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AMULETI

di F. Silvano; G. Pisano - Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)
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Vedi AMULETI dell'anno: 1958 - 1994

AMULETI (v. vol. I, p. 330)

F. Silvano; G. Pisano

(v. vol. I, p. 330). Egitto. - Gli a. venivano portati in vita soprattutto come pendenti, infilati in collane o bracciali, ma ben presto furono usati per proteggere anche i morti, i quali, continuando la loro vita nell'aldilà, dovevano seguitare a indossarli per poter usufruire anche lì dei loro benefici. Così, a partire dal Nuovo Regno, ogni parte del corpo fu sottoposta alla protezione specifica di qualche a. e sopra, sotto, intorno al corpo e fra le bende che lo avvolgevano, furono dislocati in gran numero a. di ogni tipo, secondo una disposizione che appare più o meno la stessa fino all'epoca tolemaica, quando iniziarono a essere distribuiti a caso sul corpo.

Sono stati fatti varî tentativi di classificare gli a. egiziani in base alla forma, che certamente in origine era strettamente collegata al loro significato; in un secondo tempo invece si aderì maggiormente all'idea che fosse il valore geroglifico a dare un senso o un altro all'amuleto.

Dai tempi più antichi fino al Medio Regno gli a. conosciuti sono quasi esclusivamente personali, di piccole dimensioni, e di solito infilati, alternati a grani di ceramica invetriata, a formare collane e bracciali. Gli a. più diffusi in seguito (cuore, scarabeo, pilastro djed, nodo di Iside) sono apparentemente sconosciuti in questo primo periodo, mentre altri, come p.es. la mano aperta o chiusa, scompaiono più tardi o si fanno più rari. Dopo il Medio Regno la tipologia include un gran numero di figure (uomini, donne, bambini) e parti di queste; poche sono le divinità, che invece abbondano in epoca tarda assieme a una serie di oggetti simbolici la cui funzione era indicata da vari capitoli del Libro dei Morti: quest'ultimo ci dà indicazioni anche sul materiale che doveva essere usato; p.es. si pensava che il feldspato trasmettesse salute e forza a chi lo portava e che l'oro fosse il materiale più efficace, essendo il metallo che simbolizza l'indistruttibilità. In epoca tarda si assiste a una moltiplicazione dei tipi e del numero degli a. funerari, alcuni dei quali, di solito i più preziosi, erano posti anche a diretto contatto della pelle del defunto, mentre altri potevano essere cuciti alle bende o alle reticelle di materiale vario che ricoprivano la mummia.

Bibl.: G. A. Reisner, Amulets, I (CGAECnn. 5218-6000·, 12001-12527), Il Cairo 1907; C. Bonner, Studies in Magical Amulets Chiefly Graeco-Egyptian, Ann Arbor 1950; G. A. Reisner, Amulets, II (CGAEC, nn. 12528-13595), II Cairo 1958; e. A. Budge, Amulets and Talismans, New York 1961; l. Kakosy, La magia in Egitto ai tempi dei Faraoni, Modena 1985, pp. 79-94.

(F. Silvano)

Fenicia e colonie. - Al repertorio figurativo egizio degli a. attinge la cultura fenicia e poi punica, indirizzando la scelta, in base a credenze largamente dipendenti da quelle egiziane e prevalentemente diffuse negli strati popolari, verso motivi più latamente magici. La documentazione, limitata in ambito siro-palestinese, conosce una notevole fioritura in Occidente, sì da costituire una caratteristica precipua dell'area punica. I tipi che accompagnano le deposizioni fenicie e puniche, sia d'incinerati che d'inumati, con maggiore e prevalente attestazione in tombe di donne e bambini, sono: l'occhio di Horus, Ptaḥ-pateco, Bes, Iside nutrice, Anubis, Thot, Tueri, l'ureo, il falco, il leone, il gatto, il coccodrillo. Quanto alla cronologia, la documentazione copre l'arco temporale compreso tra il VII e il III-II sec. a.C., con minore frequenza nel V sec. a.C. in conformità a quanto si verifica in Egitto.

Lo sviluppo della categoria nel mondo delle colonie fenicie d'Occidente passa dall'importazione, diretta o per via intermediaria, dall'Egitto (Naukratis e Memfi), alla produzione. Questa è ipotizzabile sulla base dell'ampia attestazione nell'ambito delle botteghe sarde e tharrensi in particolare. Infatti la pasta silicea (talvolta con smalto verde), materiale di più larga utilizzazione, e il talco erano ampiamente lavorati nel mondo punico, né vi era difficoltà di reperimento. La qualità piuttosto scadente e mediocre di una parte della produzione, che comunque serviva un mercato vasto e socialmente di livello uniforme e umile, suggerisce un'imitazione punica. Nell'ambito delle tipologie di tradizione egiziana, seppure selezionate e modificate da un'attività artigianale di routine, appaiono soluzioni proprie dell'esperienza figurativa punica: la ricerca del mostruoso inteso come diverso e difforme, la tendenza alla volgarizzazione e alla banalizzazione dei temi cultuali, con esiti naturalistici e ornamentali, la trasposizione di motivi iconografici da altre categorie agli a. con conseguenti problemi di passaggio e di adattamento. Una categoria distinta di a. è costituita dai piccoli tubi metallici sormontati per lo più da protome animalesca di carattere egittizzante (falco, leone, ariete, ecc.), che all'interno contengono sottili rotoli in lamina di metallo, eventualmente incisi e iscritti. L'oro e l'argento degli esemplari più antichi (VII-VI sec. a.C.) conferiscono loro la definizione anche di gioielli; successivamente prevalgono i reperti di bronzo e piombo. Le figurazioni egiziane riprodotte sui rotoli e le incisioni puniche suggeriscono anche in questo caso un'originaria importazione seguita da produzione locale. L'irradiazione e la distribuzione poi degli a. e dei manufatti egiziani ed egittizzanti nel Mediterraneo greco e italico sono legate precipuamente a correnti commerciali, delle quali si è fatto tramite spesso l'elemento fenicio e la cui complessa problematica rientra nel fenomeno dell'Orientalizzante.

Bibl.: G. A. Reisner, Amulets, I (CGAEC, nn. 5218-6000, 12001-12527), Il Cairo 1907; G. Vercoutter, Les objets égyptiens et égyptisants du mobilier funéraire carthaginois, Parigi 1945; P. Cintas, Amulettes puniques, Tunisi 1946; G. A. Reisner, Amulets, II (CGAEC, nn. 12528-13595), Il Cairo 1958; Β. Quillard, Les étuis porte-amulettes carthaginois, in Karthago, XVI, 1971- 1972, pp. 1-33; W. M. Flinders Petrie, Amulets. Introduction by Dr. Geoffrey T. Martin, rist. Warminster 1972; E. Acquare, Gli amuleti, in E. Acquare, S. Moscati, M. L. Uberti, Anecdota Tharrhica, Roma 1975, pp. 73-92; G. Clerc, V. Karageorghis, E. Lagarce, J. Leclant, Fouilles de Kition, II, Objets égyptiens et égyptisants, Nicosia 1976; E. Acquare, Amuleti egiziani ed egittizzanti del Museo Nazionale di Cagliari, Roma 1977; M. Malaise, Les scarabées de coeur dans l'Egypte ancienne, Bruxelles 1978; G. Hölbl, Beziehungen der ägyptischen Kultur zu Altitalien, I-II, Leida 1979; E. Acquaro, La collezione punica del Museo Nazionale «G. A. Sanna» di Sassari. Gli amuleti, in RStFen, Suppl. X, 1982, pp. 1-46; I. Gamer-Wallert, Ägyptische und ägypti- sierénde Funde von der Iberischen Halbinsel, Wiesbaden 1978; J. Padró i Parcerisa, Egyptian-Type Documents from the Mediterranean Littoral of the Iberian Peninsula before the Roman Conquest, I-III, Leida 1980-1985; G. Hölbl, Ägyptische Kulturgut im phönikischen und punischen Sardinien, Leida 1986; J. H. Fernández, J. Padró, Amuletos de tipo egipcio del Museo Arqueológico de Ibiza, Ibiza 1986; C. Müller Winkler, Die ägyptischen Objekt-Amulette, Friburgo-Gottinga 1987.

(G. Pisano)

Per la Cina v. Giada.

Vocabolario
amulèto
amuleto amulèto s. m. [dal lat. amuletum, voce di origine incerta]. – 1. Oggetto, per lo più di piccole dimensioni, al quale si attribuisce la virtù magica di prevenire o allontanare il male. 2. estens. fam. Qualunque oggetto (o anche persona...
crepùndie
crepundie crepùndie s. f. pl. (anche crepundî s. m. pl.) [dal lat. crepundia -orum, der. di crepare «fare strepito»]. – Nell’antichità, gli amuleti che i bambini portavano al collo, per lo più appesi a una collana, e per estens. altri trastulli...
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