ANAGNI (A. T., 24-25-26)
Città della provincia di Frosinone, nel Lazio meridionale, posta a 460 metri di altezza, alla sommità di uno sprone tufaceo che domina il fondo della valle ove scorre il Sacco, ivi assai ampio: da ciò l'importanza che ebbe nell'antichità e nell'età di mezzo - specie dal sec. XI alla metà del sec. XIV -, quando quella vallata costituiva l'unica agevole comunicazione fra Roma e il Napoletano.
Antica città degli Ernici, fu spesso scelta come luogo delle loro adunanze, fino a quando, ribellatisi gli Ernici a Roma, non fu conquistata dai Romani, nel 306 a C., e ridotta prima a prefettura e poi a municipio, con a capo due pretori, sostituiti poi da duunviri. La sua importanza nell'antichità, e poi per tutto il Medioevo, si deve alla sua posizione a dominio della valle del Sacco, la via naturale di comunicazione fra i monti Albani, i Lepini e gli Ernici. Delle antichissime mura della città libera rimangono avanzi nei cosiddetti Arcacci di Piscina, singolare costruzione a quattro archi poggiati su tre alti pilastri, in uno dei quali è scolpito un fallo; un altro bel tratto delle mura, fornito di due arcate, è visibile presso la Porta Principe Umberto, e un terzo per la via Dante.
Nell'alto Medioevo fu governata, fino al sec. VIII, da tribuni eletti dall'esarca di Ravenna; sulla fine dell'VIII e per tutto il sec. IX, da duchi eletti dai papi; infine, a quanto pare, da signori locali, come il duca Adriano, che vi troviamo a capo sul principio del Mille. Nel sec. XII, per opera dell'aristocrazia cittadina, vi sorge il comune, a cui verrà in breve riconosciuta dai pontefici un'ampia autonomia. La storia comunale del Duecento ê occupata per varî decennî dalle lotte fra i milites, la potente nobiltà della città e del contado, e i pedites; alla fine questi attraggono a sé parte della nobiltà e trionfano con l'alleanza della Chiesa, in ispecie di Bonifacio VIII. Se nel Trecento la vita del comune non è spenta, è tuttavia soffocata dalla velata signoria dei Caetani, dalle violenze dei baroni, dalle tumultuose vicende in cui è involto lo stato pontificio durante l'esilio d'Avignone e lo Scisma d'Occidente. Con la riconquista del Patrimonio, per opera di Bonifacio IX, l'autonomia comunale si può considerare terminata (1399). Anagni ebbe in seguito a soffrire devastazioni e saccheggi, per le armi di re Ladislao, sui primi del Quattrocento, e, per opera del duca d'Alba, nella lotta fra Paolo IV e Filippo II (1556). Devastazione, quest'ultima, di cui soffrirono specialmente i vasti sobborghi esterni, coi quali la città un tempo si estendeva fuori delle mura, e alcuni castelli del contado (Porciano, Cominacchio), da allora abbandonati.
Patria d'Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV, Bonifacio VIII, frequente sede dei papi neI Medioevo, vide prosperare fra le sue mura le industrie e i commerci, fiorirvi le arti. Per qualche tempo fu sede dei rettori pontifici della provincia di Marittima e Campagna; in essa fu conclusa la pace fra Alessandro III e i messi del Barbarossa, nel 1177; fu assalito Bonifacio VIII, nel 1303, dalle milizie di Guglielmo di Nogaret; fu deposto, nel 1378, Urbano VI dai cardinali scismatici.
Dell'età di mezzo resta orma notevole in alcune viuzze caratteristiche e in buon numero di modesti edifici, nella cattedrale riedificata alla fine del sec. XI, nel grandioso palazzo comunale completato alla fine del sec. XIII, nei resti del monumentale Palazzo di Bonifacio VIII. La Cattedrale, dedicata alla Vergine, è il massimo monumento della città, e, pur deturpata da gravi manomissioni, rimane uno dei più nobili edifici romanici di tutto il Lazio. L'alto campanile, a pianta rettangolare e a sei ordini di aperture, risale agl'inizî del sec. XII, ma è stato in seguito assai alterato. Nell'interno sono da notare soprattutto il pavimento a musaico, opera di maestro Cosma (anteriore al 1227), il ciborio duecentesco dell'altare maggiore, il candelabro per il cero pasquale e la sedia episcopale, opere eseguite intorno al 1263 e recanti la firma di Vassalletto (il terzo, probabilmente, degli artisti romani di questo nome), la cappella Caetani con il monumento funerario eretto da papa Bonifacio VIII nel 1294. Particolare interesse presenta la cripta, a tre navate e tre absidi, con il bel pavimento (1231) eseguito da Cosma e dai suoi figli Luca e Iacopo, e con la preziosa decorazione pittorica eseguita a fresco nel secondo quarto del sec. XIII: ciclo complesso, della più grande importanza, così dal punto di vista stilistico come da quello iconografico. Nei dipinti si distinguono le mani di tre artisti principali e di altri secondarî, e vi si trovano figurazioni ispirate dalle dottrine scientifiche del tempo sulle proprietà fisiche dei corpi e le trasformazioni degli elementi, e insieme storie dell'Arca dell'alleanza, leggende dei santi patroni della città, rappresentazioni dell'Apocalisse. Pitture strettamente legate a Roma, mostrano un influsso di forme bizantine, cui contrasta il movimento di un'arte che ormai va ritrovando caratteri occidentali Affreschi più rozzi e alquanto anteriori (fine del sec. XII o inizî del XIII) decorano l'adiacente oratorio sotterraneo di S. Tommaso da Canterbury, con figurazioni tolte dalla Genesi. Annesso alla cattedrale è il Museo, con iscrizioni e marmi dell'antichità e del Medioevo, nonché l'importantissimo Tesoro, nel quale si conservano rare stoffe ed arredi liturgici, in parte ancora provenienti da doni di papa Bonifacio VIII: tra l'altro un piviale ricamato in "opus anglicanum" della fine del Duecento con trenta medaglioni rappresentanti storie di Gesù e della Vergine; e un paliotto anche più raro con ricami su disegni di un pittore romano prossimo al Cavallini; un cofanetto bizantino con rilievi d'argento. Nella chiesa dei Cappuccini sono altri affreschi duecenteschi, della mano forse di uno dei pittori della cripta della cattedrale.
La città attuale ha aspetto affatto moderno: la piazza centrale fu aperta intorno al 1560 sotto il pontificato di Pio IV; la via principale, il corso Vittorio Emanuele, che traversa tutto l'abitato da est ad ovest, da porta Cerere a porta Principe Umberto, è ancor più recente; aspetto medievale è rimasto alla parte più alta della città.
Il censimento del 1656 trovava ad Anagni poco più di 3000 abitanti; e poco diversa, o forse alquanto inferiore, era la cifra al principio del sec. XVIII, ma, durante questo secolo, si accentua il risorgimento demografico della città, la cui popolazione era più che raddoppiata nel 1782 (6350 ab. circa). Dopo una diminuzione al principio dell'Ottocento, la popolazione è in lenta ascesa durante il sec. XIX e supera i 10.000 ab. nel 1901. Oggi (censimento 1921) Anagni ha circa 10.500 ab., dei quali 6274 nel centro principale e il resto sparsi in campagna; come centro è il terzo in ordine di popolazione, della provincia di Frosinone (dopo Ferentino e Frosinone) come comune è il più vasto (112 kmq.). Circa due terzi del territorio - che comprende una parte del fondovalle del Sacco e una zona di colline fertili - è coltivato principalmente a cereali (grano, mais) e ad ulivi.
Anagni dista 9 km. dalla stazione omonima della ferrovia RomaCassino-Napoli. (V. tavv. XIII a XVIII).
Bibl.: Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2024; R. Ambrosini-De Magistris, Storia di Anagni, I, Roma 1889 (il vol. II incompiuto); Corpus Inscr. Lat., X, Berlino 1883, pp. 584, 982, 1014; A. De Magistris, Istoria della città e s. basilica cattedrale d'Anagni, Roma 1749; G. Caetani, Domus Caietana, Sancasciano Val di Pesa 1927; G. Falco, L'amministrazione papale nella Campagna, ecc., in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXXVIII (1915), p. 677 segg.; id., I comuni della Campagna e della Marittima nel Medioevo, Roma 1926, in Archivio cit., XLII (1919), XLVII (1924), XLVIII (1925), XLIX (1926); P. Zappasodi, Anagni attraverso i secoli, Veroli 1908; X. Barbier de Montault, La cathédrale d'Anagni, Parigi 1858; S. Sibilia, La cattedrale di Anagni, Orvieto 1914 (con ampia bibl. generale su Anagni); P. Toesca, Gli affreschi della cattedrale di Anagni, in Le Gallerie nazionali italiane, V (1902), pp. 116-187; id., Cimelî bizantini: il cofanetto della cattedrale di A., in l'Arte, 1906, p. 35 segg.; id., Storia dell'arte ital., I (Il Medioevo), Torino 1927 (v. indice); G. Marchetti-Longhi, Il Palazzo di Bonifacio VIII in Anagni, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XLIII (1920), pp. 397-410; P. Fedele, Per la storia dell'attentato di Anagni, in Bull. dell'Ist. Stor. It., 1921, n. 41, p. 195 segg.