AMO (dal lat. hamus; fr. hameåon; sp. anzuelo; ted. Fischangel; ingl. fish-hook)
La pesca, sino dai primordî, ha costituito uno dei mezzi principali di alimentazione umana, pari in importanza alla caccia, e per numerose popolazioni che abbiamo motivo di ritenere ittiofaghe addirittura l'unico mezzo di sussistenza. È naturale quindi che l'intelligenza dell'uomo si sia rivolta all'invenzione degli strumenti necessarî a questa risorsa vitale. Quale sia stato l'amo dei trogloditi paleolitici non possiamo dire con sicurezza. Non è improbabile che alcune punte d'osso di corno o di selce dei periodi solutreano e maddaleniano siano state adattate ad ami, munendole di un segmento trasversale che funzionava da (v. arpione) sono stati usati in luogo di ami. Pertanto l'amo più antico che conosciamo non oltrepassa l'età neolitica. È fabbricato specialmente in osso o in corno o in schegge di conchiglie, come ad esempio i tre ami trovati dall'Issel nella caverna delle Arene Candide (Liguria). Di selce conosciamo soltanto alcuni esemplari piccolissimi, che presentano di lato un taglio semilunare. Sono note col nome di selci pigmee o selci di Tardenois, poiché sono state ritrovate in gran numero a Fère-en-Tardenois (Aisne). L'amo d'osso o di corno nella sua prima forma non è che un semplice arpione con un solo uncino. A un'estremità c'è il foro per il passaggio del filo. Il tipo permane presso qualche popolazione anche nelle età del rame e del bronzo, mentre nelle palafitte dei nostri laghi raggiunge la forma ancora in uso oggidì. Ha cioè una punta uncinata mentre l'estremità superiore si ripiega in modo da formare un occhiello.
I Greci costruirono ami (ἄγκιστρον) in bronzo sino alla fine del sec. II d. C., usando per altro contemporaneamente anche ami in ferro. Essi distinguevano lo stelo (καυλός), il gancio (γένυς), la punta (αἰχμὴ o ἀκωκή) e l'uncino (χεῖλος). I nostri musei conservano ami doppî e per l'età romana anche quadrupli disposti agli angoli d'una tavoletta di piombo. Alcuni altri erano fermati ad una catena per non essere strappati dalla forza di qualche pesce più grosso (hamus catenatus: Plinio, Nat. hist., IX, 17, 1).
L'amo moderno è sostanzialmente un ago d'acciaio incurvato, la cui branca più corta è foggiata a dardo; l'ardiglione, in cui esso termina, deve essere ben tagliato e la sua ripiegatura distante. Essa è disposta in modo che, quando la punta dell'amo perfora il tessuto palatale del pesce, opponga un'intrinseca resistenza allo sforzo compiuto da questo per liberarsene. La branca più lunga è generalmente terminata da una porzione piatta, o paletta, a mezzo della quale si stringe il nodo della lenza; talvolta, più raramente, da un anello. L'amo è dritto o ricurvo a seconda che la sua punta si trovi o meno nel piano verticale che passa per l'asse della branca più lunga. Gli ami di quest'ultimo tipo sono preferiti.
Gli ami possono essere doppî o tripli (grappini), o avere anche più di tre punte; le loro dimensioni variano. In commercio si numerano generalmente dall'1 al 24 e la numerazione è in ragione inversa della loro grossezza. Ve ne sono di tipi svariatissimi: i più comuni sono gli inglesi lunghi a paletta, i kirby rinforzati, i limericks o irlandesi, ecc.
Requisiti di un buon amo: gambo e curva regolari, punta perfettamente acuminata, acciaio non troppo temprato. Gli ami a paletta sono spesso preferiti a quelli ad anello, facendo essi corpo con la lenza ed essendo quindi meno soggetti a spostamenti.
Oltre agli ami regolari descritti, ve ne sono di speciali: ami piombati; a molla; ad ago, adoperati in speciali generi di pesca (v. pesca).
Bibl.: Daremberg e Saglio, Dict. des antiq. grecques et romaines, III, Parigi 1900; Ameilhon, Recherches sur la pêche des anciens, in Mém. de l'Institut Nat., Littér. et beaux-arts, V (a. XII), p. 359; E. Krause, Vorgesch. Fischereigeräte, Berlino 1904; R. Forrer, Reallex. d. prähist., klass. u. früchristl. Altert., Lipsia 1907; A. Issel, Liguria preistorica, Genova 1908, p. 413; I. Hoops, Reallex. d. germanischen Altertumskunde, I, Srasburgo 1911; M. Hoernes, L'uomo, storia naturale e preistoria, II, Milano 1913; J. Déchelette, Manuel d'archéol. préhist. celtique et gallo-rom., Parigi 1908-1914, I e II; M. Ebert, Reallex. d. Vorgesch., Berlino 1924. - Per la parte moderna, v.: I. G. Albert-Petit, Cunisset-Carnot, ecc., La pêche moderne, Parigi 1921, p. 144 segg.; L. Manetti, Manuale del pescatore, p. 44 segg.; G. Lanorville, Nouveau manuel pratique du pêcheur à la ligne, Parigi 1922, p. 23 segg.; G. de Mortillet, Origines de la chasse, de la pêche, etc., Parigi 1920.