amnesia
Disturbo della componente a lungo termine della memoria, caratterizzato dall’incapacità di acquisire nuove informazioni (a. anterograda) e di ricordare eventi avvenuti prima del suo esordio (a. retrograda). L’a. era stata descritta nella seconda metà del 19° sec. da Sergei Korsakoff, come componente di una sindrome causata da abuso di alcol. Negli anni Cinquanta del 20° secolo Brenda Milner e William Scoville osservarono una grave a. nel poi famoso paziente HM, sottoposto a un intervento di resezione bilaterale delle porzioni mediali dei lobi temporali per trattare una grave forma di epilessia.
Il deficit di apprendimento e di ritenzione riguarda ogni genere di evento e di materiale (verbale, visuospaziale, acustico) ed è molto invalidante. I pazienti non sono in grado di condurre vita autonoma: per es., non imparano a riconoscere persone non familiari (il medico), ma riconoscono persone molto familiari (i genitori), non riescono a imparare il percorso per andare in una nuova casa, non ricordano quello che hanno fatto il giorno prima, non apprendono parole e concetti nuovi, non riuscendo così ad aggiornare le proprie conoscenze semantico-lessicali. L’a. anterograda viene esaminata con test di apprendimento, in cui il ricordo viene verificato con prove di rievocazione e di riconoscimento.
Il deficit riguarda il ricordo di eventi che hanno avuto luogo prima dell’esordio dell’amnesia. La sua estensione è variabile, da alcuni anni a decenni. Può essere presente un gradiente temporale, per cui gli eventi remoti sono ricordati meglio di quelli recenti. L’esame viene svolto mediante test riguardanti eventi autobiografici e fatti famosi.
I pazienti con a. non presentano deficit della percezione, del movimento e del linguaggio. Le capacità di ricordare per qualche decina di secondi piccole quantità di informazione (per es., una serie di cifre o di posizioni spaziali: memoria a breve termine verbale e spaziale) e di ragionamento sono indenni. I pazienti apprendono abilità motorie, risposte condizionate e vari stimoli verbali e non, purché non venga loro richiesto di ricordare in modo esplicito l’informazione presentata. Il deficit che caratterizza l’a. riguarda il ricordo consapevole di eventi autobiografici (componente episodica della memoria esplicita o dichiarativa), mentre la componente semantica della memoria esplicita è indenne, ma il suo aggiornamento con nuova informazione (per es., nuove parole, come Internet) ha luogo molto lentamente e con grande difficoltà. L’apprendimento preservato (percettivo, motorio e cognitivo: memoria implicita) può essere dimostrato con metodi che non richiedono la rievocazione consapevole. Così, un paziente con a. può rispondere più velocemente a uno stimolo presentato più volte, senza però ricordare di averlo visto, né quando né dove. Una paziente fu punta alla mano con uno spillo dallo psicologo Edouard Claparede, che poco dopo le toccò di nuovo la mano. La paziente ritrasse la propria, senza sapere il perché. Interrogata, asserì che nelle mani ci possono essere degli spilli, senza però ricordare quanto era appena accaduto.
L’a. è causata da lesioni, di diversa eziologia (tra cui intossicazione alcolica, traumi, malattie cerebrovascolari, ipossia, tumori), che danneggiano diverse regioni del cervello: la parte mediale del lobo temporale (complesso ippocampale), il diencefalo (nuclei talamici dorsomediali e anteriori), l’ipotalamo (corpi mammillari e tratti mammillotalamici) e la regione frontobasale.
La teoria classica o standard dell’a. (Brenda Milner, Larry Squire) ipotizza che il deficit consista in un mancato consolidamento della traccia mnestica, normalmente innescato dal complesso ippocampale e dal diencefalo, con successivo deposito dei ricordi nella corteccia. Il continuo consolidamento spiega il gradiente temporale dell’a. retrograda (i ricordi remoti sono più consolidati e quindi relativamente preservati), senza differenze di rilievo tra ricordi episodici (autobiografici) e semantici. La principale teoria alternativa è la teoria della traccia multipla (Morris Moscovitch, Lynn Nadel), la quale ipotizza che ogni evento venga codificato obbligatoriamente dal complesso ippocampale, che poi agisce, per il richiamo del ricordo, come indicatore per i neuroni neocorticali che rappresentano l’informazione, con la funzione di legarli insieme a formare le tracce mnestiche, senza un consolidamento continuo. Questa teoria può spiegare l’assenza in alcuni pazienti del gradiente temporale nell’a. retrograda e la maggior compromissione della componente episodica, autobiografica, rispetto a quella semantica, sulla base del diverso contributo delle tracce multiple alla ritenzione e del ruolo minore del complesso ippocampale nella memoria semantica.