ĀMŌRĀ (plurale Āmōrē, Āmōrīn, ital. amoreo, amorei; dalla radice 'mr "dire, parlare", quindi "parlatore", nel senso di "espositore, interprete")
Denominazione dei dottori talmudici dell'epoca posteriore alla redazione della Mishnāh per opera di Yĕhūdāh ha-Nāsī, fino alla redazione del Talmūd babilonese, ossia dall'inizio del sec. III alla fine del sec. V. Poichè il contenuto fondamentale della tradizione giuridica giudaica era stato raccolto da Yĕhūdāh ha-Nāsī nella sua Mishnāh, e questa aveva acquistato subito valore canonico, i dottori dell'epoca successiva, cioè gli amorei, considerarono la Mishnāh come punto di partenza della loro attività, che consisté principalmente nell'esplicare la Mishnāh, nel ricercarne e determinarne le fonti, nell'esaminarne criticamente il contenuto nel risolvere o tentar di risolvere le contraddizioni interne di essa o quelle che essa presenta con altre tradizioni coeve, e nello stabilire sul fondamento di essa e delle altre antiche tradizioni le norme da seguirsi in casi nuovi non ancora previsti dalle fonti giuridiche. Le principali scuole amoraiche futono, in Palestina (sec. III-IV): Tiberiade, Seffori, Cesarea, e in Babilonia (sec. III-V): Nĕhardĕ‛ā, Sūrā, Pum Bĕdītā, Māḥūzā. Il numero degli amorei conosciuti è di oltre duemila. Essi sono classificati in due categorie: amorei palestinesi (insigniti di solito del titolo di Rabbī), e amorei babilonesi (insigniti di solito del titolo di Rab). Inoltre essi sono distinti per generazioni, un po' diversamente ripartite dai varî studiosi; Strack classifica i palestinesi in cinque generazioni, e i babilonesi in sette. I principali amorei furono: Palestina, 1ª gener.: Hōsha‛jāh, Yĕhūdāh II, Yĕhōshūa‛ ben Lēvī; 2ª gener.: Yōchānān b. Nappāchā, Shim‛ōn b. Lāqīsh; 3ª gener.: Abbāhū, Ammī, Assī, Yĕhūdāh III, Zĕ‛ērā; 4ª gener.: Yirmĕjāh, Hillēl II; 5ª gener.: Yōnāh, Yōsē II, Yĕhūdāh IV, Tanḥūm b. Abba; Babilonia, 1ª gener.: Abbā Arīkā o Kab, Shĕmū'ēl; 2ª gener.: Hūnā, Yĕhūdāh b. Yĕḥezaēl; 3ª gener.: Hūnā b. Hijjā, Ḥisdā, Rabbāh, Yōsēf b. Ḥijjā; 4ª gener.: Abbayyē, Rābā, Naḥmān b. Yiṣḥāq; 5ª gener.: Pappā; 6ª gener.: Ămēmar, Āshī; 7ª gener.: Rābīnā II.
Talvolta il vocabolo āmōrā ha nella letteratura talmudica un altro significato; designa cioè l'espositore che nelle lezioni o nelle conferenze sedeva accanto all'oratore o al maestro, e esponeva ad alta voce o più ampiamente ciò che egli diceva a voce bassa o in modo succinto.
Bibl.: Strack, Einleitung in Talmud u. Midrasch, 5ª ed., Monaco 1921, pp. 3-4, 116-117, 135-159, e bibliografia ivi citata; Encycl. Jud., II, 1928, colonne 630-686; elenco degli amorei, ivi, coll. 643-686.