AMNISTIA (III, p. 28)
Secondo il cod. pen. italiano 1930 (art. 151) è tra le cause di estinzione del reato (v. estinzione: Diritto penale, XIV, p. 411) e in ispecie impedisce la valutazione penale del fatto previsto dalla legge quale reato: essa quindi prevale su ogni altra causa di estinzione, salve eccezioni, anche discutibili (per es.: la remissione). Per il suo carattere impersonale si applica a chiunque sia imputato o condannato per i reati stabiliti, e non perché si trovi in condizioni personali o particolari da meritare clemenza (in ciò essa si distingue dalla grazia).
Si distingue l'amnistia propria, concessa prima della condanna (in tal caso il giudice non può esaminare se l'imputato è o non è colpevole); e l'amnistia impropria che, sopravvenuta alla condanna (inflitta con sentenza passata in giudicato, anche se all'estero, purché riconosciuta), estingue le pene, e, salve eccezioni, impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, e non anche in genere gli effetti (incapacità giuridiche) civili o penali e le sanzioni civili (obbligo della restituzione, del risarcimento del danno, ecc.).
L'amnistia ha efficacia immediata, anche se è applicata in seguito, per tutti i reati previsti, anche se attribuiti, in concorso, ad una stessa persona; e si applica - in ogni stato e grado del giudizio - d'ufficio su richiesta del pubblico ministero o su domanda dell'interessato, dal giudice competente a giudicare o che ha giudicato il reato, o su domanda dell'interessato se la pena è stata espiata (art. 593 cod. proc. pen.). Se il beneficato è detenuto e l'amnistia non può essere, pel momento, applicata dal giudice, può essere ordinata dal pubblico ministero la libertà provvisoria. Il provvedimento del giudice che applica l'amnistia (sentenza se propria, ordinanza se impropria) è impugnabile (secondo le regole proprie) solo dal pubblico ministero e non dall'imputato o condannato (art. 512, 513 e 594 cod. proc. pen.).
Non è ammessa la rinuncia all'amnistia: i decreti 29 marzo 1946, n. 132, e 22 giugno 1946, n. 4, concessero (art. 6) per la prima volta all'imputato di rinunziarvi: si volle così consentire all'imputato di provare la sua innocenza; ma l'esercizio di tale facoltà ha dato luogo a gravi inconvenienti ed a critiche scientifiche a causa dell'imperfetta formulazione e dell'incompleta disciplina, aggravata dalla novità della concessione.
Il decreto di amnistia, di regola, determina i reati che estingue, non secondo le disposizioni che questi prevedono (per es.: art. 624 cod. pen.), per categorie (delitti contro il patrimonio) o per il nome (per es. omicidio), ma con la indicazione della pena massima che può essere inflitta (per es.: i reati punibili fino a tre anni di pena detentiva); perciò essa si applica anche al tentativo e, di regola, ad ogni reato anche aggravato, punibile con la pena stabilita nel massimo (vedi però art. 4 decr. pres. 9 febbraio 1948, n. 32).
Nei limiti del massimo della pena stabilita, l'amnistia si applica anche ai fatti di reato continuato commessi prima del decreto e che, rispetto alla data di applicazione del decreto stesso, vanno disintegrati nei singoli episodî criminosi.
Quale causa di estinzione, essa si riferisce non ai reati avvenire, ma a quelli commessi ad una certa data: se questa non è indicata, la estinzione è limitata ai reati commessi a tutto il giorno (cioè alla mezzanotte) precedente la data del decreto: la data però è quasi sempre indicata, anche se è riferita in coincidenza al giorno precedente la data del decreto. Ma i decreti 22 giugno 1946, n. 4, 9 febbraio 1948, n. 32, hanno indicato un giorno diverso.
Circa la natura dei reati, si distingue l'amnistia comune da quella finanziaria che è usualmente concessa con provvedimento separato, anche se in occasione dello stesso avvenimento (v. di recente: decr. legge 26 ottobre 1944, n. 262; decr. pres. 27 giugno 1946, n.25). Inoltre disposizioni particolari accompagnano l'amnistia di determinati reati, quali i militari (r. decr. 2 settembre 1919, n. 1502; 5 ottobre 1920, n. 1417; decr. legge 29 marzo 1946, n. 132; decr. pres. 1° marzo 1947, n. 92) e i politici (non esclusi i reati comuni commessi per "fine nazionale", r. decr. 22 dicembre 1922, n. 1641; per espellere i Tedeschi, r. decr. 4 aprile 1944, n. 96; contro il fascismo o per difendersi dalle persecuzioni fasciste o sottrarsi ad esse, decr. legge 17 novembre 1945, n. 719; decr. pres. 22 giugno 1946, n. 4); nelle colonie (rr. decreti 18 ottobre 1934, n. 2134, 5 dicembre 1935 n. 2147, 13 maggio 1937, n. 1161, 2 dicembre 1937, n. 2617).
Il decreto stabilisce anche talune cause di esclusione, in considerazione della natura del reato o della personalità del soggetto.
Dal primo punto di vista, sono stati esclusi taluni reati: i delitti contro la personalità dello stato (r. decr. 24 febbraio 1940, n. 56); l'omicidio volontario, e si discute se sia escluso anche il tentativo (decr. pres. 22 giugno 1945, n. 4); i reati di corruzione, di concussione, o in danno delle forze armate alleate, ecc. (r. decr. 4 aprile 1944, n. 96, decr. pres. 22 giugno 1946, n. 4).
Circa i soggetti, il codice (art. 151 cod. pen.) vieta l'applicazione dell'amnistia a coloro che (si ritiene alla data del decreto e anche per reati successivi a quello previsto) siano colpiti da recidiva aggravata, e ai delinquenti abituali, professionali e tendenziali, salvo che sia disposto altrimenti. L'applicazione dell'amnistia può essere sottoposta a obblighi (per es.: risarcire il danno o, per i reati finanziarî, il pagamento del tributo).
Durante il regime monarchico, l'amnistia era concessa con decreto, nonostante qualche riserva fosse formulata dalla dottrina. Nel 1920 un progetto Nitti-Mortara di affidare al parlamento l'esercizio del potere di amnistia fu travolto dalla crisi ministeriale, e questo rimase attribuito alla prerogativa sovrana in quanto spettante al potere esecutivo. L'ultima amnistia reale fu concessa con il decr. legge 29 marzo 1946, n. 132 (militare). La costituzione 1948 (art. 79) stabilisce che l'amnistia può esser concessa dal presidente della repubblica in virtù di legge. Una prima applicazione si è avuta con il decr. legge di delega 29 gennaio 1948, n. 28, e con il successivo decr. pres. 9 febbraio 1948, n. 32.
Bibl.: V. Manzini, Trattato di diritto penale, III, Torino 1934, p. 364; C. Saltelli, E. Romano di Falco, Commento al codice penale, I, Roma 1930, p. 683; P. Frisoli, L'amnistia e l'indulto nella vigente legislazione penale, Milano 1933; G. Franchina, Manuale delle amnistie, indulti e grazie, Roma 1940; A. de Mattia ed S. Mauceri, Amnistia e indulto nel decreto 22 giugno 1946, numero 4, Bologna 1946.