Amore e monna Lagia e Guido ed io
Sonetto (Rime dubbie I; schema ABBA ABBA CDE EDC) attribuito a D. solo dal codice Marciano It. IX 191; dagli autorevoli Chigiano L VIII 305 e Magliabechiano VII 1060 assegnato invece a Guido Cavalcanti: attribuzione quest'ultima senza dubbio errata - si può pensare, come presuppose il Barbi, a uno scambio col nome del destinatario - in quanto il Guido dei versi 1 e 12 altri non può essere che il Cavalcanti.
Difficile, per non dire impossibile, è spiegare il contenuto del sonetto, uno dei più tormentati dagli esegeti; non pochi dei quali, per voler spiegare ogni cosa, sono costretti a forzare significati e sintassi: come ad esempio fa il Salvadori, il quale, per sostenere la paternità del Cavalcanti, considera Guido l'anima dell'autore, io l'intelletto di Guido medesimo, che verrebbero perciò a contrapporsi dialetticamente.
Ma i risultati delle interpretazioni anche così forzate sono lontani dal soddisfare, giacché è impossibile spiegare quelli che evidentemente sono accenni a fatti e persone troppo contingentemente legati al loro tempo, o ristabilire lezioni testuali ormai corrotte. Tutto quel che si riesce a comprendere è che per causa di un ser costui (forse Lapo Gianni, dato che nel sonetto è nominata monna Lagia, la sua donna) che ha offeso Amore (se il ser costui è Lapo, egli lo avrebbe potuto offendere col sonetto Amor, nova ed antica vanitate), Amore stesso (o, secondo quanto proposto dall'Ortiz e dal Di Benedetto, Beatrice, di cui Amor sarebbe il ‛ senhal '), monna Lagia, Guido e l'autore sono stati costretti ad allontanare una persona (Lapo stesso) che era venuta meno alle leggi del servaggio d'amore.
La chiusa (vv. 13-14) è indubbiamente la parte più oscura del sonetto, e assai poco persuasive ne sono le spiegazioni date sino a oggi, sia quella del Corbellini (" e anche a me, in quanto sappia acconciarmi alla virtù di Guido, alla sua recisa e imperturbata condotta. Ma nessuno forse vorrà credere che il fatto deplorevole mi sia piaciuto: fu una delusione "), sia quella del Di Benedetto, che forza i periodi con un'interpretazione improbabile; sia la più recente del Pézard (" Je loue Guido également, qui s'est tenu à l'écart de ces sottises. Pour moi, si j'ai pu tomber sous l'empire du fȃcheux [si j'ai supporté la présence qu'il nous imposait], croit-il vraiment que je m'y sois complu? ").
Anche a voler diffidare dell'assegnazione a D. nel codice Marciano - un codice non esente da errori in fatto di attribuzioni -, si può affermare che vi sono forti probabilità che il sonetto sia di D., giacché esso, oltre a richiamare l'incipit Guido, i' vorrei, in cui sono inoltre nominati gli stessi personaggi, presenta affinità di contenuto (l'amore di Lapo per monna Lagia) con due sonetti del Cavalcanti, Se vedi Amore e Dante, un sospiro messaggier del core. Se è pur vero che " nulla prova che i sonetti stessero in relazione fra loro (come sarebbe per una tenzone) " e che tra essi " c'è solo affinità di genere " (Barbi-Maggini), un certo qual rapporto tra questi sonetti esiste, anche se eccessiva è la proposta del Corbellini di considerare Amore e monna Lagia responsivo di Se vedi Amore (il secondo infatti " non riuscirebbe del tutto a tono ", Contini), e se troppo vaga è la supposizione (Contini) che il sonetto facesse parte, con i due del Cavalcanti e quello di D., di una più nutrita serie di componimenti, alcuni dei quali irrimediabilmente perduti.
Bibl. - G. Salvadori, Sulla vita giovanile di D., Roma 1907, 140; J.E. Shaw, The sonnet of G. Cavalcanti " Amore e monna Lagia ", in Studies in honour of A. Marshall Elliott, Baltimora 1911; R. Ortiz, Studi sul canzoniere di D., Bucarest 1923, 156; A. Corbellini, Lapo Fiorentino reietto della Corte d'Amore, Pavia 1925; L. Di Benedetto, Fra gli amori di D. e del Cavalcanti, Napoli 1928; ID., Sulle opere minori italiane di D., Salerno 1947,11; Contini, Rime 229-231; A. Pézard, " La rotta gonna ", I, Firenze-Parigi 1967, 99; Barbi-Pernicone, Rime 663.