione straordinaria con ristrutturazione nella quale «non si può infatti pensare che l’imprenditore possa giovarsi di esclusioni dal passivo per inopponibilità del credito, o della sospensione degli interessi, né che egli possa essere vincolato da decisioni prese senza la sua partecipazione al procedimento» (Gualandi, L., in AA.VV., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011).
Nel caso in cui sia sottoposto ad amministrazione straordinaria in via di estensione un socio illimitatamente responsabile, l’art. 53, co. 2, richiama le norme in materia della legge fallimentare. Di conseguenza, in virtù della separazione delle masse patrimoniali (rispettivamente del socio e della società), i creditori particolari del socio partecipano soltanto alla procedura relativa al socio loro debitore mentre i creditori sociali insinuati nel passivo della società saranno automaticamente insinuati anche nel passivo delle procedure dei soci illimitatamente responsabili.
La ripartizione dell’attivo è di competenza del giudice delegato ed è prevista soltanto per il caso di programma di cessioni. Il procedimento di riparto (artt. 67, d.lgs. n. 270/1999 e 110 ss., l. fall.) è predisposto dal commissario e sottoposto al parere del comitato di sorveglianza e può prevedere oltre alle ripartizioni, anche erogazioni di acconti a favore di alcune categorie di creditori quali i lavoratori subordinati e i fornitori dell'ultimo periodo che ha preceduto il dissesto.
La ripartizione ha inizio dopo che è scaduto il termine del programma di cessione o, se successivo, dal momento dell’esecutività dello stato passivo. Il commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza e con l’autorizzazione del giudice delegato può decidere di distribuire acconti (a prescindere dal programma adottato, preferibilmente ai lavoratori subordinati e ai fornitori per le prestazioni di beni o servizi effettuate nei sei mesi precedenti all’apertura della procedura), e di effettuare riparti parziali (questi ultimi, di regola, ogni quattro mesi). Approvato dal Ministero il bilancio finale della procedura, il conto della gestione (redatti dal commissario straordinario) e la liquidazione del compenso al commissario straordinario (art. 75) ha luogo la ripartizione finale dell’attivo.
5. La disciplina dei gruppi
Il quadro normativo dell’amministrazione straordinaria – fin dalla l. n. 95/1979 – consente di armonizzare e coordinare differenti procedure riferibili alle singole unità appartenenti ad un gruppo anche se non consente di trattare unitariamente l’insolvenza. L’art. 80 individua la “procedura madre” nella prima procedura cui è sottoposta l'impresa che possiede da sola tutti requisiti di cui agli artt. 2 e 27. In funzione di questa individua poi il gruppo considerando le imprese che controllano (direttamente o indirettamente) l'impresa “madre”, quelle che sono da questa controllate e quelle che sono soggette a direzione unitaria rispetto all'impresa “madre”. Qualora una delle imprese del gruppo sia insolvente, può essere assoggettata, su iniziativa del commissario, ad amministrazione straordinaria, purché ricorrano i requisiti di cui all'art. 27 e vi sia interesse ad una gestione unitaria. In tal caso non sarà necessario accertare la presenza dei requisiti dimensionali di cui all’art. 2, fermo restando che comunque non possono essere sottoposte ad amministrazione straordinaria di gruppo le imprese che si trovino al di sotto della soglia di cui all'art. 1 l. fall.
L’art. 84 disciplina l’ipotesi di apertura di “procedura madre” successivamente alla dichiarazione di fallimento di una società del gruppo. Al fine di facilitare una gestione unitaria, su sollecitazione di un qualunque interessato ed anche d'ufficio, il fallimento può essere convertito in amministrazione straordinaria a condizione che non sia esaurita la liquidazione dell'attivo e sempre che l'impresa sia recuperabile ai sensi dell'art. 27 oppure sia comunque conveniente la gestione unitaria (art. 81).
La competenza territoriale a dichiarare lo stato d'insolvenza spetta al giudice del luogo ove l'impresa ha la sede principale, ma è plausibile ritenere che la sede principale ed effettiva dell'impresa del gruppo coincida con la sede dell’“impresa madre”, soprattutto quando questa sia l'impresa controllante.
Il coinvolgimento nella procedura di imprese appartenenti ad uno stesso gruppo determina particolari effetti. In primo luogo al fine di riequilibrare i rapporti infragruppo e/o le condotte che abbiano provocato un pregiudizio ai creditori di una determinata impresa a causa di tali rapporti, sarà possibile esperire azioni revocatorie infragruppo cd. aggravate (art. 91) con elevazione – per gli atti a titolo gratuito – del periodo sospetto annuale a cinque anni mentre se semestrale a tre anni. La revoca degli atti gratuiti infragruppo, invece, resta fissata nei due anni di cui all'art. 64 l. fall. In secondo luogo gli amministratori della società controllante, a norma dell’art. 90, sono responsabili in solido con gli amministratori della società insolvente, qualora abusando della direzione unitaria, abbiano cagionato danni all'impresa del gruppo (responsabilità da direzione e coordinamento, ex art. 2497 cc.).
6. La conversione e la chiusura
Il fallimento può convertirsi in amministrazione straordinaria e l’amministrazione straordinaria in fallimento. Nel primo caso (art. 35) il tribunale, investito del reclamo ai sensi dell’art. 18 l. fall. avverso una sentenza di fallimento, accerterà l'esistenza delle condizioni che avrebbero legittimato la pronuncia dello stato di insolvenza. Nel secondo caso, invece, l'amministrazione straordinaria può convertirsi in fallimento, sia in corso di procedura, quando risulta che non può essere utilmente proseguita (art. 69) essendo venute meno le concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, sia qualora, decorso l’anno, il programma di cessione dei complessi aziendali non sia stato portato a compimento, sia qualora in caso di ristrutturazione l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. L’iniziativa della conversione è affidata al commissario o d’ufficio, sentiti il Ministero, il commissario e l’imprenditore. Il decreto che converte la procedura può essere reclamato in corte d’appello su iniziativa di chiunque vi abbia interesse.
La procedura, invece, si chiude: a) qualora nel termine previsto nella sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza non siano state presentate domande di ammissione al passivo; b) se, anche prima del termine, l’imprenditore abbia recuperato la solvibilità; c) con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato (co. 1, lett. c) dell’art. 74) proposto dall’imprenditore o da un terzo, previa autorizzazione del Ministero, su parere del commissario, sentito il comitato di sorveglianza. Quando è stato seguito l’indirizzo della cessione, la procedura si può chiudere anche nel caso in cui: d) i creditori ammessi allo stato passivo siano stati pagati integralmente; e) sia stata compiuta la ripartizione finale dell’attivo (art. 74).
7. L’amministrazione straordinaria speciale per le imprese di rilevanti dimensioni
Il d.l. 23.12.2003, n. 347 (cd. Decreto Marzano, conv. in l. 18.2.2004, n. 39) ha introdotto regole speciali dirette a favorire l’immediata apertura dell’amministrazione straordinaria prescindendo dalla fase di osservazione. Nella disciplina, risultante dall’insieme degli interventi, si distingue una “disciplina base” (di cui al d.lgs. n. 270/1999) che regola l’amministrazione straordinaria delle imprese grandi, da quella (cd. variante Parmalat/Alitalia) destinata, invece, alle imprese di rilevanti dimensioni (di cui al d.l. n. 347/2003 e successive modifiche e integrazioni), indicata anche come “amministrazione straordinaria speciale”. Sono sottoponibili a questo modello di amministrazione straordinaria le imprese fallibili che, singolarmente o come gruppo costituito da almeno un anno, abbiano i seguenti requisiti: a) lavoratori subordinati, compresi quelli in cassa integrazione guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno; b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro. Unico legittimato a richiedere al Ministro dello sviluppo economico l’ammissione alla procedura (e contestualmente al tribunale la dichiarazione dello stato d’insolvenza) è l’imprenditore. Il Ministro, valutata la ricorrenza del presupposto oggettivo e di quello soggettivo, ammette con decreto l’impresa alla procedura e nomina il commissario straordinario. Entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto ministeriale, il tribunale accerta lo stato d’insolvenza. Tale accertamento diviene così fase successiva, necessaria ma non condizionante a priori l’apertura della procedura.
Dal decreto di ammissione (art. 2, co. 2 bis, d.l. n. 347/2003) scattano gli effetti di natura patrimoniale che si compendiano nello spossessamento del debitore, sostituito dal commissario straordinario e nel blocco delle azioni esecutive. L’impresa continua – i crediti sorti nel corso della procedura saranno soddisfatti in prededuzione (artt. 8, d.l. n. 347/2003 e art. 52, d.lgs. n. 270/1999) – senza dover attendere né la sentenza che accerti l’insolvenza, né i risultati di un’analisi, né l’autorizzazione del programma. È il commissario straordinario che redige il programma di cui all’art. 54 d.lgs. n. 270/1999 secondo l’indirizzo di cui all’art. 27, co. 2, lettera a), ovvero lettera b), del decreto medesimo considerando specificamente, anche ai fini di cui all’art. 4 bis, la posizione dei piccoli risparmiatori persone fisiche, che abbiano investito in obbligazioni, emesse o garantite dall’impresa in amministrazione straordinaria. Il programma viene indirizzato al Ministro per l’autorizzazione. Non è prevista una disciplina ad hoc per i contratti in corso ma, stante l’immediata ammissione alla procedura, si possono ritenere applicabili gli artt. 50 e 51 del d.lgs. n. 270/1999 dovendosi però tener conto, relativamente al co. 2 dell’art. 50, la norma di natura interpretativa introdotta dall’art. 1 bis della l. 27.10.2008, n. 166 in base alla quale «la prosecuzione delle prestazioni contrattuali da parte del commissario non integra di per sé il subentro nel contratto, per facta concludentia, richiedendosi sempre ai fini della produzione degli effetti di cui all’art. 51, una comunicazione formale e per iscritto in tal senso». L’art. 6 del d.l. n. 347/2003 sancisce che: «Il commissario straordinario può proporre le azioni revocatorie previste dagli artt. 49 e 91 del d. lgs. n. 270 anche nel caso di autorizzazione all’esecuzione del programma di ristrutturazione, purché si traducano in un vantaggio per i creditori».
Il tribunale dichiara il fallimento, nel caso in cui il programma non sia autorizzato o quello di cessione nelle due scansioni a) e b bis) di cui all’art. 27 d.lgs. n. 270/1999 – in via primaria o in via di successione al programma di ristrutturazione – non abbia successo. La norma fa salva la disciplina di cui all’art. 70 d. lgs. n. 270/1999, ma non richiama quella di cui all’art. 69, con ciò significando che il tribunale, nella procedura in questione e a differenza di quella “base”, può dichiarare il fallimento in caso di insuccesso della procedura verificato alla scadenza del termine apposto ma non in qualunque momento emerga l’inutilità di proseguire nel programma. Sarà il commissario straordinario che potrà far cadere il tentativo, «provocando la non autorizzazione del programma: presentando cioè, anche prima dello scadere del termine di centottanta giorni dalla nomina, una dichiarazione di impossibilità di formulare un programma che risponda al contenuto dell’art. 27, co. 2, lett. b), d. lgs. n. 270/1999, o a quello dell’art. 4 bis, co. 1, lett. c) e c bis); ed eventualmente anche con la dichiarazione preventiva, di non ritenere percorribile neppure la via del programma di cessione dei complessi aziendali». Nell’art. 4 bis del d.l. n. 347/2003 il legislatore ha tracciato un percorso alternativo di superamento della crisi con la previsione di un concordato che può essere proposto dal commissario straordinario. Tale disciplina concordataria – in particolare là dove è prevista un’ampia libertà del proponente nel confezionare il piano e la proposta sfruttando la possibilità sia di suddividere i creditori in classi, proponendo trattamenti diversificati a ciascuna classe sia di far intervenire i creditori nella veste di assuntori che rilevando le attività si impegnino a soddisfare i creditori – ha costituito il modello per la riforma del concordato preventivo e fallimentare.
8. Le disposizioni di cui al d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito con modificazioni nella l. 12.7.2011, n. 106
Il legislatore è da ultimo intervenuto con una serie di disposizioni volte: 1) ad una chiusura accelerata delle procedure di amministrazione straordinaria aperte sotto la vigenza della l. 95/1979; 2) a regolamentare gli effetti della cessione di azienda operata tra società poi sottoposte ad autonome procedure di amministrazione straordinaria e 3) a disciplinare la determinazione dei compensi spettanti agli organi della procedura.
Fonti normative
D.l. 30.1.1976, n. 26 conv. in l. 3.4.1979, n. 95; d.lgs. 30.7.1999 n. 270; d.l. 23.12.2003, n. 347, conv. in l. 18.2.2004, n. 39; d.l. 28.8.2008, n. 134, conv. in l. 27.10.2008, n. 166; art. 8, co. 3, d.lgs. 13.5. 2011, n. 70, conv. in l. 12.7.2011, n. 106.
Bibliografia essenziale
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