Oz, Amos
Oz, Amos. ‒ Pseud. dello scrittore e giornalista israeliano Amos Klausner (n. Gerusalemme 1939), tra i più autorevoli del proprio Paese, fondatore (con A. Yehoshua e D. Grossmann) del movimento Shalom Akhshav («Pace adesso»), fautore di una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese; è docente di letteratura all’Università Ben-Gurion del Negev, a Be’er Sheva. L’adolescenza segnata nel 1952 dal suicidio della madre, dopo aver cambiato il cognome in Oz (in ebraico «forza, determinazione») ha studiato filosofia e letteratura ebraica all’Università di Gerusalemme e ha combattuto come volontario nelle forze di difesa israeliane, dove ha maturato una posizione politica pacifista (quella delle ‘colombe’), pur continuando a sostenere le ragioni della «giusta guerra» di Israele contro il fondamentalismo musulmano. Fin dagli esordi letterari lo stile narrativo di O. ha prediletto un taglio introspettivo, con cui ha espresso la complessità conflittuale della società israeliana riverberandola nel filtro di relazioni personali inquiete e contraddittorie. Se negli anni Settanta ha analizzato le radici storiche del dramma israeliano in opere come le due novelle di 'Ad mavet (1971, «Fino alla morte») e i tre racconti di Har ha-'eṣā ha-ra'ā (1976; trad. it. Il monte del cattivo consiglio, 2011), negli anni Ottanta O. è ricorso spesso al parallelo tra vita familiare e di coppia e conflitti dell’intera società: come per es. in Mĕnūḥānĕkhōnā (1982; trad. it. Una pace perfetta, 2009) e ancor più nel romanzo epistolare Qufsā shĕḥōrā (1987; trad. it. La scatola nera, 2002), dove il disfacimento di un matrimonio si fa metafora di una terra dilaniata da conflitti insanabili. Negli anni Novanta il lavoro letterario di O. ha avuto un taglio più sperimentale, come nell’autobiografia romanzata Pantēr ha-martēf (1995; trad. it. Una pantera in cantina, 1999) e nella singolare mescolanza di lirica, narrazione e diario di Oto ha-yam (1999; trad. it. Lo stesso mare, 2000). Tra le molte opere del nuovo millennio, spiccano l’autobiografico Sipour al ahava vehoshekh (2002; trad. it. Una storia d’amore e di tenebra, 2003), dove l’autore ripercorre oltre un secolo di vicende familiari e personali in un partecipato flusso di coscienza, l’apologo fiabesco Pit'om be'omek ha ya'ar (2005; trad. it. D’un tratto nel folto del bosco, 2005) e Charusei ha-chaym ve-ha-mavet (2007; trad. it. La vita fa rima con la morte, 2008), descrizione dei pensieri dello scrittore nell’osservazione degli spettatori di un incontro letterario di cui è protagonista. Se un inquietante senso di mistero permea la storia di Tmunot mechayei hakfar (2009; trad. it. Scene dalla vita di un villaggio, 2010), più bozzettistica è la serie di otto brevi ritratti dell’umanità di un kibbutz di Ben Haverim (2012; trad. it. Tra amici, 2012). Tra i numerosi saggi politici, sintomatici del suo tormentato attivismo pacifista, la raccolta di lezioni tenute nel 2002 The Tubingen lessons. Three lectures (trad. it. Contro il fanatismo, 2004).