Ammissione del ricorso straordinario
L’Adunanza generale del Consiglio di Stato (22.2.2011, n. 808, ma v. anche Id. 3.8.2011, n. 3189 e 13.7.2011, n. 3395) chiamata ad esprimere parere sul punto se l’art. 7, co. 8, c.p.a. – nella parte in cui dispone che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica «è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa», con conseguente ripudio della precedente regola che in detto ricorso individuava un rimedio amministrativo di carattere generale esperibile anche nelle materie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo – ha carattere interpretativo o innovativo e, quindi, se è applicabile o non con effetto retroattivo, ha concluso per il carattere innovativo, facendo quindi salvi i ricorsi già proposti per l’ottemperanza al giudicato del giudice ordinario prima della sua entrata in vigore. Ma ciò che merita segnalare non è detta conclusione, che è ragionevole alla luce del principio del legittimo affidamento e dell’art. 11 delle preleggi, ma l’iter che l’Adunanza ha seguito per pervenire ad essa, cioè il richiamo al principio della perpetuatio iurisdictionis fissato dall’art. 5 c.p.c., per il quale la «giurisdizione» si determina con riguardo alla legge vigente allo stato di fatto esistente al momento della domanda. E per applicare detta regola al caso in esame è incorsa nell’errore di attribuire al parere del Consiglio di Stato carattere «decisionale» e al decreto presidenziale la funzione di mera esternazione dello stesso, trascurando il fatto che il parere, da chiunque reso, è un atto valutativo laddove l’atto che conclude il procedimento è un atto di volontà.