CASSIOLI, Amos
Nacque ad Asciano (Siena) il 10 ag. 1832, da Domenico, modesto caffettiere, e da Assunta Mazzoni. Fu iniziato agli studi dallo zio Ottavio Cassioli, organista della cattedrale di Arezzo, che intendeva indirizzarlo alla carriera ecclesiastica. La morte del padre gli impedì di proseguire regolarmente la propria istruzione e lo costrinse a cercare lavoro ad Asciano per mantenere la famiglia. Fu grazie all'interessamento dei monaci di Monte Oliveto Maggiore, e soprattutto alla generosità di alcuni privati, che poté riprendere gli studi e la pittura, verso la quale si mostrava particolarmente indirizzato. Ottenuta infatti una pensione, poté entrare nel 1850 all'Accademia di Belle Arti di Siena, dal 1851 diretta da L. Mussini, che ebbe particolare stima del C. ed esercitò un ruolo determinante per i suoi indirizzi e le sue scelte. Dal granduca Leopoldo II gli fu concesso un assegno mensile per un soggiorno a Roma, dal novembre 1856, ospite del ministro Bargagli al palazzo di Firenze. Questo soggiorno, protrattosi fino al 1860, fu particolarmente importante per il C., che frequentò i giovani artisti che allora si trovavano a Roma e soprattutto quelli dell'Accademia di Francia, tra i quali Edgar Degas e jacques Henner, la cui conoscenza influenzò l'impostazione della sua prima produzione ritrattistica.
Tra i primi saggi di questo periodo, infatti, sono l'Autoritratto ad acquerello e il Ritratto di donna, sempre ad acquerello, conservati in case private (cfr. Del Bravo), e i due Ritratti virili a matita di Firenze (coll. privata). In queste opere è notevole la vicinanza a Degas, dovuta anche alla lontana, comune matrice: Ingres (la cui opera il C. può aver conosciuto sia direttamente sia - soprattutto - attraverso il Mussini). I ritratti eseguiti negli ultimi anni di permanenza a Roma mostrano invece un diretto interessamento a Henner, che si traduce in un segno più rarefatto e sottile, in una intensa ricerca psicologica: sono l'Autoritratto (1859) dell'Istituto d'arte di Siena, i ritratti dell'amico Stanislao Pointeau (1859 e 1861; Firenze, coll. private). Questa interessante esperienza giovanile nel campo del ritratto non fu però destinata ad avere seguito, essendosi l'attività del C. indirizzata verso una pittura accademica sotto l'influsso (specie nei primi anni) del purismo toscano.
Nell'anno 1859, dopo la caduta del granducato, il nuovo governo toscano bandì un concorso di pittura e scultura, che il C. vinse con il cartone della Battaglia di Legnano (la stesura definitiva, terminata nel 1870, è nella Galleria d'arte moderna di Firenze). Nel 1860, rientrato da Roma, vinse l'alunnato della Fondazione Biringucci di Siena con il bozzetto La morte di Machiavelli. Sempre per la Fondazione Biringucci dipinse una nuova versione di Dante e Casella, la cui stesura primitiva (Roma 1858) aveva suscitato le critiche degli esponenti del purismo accademico. Nel 1861 partecipò all'Esposizione nazionale di Firenze con due ritratti, aggiudicandosi la medaglia, in seguito respinta pubblicamente per i dissensi creatisi tra giuria e artisti. Del 1864 è uno dei più importanti saggi di adesione alla poetica purista: Cino da Pistoia e Selvaggia (Siena, Pie Disposizioni). Nel 1868 disegnò il fodero della spada offerta dall'esercito a Umberto di Savoia. Sempre nel 1868 a Siena vinse con il quadro Galeazzo Sforza e Lorenzo de' Medici (Siena, collez. Saracini) un premio governativo, e gli fu commissionato, con pubblica sottoscrizione, il Provenzan Salvani da porsi nel palazzo pubblico di Siena (premiato all'Esposiz. di Vienna del 1873).
La sua produzione si indirizzò sempre più decisamente verso opere di gusto storico o letterario, di stesura più disimpegnata che nei lavori giovanili, ma sempre concepite nell'ambito della tradizione accademica. Nel 1886 eseguì, con P. Aldi e C. Maccari, la decorazione ad affresco della sala monumentale del palazzo pubblico di Siena in onore di Vittorio Emanuele II: dipinse La battaglia di San Martino e La battaglia di Palestro, aiutato dal figlio Giuseppe. Lavorò anche per la nuova facciata del duomo fiorentino, fornendo il cartone per uno dei mosaici, La Carità con i fondatori delle Opere pie. Negli ultimi anni della sua vita eseguì affreschi per monumenti funerari come la cappella Franci nel cimitero della Misericordia a Siena (1887) e la cappella Guerrazzi nel cimitero di Livorno, i cui affreschi ispirati al Purgatorio dantesco, sua ultima opera, furono terminati dal figlio Giuseppe.
Morì a Firenze il 17 dic. 1891.
Fonti e Bibl.: oltre i catal. delle Esposizioni cit., cfr. la conferenza commemor. tenuta al Circolo degli artisti di Firenze da P. Ferrini (Yorick), pubbl. in La Domenica fiorentina, 21 febbr. 1892, coi titolo: A. C. pittore; Barbarossa disfatto a Legnano. Quadro dei Prof. A. C., in LaRiv. europea, IV (1870), 1, pp. 174 ss.; Educ. Rachitici "Regina Margherita", Strenna 1893, Venezia 1893, pp. 54 S. (con una lettera del C. ad A. Pavan, dei 17 ag. 1870); Uriel [G. Ferri], Il primo quadro di A. C., in Natura ed arte, VII (1897-98), pp. 806 ss.; A. R. Willard, Hist. of Modern Italian Art, London-New York 1898, pp. 409, 430-433, 441; N. Mengozzi, Il Monte dei Paschi, in Arte antica senese, il (1905), p. 554; [Id], Lettere intime di artisti senesi (1852-1883), Siena 1908, passim;G. Pignotti, I pittori senesi della Fondaz. Biringucci, Siena 1916, pp. 125 ss.; L. Sbaragli, A. C. Pittore, in Bullett. senese di storia patria, V (1933), pp. 213-234; A. G. Cassioli, A. C. Pittore, in Firenze, III (1934), 3, pp. 73-76; C. Dei Bravo, A. Visconti e la gioventù di A. C., in Antichità viva, VI (1967), 6, pp. 3-28; Ingres e Firenze (catal.), Firenze 1968, p. 171; Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale (catal.), Firenze 1972, pp. 142, 187 s.; Storia della Pittura italiana dell'Ottocento, I-III, Milano 1975, ad Indicem; Musei e gall. di Milano, L. Caramel-C. Pirovano, Gall. d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, Milano 1975, I, p. 40 e fig. 476; R. J. M. Olson, Italian 19th century... (catal.), New York 1976, n. 40 fig. 34; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 530; Encicl. Ital., IX, p. 338.