Amor mi fa sì fedelmente amare
. Con questo sonetto (ABBA, ABBA: CDE, CDE), Dante da Maiano propone a D. una nuova tenzone: la terza, per il Barbi (Rime XLVI), la seconda per il Santangelo; anteriore, comunque, a quella relativa al primo sonetto della Vita Nuova. Contro l'auctoritas ovidiana (Rem. am.), il Maianese afferma che non v'è altro rimedio per il mal d'amore se non implorare grazia, " esser sofferente " e " ben servir " (vv. 12-13). D. risponde col sonetto Savere e cortesia. Domina qui la tematica cortese, con la sua casistica amorosa fra Ovidio e Andrea Cappellano, espressa in forme siculo-provenzaleggianti di diretta ascendenza guittoniana. C'è però, rispetto alle altre tenzoni, maggiore fluidità sintattico-discorsiva, un rifuggire dalle rime equivoche, dalle ambiguità e oscurità compiaciute, che fanno pensare non al tecnicismo più arduo di Guittone, ma alla sua tendenza allo svolgimento meditativo, connesso al gusto dell'osservazione psicologica e della moralità sentenziosa. v. anche PROVEDI SAGGIO.
Bibl. - S. Santangelo, D.A. e Dante da Maiano, in " Bull." XXVII (1920) 61-75 (rist. in Saggi dant., Padova 1959; Barbi-Maggini, Rime 170 ss.; Contini, Rime 18 ss.; Barbi-Pernicone, Rime 170 ss.