ANAGRAFE TRIBUTARIA (App. II, 1, p. 174)
Istituita con d.P.R. 29 sett. 1973, n. 605, recante appunto le "Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti", l'a. t. non rappresenta una novità in senso assoluto nel nostro ordinamento positivo.
Un suo precedente, seppure indiretto e non perfettamente equivalente - per la diversità degl'intenti prefissi, delle tecnologie applicate alla raccolta dei dati, e infine per il criterio di raccolta adottato, locale e non nazionale - si può infatti individuare nell'istituto disciplinato dall'art. 12 d. l. 7 ag. 1936, n. 1639, convertito nella l. 7 giugno 1937, n. 1016, e denominato appunto a. tributaria.
L'a. t. può ora definirsi come una struttura amministrativa, collaterale a quella preposta all'imposizione in senso proprio, e funzionale alla raccolta e all'ordinamento su scala nazionale dei dati e delle notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunzie presentate agli uffici dell'amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché dei dati e delle notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari (art. 1 del decreto istitutivo).
La finalità perseguita è evidentemente quella di realizzare nel modo più congruo l'unitarietà dell'accertamento tributario, nel senso della determinazione della capacità contributiva espressa dalla posizione reddituale e patrimoniale di ciascun soggetto interessato.
È all'interno di questa tecnica impositiva che s'iscrive la logica del controllo incrociato delle dichiarazioni e degli accertamenti che fanno capo a soggetti diversi, e che trova (o dovrebbe trovare) un valido supporto tecnico conoscitivo nello strumento anagrafico.
Va notato come si sia posto l'accento, nella disposizione legislativa, piuttosto sul momento passivo della raccolta dei dati - quale ne dovesse essere la fonte, di quali dati dovesse trattarsi -, che su quello attivo e dinamico della loro elaborazione, secondo ragionate metodologie amministrative, così da fare dell'a. t. più che un archivio di dati, un sistema informativo in senso proprio.
A questa stregua si corre infatti il rischio che gli uffici periferici dell'amministrazione, preposti ai controlli relativi all'applicazione dei tributi e agli accertamenti, ricevano piuttosto che un apparato logico di dati, notizie, informative, una quantità disarticolata di quesiti, col pericolo di una loro dispersione.
Vi è comunque, nell'art. 2 del decreto, quanto meno l'indicazione del criterio ordinatore, eminentemente soggettivo, giacché sono iscritte in a. t. secondo un criterio di codificazione stabilito con decreto ministeriale, le persone fisiche, quelle giuridiche, le società, associazioni e altre organizzazioni di persone o di beni prive di personalità giuridica alle quali si riferiscono i dati e le notizie raccolti che assumono rilevanza ai fini tributari, infine tutti i soggetti che avendo acquisito la "qualità di contribuente" (art. 3), siano tenuti a chiedere l'attribuzione del numero di codice fiscale.
La non perfetta identificazione tra coloro che sono effettivamente i soggetti passivi delle imposte, e i soggetti che sono iscritti all'a. t. è resa evidente proprio dalla circostanza che è fatto obbligo d'iscrivere i dati fiscalmente rilevanti indicati nell'art. 1, per ciascun soggetto cui facciano capo, a prescindere dall'effettiva e complessiva realizzazione di un reddito imponibile.
L'acquisizione della "qualità di contribuente" (art. 3) - che dovrebbe corrispondere all'effettiva insorgenza di un debito tributario - individua, pertanto, semplicemente la fattispecie costitutiva dell'obbligo di richiedere l'attribuzione del numero di codice, ma non rappresenta una condizione necessaria per l'iscrizione, che riguarda un assai più vasto ambito di soggetti. Per rendere possibile l'ordinazione per singoli soggetti dei dati conoscitivi è appunto prescritta l'attribuzione - su domanda in carta libera sottoscritta dal richiedente o da chi ne ha la legale rappresentanza, o d'ufficio, relativamente ai soggetti per i quali l'amministrazione già dispone dei necessari elemenii d'identificazione - di un numero di codice fiscale (art. 3). Numero che è poi portato a conoscenza dell'interessato mediante apposita comunicazione (art. 5), e che dev'essere indicato, per non incorrere nell'irrogazione di pene pecuniarie anche gravi (art. 11, primo, secondo e terzo comma) o al fine di evitare che certe domande siano dichiarate irricevibili o inefficaci dagli uffici pubblici (art. 12) in una serie di atti.
A titolo meramente esemplificativo si possono ricordare: fatture emesse ai sensi delle norme concernenti l'IVA, atti da registrare in termine fisso, distinte d'incasso, comunicazioni allo schedario generale dei titoli, domande da presentare a uffici pubblici per concessioni, ecc. (art. 6). La legge n. 2 si riferisce a una gamma alquanto vasta di operazioni - fra soggetti privati, e fra soggetti privati e pubblici - idonee tutte a evidenziare direttamente o mediatamente forme di capacità contributiva.
Se questa attiene a un momento preliminare, a una formula tecnica prestabilita per evidenziare soggetti che compiono operazioni fiscalmente rilevanti - un criterio di riferibilità soggettiva, insomma - la raccolta diretta e programmatica dei dati e delle notizie avviene facendo carico a una pluralità di soggetti pubblici e privati dell'obbligo sanzionato (art. 11, quarto comma) di comunicare una serie di atti (su cui ovviamente l'interessato ha dovuto apporre il proprio numero di codice) specificamente afferenti alle loro sfere di competenza.
Così è per le amministrazioni, anche autonome, dello stato, per gli enti camerali, per i Pubblici Registri navale e aeronautico, ecc., i quali debbono appunto comunicare, con atti sottoscritti dai loro legali rappresentanti, l'elenco degli atti volta a volta emessi, rilasciati, compiuti, ecc. (art. 7). Un dato assai importante è quello relativo ai comuni, che nel più vasto quadro della loro partecipazione all'accertamento delle imposte "possono segnalare all'anagrafe tributaria dati e notizie desunti da fatti certi indicativi di capacità contributiva delle persone che risiedono nei rispettivi territori, vi possiedono beni o vi svolgono attività economica" (art. 9). Si deve comunque rimarcare come a questi soggetti non faccia carico un obbligo, ma una mera facoltà di comunicazione.
È prevista ancora la possibilità che gli uffici dell'a. t. inviino mediante raccomandata questionari, o richiedano supplementi d'informazione a qualsiasi soggetto allo scopo di verificare l'attendibilità dei dati già acquisiti, o di ottenere la produzione di dati nuovi.
Il complesso delle informative ottenute è assistito dal segreto d'ufficio, anche se il ministero delle Finanze ha facoltà di rendere pubbliche, senza riferimenti nominativi, statistiche ed elaborazioni relative ai dati raccolti (art. 15). Un complesso di sanzioni amministrative assiste, nell'eventualità d'inosservanza dei suddescritti obblighi strumentali, l'apparato anagrafico, per la sua migliore funzionalità (art. 13).
Legislazione: d.P.R. 29 sett. 1973, n. 605; l. 14 ag. 1974, n. 354; d.P.R. 23 dic. 1974, n. 691; l. 8 marzo 1975, n. 49.
Bibl.: G. A. Micheli, Corso di diritto tributario, Torino 19763, p. 126 esgg.; Ministero delle Finanze, Rapporto sull'anagrafe tributaria, Roma 1976.