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AMULETI
Oggetti che in antico si portavano indosso nell'intento di preservarsi dalle malattie o dai malefici. L'amuleto si differenzia dal talismano, in quanto è destinato a difendere chi lo porta dal male, dalle ferite, dalla morte, mentre il talismano è un oggetto cui le credenze superstiziose attribuiscono il potere di esercitare un'influenza straordinaria. Il valore magico era dato all'a. sia dalla materia sia dalle iscrizioni o dai disegni incisi. In virtù di questi ultimi, l'esame degli a. ha un valore particolare nello studio della storia dell'arte, oltreché della religione e della vita quotidiana, presso le civiltà del mondo antico.
Oriente. - Gli a., usati nella Mesopotamia fin dal periodo preistorico, ebbero la loro massima fioritura nel periodo cassita (XVI-XII secolo a. C.) e in quello neo-assiro (XII-VII sec. a. C.). Erano spesso delle semplici pietre, caratteristiche per la forma o per il colore, alle quali erano attribuite determinate qualità: cosi, ad esempio, quelle bianche erano chiamate "pietre del latte" in quanto ritenute alimentatrici delle giovani madri, mentre quelle verdi dovevano allontanare il malocchio, come le agate e le onici che presentavano la forma approssimativa di un occhio umano. Ma accanto a tali pietre prive di lavorazione non mancavano oggetti che recavano incisi motivi figurati, di cui i più frequenti erano l'albero, la croce, la barca, alcuni elementi di collana e, a volte, figure umane (come quelle che si usavano durante la festa del Capodanno, l'akītu); anche le corna taurine avevano valore apotropaico, ed è testimoniato dai testi letterari l'uso dei sigilli anche come amuleti. Vi erano inoltre alcuni a. in oro, che imitavano gli esemplari di pietra o di argilla, come quelli portati dagli stessi dèi, o dai re assiri quando celebravano cerimonie religiose, onde garantirsi dal contatto diretto col divino; questi ultimi a. erano costituiti da collane d'oro formate dai simboli delle varie divinità: il disco solare, la mezzaluna, la stella di Ishtar, la folgore, ecc.
Particolare importanza ha un gruppo di a., ora conservato in parte al Louvre, in parte al British Museum, risalenti al Protodinastico (XXX-XXIV secolo a. C. circa) e costituiti da piccoli animali di pietra appena abbozzati, con la figura ricavata ritoccando leggermente la pietra; gli animali sono ritratti specialmente nell' atteggiamento del "galoppo volante", piuttosto inconsueto nella Mesopotamia, mentre è frequente nell' Egeo.
Presso gli Ebrei, cui la legge mosaica vietava l'uso degli a., si trovano dei filatteri costituiti da pezzi di pergamena su cui sono scritti versetti biblici; essi erano tenuti in sacchetti di cuoio legati al braccio sinistro e al capo (tĕfillīm); tali filatteri, quantunque in origine con un carattere spiccatamente religioso, assunsero più tardi il valore di veri e propri amuleti.
Bibl: P. Thomsen, in M. Ebert, Reallex. d. Vorgesch., I, 1924, pp. 160-163, s. v. Amulett; E. Douglas van Buren, Amulets in ancient Mesopotamia, in Orientalia, XIV, 1945, pp. 18-23; G. Contenau, Manuel d'arch. orientale, IV, Parigi 1947, p. 2032 ss.; B. L. Goff, The Rôle of Amulets in Mesopotamian Ritual Texts, in Journ. Warburg and Courtauld Inst., XIX, 1956, pp. 1-39.
Egitto. - L'uso degli a. in Egitto risale naturalmente alla più remota antichità: ma esso è contenuto in una misura assai limitata nell'epoca classica. Per il Medio Regno particolarmente importanti i "bumerang" di avorio con disegni e formule magiche. Con il Nuovo Regno, e assai più nella bassa epoca, il numero e la voga degli a. si allargano di molto. Oltre a statuette di divinità si hanno scarabei, nodi isiaci, poggiatesta, immagini di scettri, scale, squadre, dita e occhi di Horus, croci ansate, penne, rane, cuori, ecc. Le materie impiegate sono le più varie: terra smaltata, metalli, e assai spesso pietre semipreziose. Il momento di fioritura di una assai raffinata industria degli a. è l'epoca saita, in cui ci si compiace di un nitido lavoro e di un armonico disegno.
Bibl: W. Fl. Petrie, Amulets, Londra 1914; F. Lexa, La magie dans l'Égypte ancienne, 3 voll., Parigi 1925, vol. I, pp. 80-98, e tavole relative.
(S. Donadoni)
Grecia, Etruria e Roma. - Nel mondo greco e romano si attribuiva agli a. il potere di preservare dalle malattie e dai malefici e di distornare i cattivi influssi dalle persone alle quali erano diretti. La parola, forse di origine orientale, si trova in latino per la prima volta in Plinio (Nat. hist., xxx, 15, 47; xxxvii, 3, 12). L'uso degli a. nacque dalla medicina (Plin., Nat. hist., xxx, 1) ed ha origine dalla superstizione che attribuisce a potenze occulte i mali che non possiamo spiegare. Ad essi si ricorreva per alleviare i mali fisici e per prevenirli. La maggior parte degli a. proviene dall'Oriente: sulle pietre che avevano una certa influenza abbiamo anche un poemetto orfico, Λιϑικά, che ne celebra le virtù misteriose. Da esso, citato da Plinio (Nat. hist., xxxvii, 3, 54; ix, 118, 10), sappiamo che l'agata, nei suoi vari colori, aveva effetto contro i morsi degli scorpioni e dei ragni, gettava discordia in famiglia e rendeva un atleta invincibile; il diamante aveva influenze benefiche e scacciava la melanconia; il cristallo propiziava la divinità; il corallo e l'ambra avevano grandi virtù profilattiche. Tra i metalli, il ferro aveva proprietà magiche e l'oro virtù profilattiche. La maggior parte degli a. è sotto forma di gioielli ed ornamenti di tutte le specie, di pietra e di metallo prezioso che si portavano in molte maniere, sospesi al collo o al petto come collane e pendagli isolati o anche passati in cintura attraverso il capo o in un dito (anulus), in braccialetto (armilla), in orecchino (inauris). Gli a. che non potevano essere portati in parure come quelli di pietra sopraddetti, erano fermati in sacchetti o capsule d'oro o di bronzo chiamate bullae, che si portavano sospese al collo, ad un braccio o al petto, attaccati spesso a collane e che contenevano anche formule magiche o raffigurazioni di vario significato. Oltre le bullae vi erano anche le lunulae, pendagli lunati; altri oggetti molto vari che i bambini portavano al collo erano i crepundia. Le pietre, l'ambra, il corallo, i metalli, portati come amuleti, presentano qualche figura simbolica ed hanno impressi caratteri, numeri e formule magiche.
Alcuni piccoli a. sono decorati con una figura femminile stante, ignuda, con una mano alla bocca, e con l'altra dietro, che doveva preservare contro ogni parola imprudente che potesse attirare una sorte malvagia. Si trovano pure figure virili nello stesso atteggiamento ed altre con una doppia testa rappresentante, da una parte, una faccia umana, dall'altra quella di un leone.
Era naturale che si pensasse a riunire intorno ad una divinità preferita gli emblemi di altre dalle quali sperare soccorso. Si è chiamata Panthea questa figura sulla quale vediamo raggruppati molti attributi di Arpocrate, della Fortuna, di Venere, di Amore, di Minerva, tutti attributi che appartengono a culti differenti. Talvolta questi attributi appaiono soli senza le figure di divinità.
Molti a. hanno forma di teste di animali feroci, come il leone, il lupo, o inoffensivi, come il cavallo e l'asino. Le stesse figure immaginarie, come il grifone, la sfinge, la sirena, sono state adattate su tutti i mobili, sulle armi, sui vestiti, portati come gioielli, posti su muri, sulle porte, dappertutto per preservarsi dalla sorte maligna. Apotropaiche per eccellenza erano le maschere della Gorgone, le rappresentazioni dei genitali maschili o femminili, figure di satiri e di sileni ed altre immagini legate al culto bacchico. Queste si dipingevano e scolpivano sui muri, sulle porte, fra gli ornamenti dei fregi del tetto; entravano nella decorazione di ogni sorta di utensili, di mobili, di armi, ecc. Quando non facevano parte integrante di un oggetto vi erano esteriormente attaccati. In una collana rinvenuta in una tomba di Kerč in Crimea, si trovarono riuniti moltissimi a. tra cui un leone, una rana, una testa di gallo, uno scarabeo, un fallo, un'erma itifallica, pietre, pezzi di vetro, ecc. Lo scarabeo è l'a. per eccellenza, a causa del suo frequente impiego. È un simbolo egiziano che, passando in Grecia ed in Italia, perde il suo significato originario di rappresentante di Phtaḥ, creatore dell'universo. Una parte degli scarabei trovati in Italia sono importati dall'Egitto, ma la maggior parte sono fabbricati in Grecia e soprattutto in Etruria. Gli scarabei etruschi sono in massima parte in cornalina, in onice, in agata, in vetro. Se ne trovano anche in oro, minuziosamente lavorati in tutti i minimi particolari. Una splendida collana da Vulci, ora al Louvre, è formata di 23 scarabei in oro con incisioni, nella superficie inferiore piatta, di animali ed oggetti appartenenti alla mitologia greca: queste figure distinguono originariamente gli scarabei etruschi da quelli provenienti dall'Egitto.
Valore di a. era attribuito alle monete di Alessandro Magno, che una singolare superstizione faceva ricercare come apportatrici di successo nelle imprese (Treb. Poll., Trig. Tyr., 14); v. anche bulla; gnostiche, gemme.
Bibl: E. Labatut, in Dict. Ant., I, p. 252 ss., s. v. Amuletum; C. W. King, Talismans and Amulets, in Arch. Journ., XXVI, 1869, p. 25; W. A. Campbell Bonner, Magical Amulets, in Harvard Theological Review, XXXIX, 1946, pp. 25, 56; id., Studies in Magical Amulets Chiefly Graeco-Egyptian, Londra 1950.
(L. Rocchetti)