ANAC
Sigla di Associazione Nazionale Autori Cinematografici, organismo fondato nel 1950 da un gruppo di autori fra cui Agenore Incrocci (Age), Alessandro Blasetti, Mario Camerini, Ettore G. Margadonna, Furio Scarpelli, Cesare Zavattini. Nata dallo scioglimento della precedente Associazione culturale cinematografica italiana (ACCI) presieduta da Zavattini, l'A. riuniva sia registi sia sceneggiatori; sotto questo profilo si differenziava dalle altre organizzazioni simili che nacquero in Europa nel dopoguerra, in cui le due categorie facevano capo a organismi rappresentativi diversi. Ma anche in Italia si distinse da tutte le altre associazioni di categoria inserendo nel suo statuto finalità di carattere culturale e politico collegate con il tema della libertà d'espressione.
Nei suoi oltre cinquant'anni di vita e nonostante conflitti interni e scissioni, l'A. è riuscita a mantenere ininterrotta la fusione di due anime: l'una legata alla difesa degli interessi diretti e materiali degli autori, l'altra sensibile alla tutela dei più generali interessi di tutta la cultura italiana. È sotto questa luce che vanno interpretate alcune fasi caratterizzanti la sua attività: la prima contestazione alla Biennale di Venezia dell'agosto 1960, gli interventi nell'elaborazione della nuova legge per la cinematografia voluta nel 1962 dal primo governo di centro-sinistra (l. 21 aprile nr. 161).
Nel 1968 il dualismo presente fin dalla fondazione provocò una scissione formale che, seppure fu di breve durata (rientrò nel 1975), ripropose la distinzione tra gli autori più sensibili alla critica e alle tematiche proposte dal movimento studentesco e quelli più attenti ai problemi legati alla vita professionale della categoria. Questi ultimi dettero così vita a una nuova organizzazione, denominata Associazione autori cinematografici italiani (AACI), in cui entrarono a far parte sceneggiatori come Suso Cecchi D'Amico, Sergio Amidei, Age e Scarpelli, e registi come Pietro Germi, Ettore Scola, Nanni Loy.In quegli anni l'A., guidata dal segretario generale Francesco Maselli e da presidenti come Ugo Gregoretti, Marco Ferreri, Pier Paolo Pasolini e Gillo Pontecorvo, organizzò un fronte di trentuno associazioni culturali e professionali che andavano da Magistratura democratica all'ARCI, da Psichiatria democratica di F. Basaglia alle tre Confederazioni sindacali dei lavoratori che per la prima volta parteciparono a un movimento culturale. Anche in forza di questo schieramento l'A. fu in grado di contribuire a imporre i due progetti legislativi di riforma riguardanti sia il Gruppo cinematografico pubblico sia la Biennale di Venezia (1970-1973). In quello stesso periodo nacque all'interno dell'associazione un Centro d'iniziativa per il cinema militante, che realizzò fra l'altro alcuni film girati all'Alfa Romeo e a Porto Torres in rapporto con le organizzazioni sindacali di base. Contemporaneamente, negli anni 1972 e 1973 l'A. dette vita a Venezia alle Giornate del cinema italiano che, basate su proiezioni e dibattiti con gli autori nelle piazze e nei campi della città, si contrapposero all'ufficialità della Mostra del cinema, diretta da Gian Luigi Rondi, mettendone di fatto in crisi di lì a poco la gestione.
Negli anni immediatamente successivi l'A. prese parte anche alla definizione e alla realizzazione della riforma della RAI (1975). Sempre nel 1975, con la nascita delle televisioni private, cui era consentita la programmazione di film senza alcun tipo di vincolo, il cinema italiano entrò in crisi. Erano circa duemila i film programmati giornalmente dalle numerose emittenti televisive fiorite in quegli anni, con la naturale conseguenza della restrizione del mercato cinematografico e una forte diminuzione delle sale. La produzione si ridusse notevolmente rispetto a quella degli anni Cinquanta e Sessanta arrivando a una quota inferiore ai novanta film. Il dato più rilevante fu tuttavia la perdita di autonomia della produzione cinematografica, legata all'ormai indispensabile finanziamento della RAI. Su questa situazione l'A. tornò a intervenire promuovendo iniziative comuni con l'AGIS e con un nuovo organismo, Cinema democratico, sorto nel 1976 e aperto a tutti i lavoratori del cinema. Tra le iniziative più importanti avviate dalla nuova associazione la 'Vertenza cultura' ‒ Venezia 1983 ‒ che chiedeva una riforma complessiva del sistema audiovisivo. I riflessi di quel progetto avrebbero inciso negli anni successivi anche sulla politica cinematografica governativa. Fu in questo periodo che l'A., con la presidenza di Francesco Maselli, promosse la fondazione della Fédération européenne des réalisateurs de l'audiovisuel (FERA, 1981) e successivamente realizzò un'inedita alleanza con l'Associazione nazionale industrie cinematografiche e affini (ANICA). Negli anni Ottanta venne così modificata la politica seguita fino a quel punto dagli imprenditori. La nuova legge per il cinema del 1° marzo 1994 nr. 153 ha avuto l'obiettivo di rilanciare la produzione cinematografica nazionale, anche se non ha consentito fino in fondo lo svincolo del cinema dalle televisioni e dalle loro logiche, e ha lasciato sospeso il problema più generale della circolazione dei film. Negli anni successivi l'A. ha subito alcune modifiche statutarie, mentre un gruppo di soci ha costituito una nuova associazione che riunisce autori e produttori (API, Associazione Produttori Italiani). Alla presidenza è succeduto un direttorio gestito da Giovanni Arnone, cui è seguita l'elezione di Carlo Lizzani. Con quest'ultimo presidente, appoggiato da un gruppo di soci storici tra cui Alfredo Angeli, Nino Russo e Massimo Sani, l'associazione ha ripreso la sua vocazione progettuale originaria.