ANAFILASSI e antianafilassi (dal gr. ἀνά "contro" e ϕύλαξις "difesa")
La parola anafilassi fu adoperata la prima volta dal fisiologo francese Richet per designare una condizione, da lui sperimentalmente provocata negli animali, che appariva opposta a quella della immunità. Per antianafilassi s'intende la reazione intesa a neutralizzare gli effetti di una precedente reazione anafilattica (v. appresso).
L'esperienza di Richet consisteva in questo: cani inoculati una volta con certi veleni proteici estratti da attinie e da molluschi di mare (mitili) divenivano molto più sensibili a questi stessi veleni, e potevano morire con la caratteristica sintomatologia per successive iniezioni di dosi sino a dieci volte minori di quelle necessarie per uccidere un cane non sottoposto a reazione anafilattica (fenomeno di Richet).
Si conoscevano già prima, e si conobbero meglio in seguito, varie altre condizioni nelle quali un organismo dopo avere subito una o più volte l'azione di una data sostanza (vivente o no, tossica o non tossica) diviene verso di essa specificamente ipersensibile.
Behring, Knorr ed altri hanno osservato che vaccinando gli animali con la tossina del tetano o della difterite si può renderli fortemente ipersensibili, al punto di ucciderli, per intossicazione tetanica o difterica, iniettando loro solo 1/700 o 1/800 della dose mortale per un animale normale: e, fatto stranissimo, questi soggetti ipersensibili possono essere altamente immunizzati nel senso che il loro sangue è ricchissimo delle corrispondenti antitossine per il tetano o per la difterite (fenomeno paradosso di v. Behring).
Kretz osservò che un animale vaccinato con una tossina può reagire a una miscela tossina + antitossina tale da essere perfettamente innocua per animali normali (fenomeno paradosso di Kretz).
Individui malati di certe infezioni (tubercolosi, morva), reagiscono esageratamente all'iniezione dei batterî vivi o morti della corrispondente infezione o dei loro estratti (reazione diagnostica della tubercolina o della malleina in individui tubercolosi o morvosi). Così, individui guariti da certe infezioni, se reinfettati con lo stesso germe reagiscono assai più rapidamente e intensamente, e individui che hanno superato certe infezioni (polmonite, erisipela, ecc.) invece di immunizzarsi divengono molto soggetti alle recidive.
Animali (conigli) iniettati ripetutamente sotto cute con siero di sangue eterogeneo (siero di cavallo), lo sopportano con indifferenza alle prime iniezioni, ma dopo la quarta o la quinta presentano gravi manifestazioni locali (edema, necrosi della pelle). La reazione è specifica; per ottenere il "fenomeno di Arthus" bisogna iniettare nelle ultime iniezioni siero usato nelle prime.
Animali (cavie) iniettati anche una sol volta con minime dosi di siero di sangue (siero di cavallo), divengono talmente ipersensibili che una successiva iniezione dello stesso siero praticata dopo nove o più giorni, può ucciderli in pochi minuti, mentre una cavia normale tollera indifferentemente forti dosi di siero di cavallo (fenomeno di Smith).
La pratica delle iniezioni di siero antidifterico nei bambini ha mostrato che qualche volta il siero provoca dopo varî giorni alcune manifestazioni morbose (orticaria, dolori articolari, febbre ecc.: "malattia da siero"). Ora questa malattia da siero, come hanno mostrato Pirquet e Schick, è molto più frequente, più grave, più rapida a comparire nei bambini già stati sottoposti in precedenza (anche a distanza di mesi o di anni) ad altre iniezioni di siero antidifterico o di altro genere (si tratta, in ogni caso, di sieri di cavallo).
Numerose ricerche mostrarono che specialmente alcuni di questi fenomeni di ipersensibilità, come quelli di Richet, di Arthus, di Smith, e di Pirquet e Schick hanno molti caratteri comuni: uno importante fra gli altri è che il sangue degli individui ipersensibilizzati, iniettato ad individui normali, trasmette loro "passivamente" l'ipersensibilità verso la stessa sostanza, allo stesso modo con cui il sangue di un animale vaccinato trasmette l'immunità a un animale normale (immunità passiva). Per tutti questi fenomeni si è adottata la denominazione comune di anafilassi, proposta per la prima volta da Richet per il fenomeno da lui scoperto. Per gli altri fenomeni accennati si parla piuttosto di "ipersensibilità acquisita", in contrapposizione a quella congenita (p. es. le cosiddette idiosincrasie), senza precisare meglio il loro rapporto con l'anafilassi. Si è visto in seguito che manifestazioni anafilattiche caratteristiche si possono ottenere non solo coi sieri, ma con sostanze diversissime, le quali tutte però rientrano nel campo delle sostanze proteiche, eterogenee rispetto all'organismo da sensibilizzare, e appartengono quindi alla categoria degli antigeni (v.). Così si può provocare l'anafilassi con siero di sangue, bianco d'uovo, latte, fermenti, con estratti di organi, con corpi microbici vivi o morti, patogeni o innocui, con derivati dei corpi microbici, ecc. Inoltre, qualunque sia la natura della sostanza adoperata, si può ottenere un quadro anafilattico uguale per tutti i casi.
Quale è l'essenza di questi fenomeni di ipersensibilità acquisita in generale, e dell'anafilassi propriamente detta? Esistono numerose teorie per interpretare questi fenomeni, sulle quali non possiamo soffermarci. Ma circa la natura dei fenomeni anafilattici dobbiamo fare due osservazioni: 1) Il fatto che l'anafilassi propriamente detta si ottiene solo mediante iniezione di sostanze capaci di provocare le comuni reazioni immunitarie, cioê con l'iniezione di "antigeni", e la possibilità di trasmettere la sensibilità anafilattica col siero di sangue da un animale all'altro come si trasmettono le proprietà immunitarie, dimostrano che la produzione dello stato anafilattico è strettamente paragonabile alle comuni reazioni immunitarie nelle quali un antigene genera un anticorpo dimostrabile poi nel sangue. Nel sangue dei soggetti anafilattizzati diremo che c'è un "anticorpo anafilattico". Da un punto di vista generale è interessante constatare come un processo biologico sostanzialmente identico, cioè una reazione immunitaria in senso lato, può, secondo le circostanze, generare anticorpi utili all'organismo (proprietà immunizzanti) o anticorpi dannosi. 2) Circa il meccanismo di produzione dei fenomeni anafilattici bisogna rilevare che la sintomatologia più caratteristica dell'anafilassi acuta - il cosiddetto "choc anafilattico" - è in tutto sovrapponibile ad altri quadri morbosi che si realizzano in condizioni ben diverse. È specialmente suggestivo il confronto con le manifestazioni che si possono provocare con la iniezione nelle vene di prodotti di scissione delle proteine (peptoni, le cosiddette "anafilotossine", ecc.) o di estratti acquosi di organi, oppure, soprattutto nell'uomo, con la iniezione endovenosa rapidamente eseguita di svariatissime sostanze medicamentose che non hanno nulla a che vedere con gli antigeni e senza che sia necessario un trattamento preventivo con la stessa sostanza. Si parla anche, in questi casi, di "choc o crisi emoclasica, o colloidoclasica" ammettendo una rottura dell'equilibrio fisico-chimico dei colloidi sanguigni. Per l'analogia che presentano tutte queste manifestazioni acute, provocabili in modi e condizioni così disparate, si è supposto che esse abbiano meccanismo genetico sostanzialmente identico. L'anafilassi propriamente detta sarebbe un caso particolare di questo gruppo di fenomeni che hanno cause diverse, ma genesi unica.
L'anafilassi ha avuto ed ha in medicina notevole importanza, sia teorica, nell'interpretazione di non pochi fenomeni morbosi, sia pratica, nel farci conoscere i pericoli inerenti alle iniezioni di sieri nella cura delle malattie infettive.
In patologia medica sono ritenute di natura anafilattica manifestazioni morbose molteplici che presentano in comune il carattere della rapida insorgenza e della possibilità di regredire in breve con ritorno al normale, per quanto talvolta siano talmente gravi da condurre anche all'esito letale. I sintomi di natura anafilattica, quali si rivelano nell'anafilassi clinica, corrispondono a quelli dell'anafilassi sperimentale e si distinguono in generali e locali (febbre, urticaria, artralgie, mialgie, albuminuria, malessere generale), essendo però quasi sempre associati. Altro carattere comune delle forme anafilattiche è la comparsa d'un gruppo di sintomi che formano la cosiddetta crisi emoclasica e consistono principalmente in caduta della tensione arteriosa e in modificazioni della composizione del sangue d'ordine chimico, fisico-chimico e cellulare (diminuzione delle piastrine e dei leucociti con aumento di cellule eosinofile).
La natura anafilattica di parecchie malattie, come ad esempio l'ulcera peptica gastro-duodenale, per quanto ammessa, non è affatto dimostrata: manca infatti spesso nell'anafilassi clinica la dimostrazione dell'avvenuta sensibilizzazione e ciò all'opposto di quanto avviene per l'anafilassi sperimentale. Gli stati morbosi più importanti e meglio noti di natura anafilattica sono la malattia da siero, l'anafilassi idatidea dei portatori di cisti di echinococco, determinantesi spontaneamente, o, più spesso, in seguito alla puntura esploratrice od evacuatrice della cisti; l'anafilassi respiratoria, l'alimentare e l'anafilassi chirurgica. Oltre all'asma da fieno dovuta al contatto delle mucose respiratorie con i pollini di certe graminacee, con le sue manifestazioni catarrali e congestizie congiuntivali, nasali, bronchiali (congiuntivite, corizza ed asma da fieno), si conoscono diverse altre forme di asma bronchiale determinate dalla sensibilizzazione avvenuta per opera di proteine volatili di origine vegetale animale e batterica. L'anafilassi alimentare predilige il bambino e si verifica per ingestione di latte non umano e anche di uova, oppure, nell'adulto, per l'uso di altri cibi (pesci, molluschi, crostacei, fragole, carni suine, fave, ecc.).
Le manifestazioni anafilatiche chirurgiche riguardano il cosiddetto choc traumatico, le ustioni, le causticazioni, gli strozzamenti intestinali, ecc.
Antianafilassi. - Comprende i metodi diretti ad impedire nell'uomo o nell'animale l'esplosione degli accidenti anafilattici, quando preesista uno stato di sensibilizzazione. Il grande uso in clinica di sieri terapeutici (v. sieroterapia) rende indispensabile ricorrere ai procedimenti antianafilattici ogni qualvolta sia necessario introdurre sieri a scopo curativo in soggetti che in passato ebbero già occasione di venir sottoposti alla sieroterapia. L'antianafilassi, o desensibilizzazione, si determina facendo uso di siero proveniente da animale di specie diversa da quella da cui proveniva il siero inoculato in passato: questo metodo, di Ascoli, riesce di difficile applicazione in pratica, così da essergli preferibile il metodo di Besredka dell'introduzione del siero, o di altra sostanza organica che è stata causa della sensibilizzazione, a dosi minime refratte e subentranti somministrandola, per diversa via, a seconda dei casi, a dosi piccolissime e ravvicinate. In breve, in pochi minuti, od al più in qualche ora, si ottiene così la desensibilizzazione del soggetto (stato immunitario antianafilattico) che diviene perciò atto a ricevere dosi massime di antigene, le quali, senza il trattamento vaccinante, avrebbero causato manifestazioni gravi e anche mortali. L'antianafilassi si può determinare in forma aspecifica quando non si conosca quale sia stata la sostanza sensibilizzatrice; si utilizzano in questi casi i sali di calcio, il peptone, i vaccini microbici, la proteinoterapia, l'autosieroterapia, l'autoemoterapia.
Bibl.: P. Rondoni, L'anafilassi, in A. Lustig, Malattie infettive dell'uomo e degli animali, Milano 1923; Varî autori, Anafilassi, pubbl. dell'Istituto sieroterap., Milano 1923.