ANALISI CHIMICA STRUMENTALE.
Introduzione. - La chimica analitica può essere considerata la scienza o, come affer mano alcuni, l'arte di determinare la composizione delle sostanze in termini di elementi o composti chimici in esse contenuti. Stori camente ogni progresso in campo analitico si può far risalire al l'invenzione di un nuovo strumento di misura. Così il primo pro cedimento di a., la gravimetria, fu reso possibile dal perfezionamento della bilancia. In seguito si constatò come fosse possibile ab breviare i tempi di a., mediante l'uso di vetreria accuratamente ta rata e attraverso misure volumetriche di soluzioni standardizzate gravimetricamente.
Negli ultimi decenni delsec. l'invenzione dello spettroscopio permise di sviluppare metodi analitici assai interessanti, anche se inizialmente limitati a indagini qualitative. La gravimetria e la volumetria rimasero per anni gli unici procedimenti disponibili per la determinazione quantitativa di quasi tutte le sostanze più importanti. In seguito furono introdotti alcuni metodi colorimetrici e nefelometrici, soprattutto per il dosaggio di quelle sostanze per le quali gli altri metodi non potevano essere applicati o fornivano risultati scarsamente attendibili. Si scoprì infine che molte titolazioni potevano essere eseguite per via elettrochimica. In sintesi, a un primo periodo di evoluzione basato più che altro su metodi di standardizzazione e sull'uso di vetreria accurata, ne è seguito un altro alla fine del 19° secolo e tuttora in atto, caratterizzato dall'invenzione e messa a punto di nuovi strumenti in grado di misurare le proprietà fisiche e chimiche di un composto per la determinazione analitica di esso.
Fattori di sviluppo dell'analisi chimica strumentale. - Negli ultimi decenni lo sviluppo dei fototubi, dei transistori, dei semiconduttori, delle membrane, ha permesso di elaborare e perfezionare ulteriormente nuovi metodi analitici, ma l'elemento di grande novità è venuto di recente dal progresso e dalla diffusione dei microprocessori e dei calcolatori impiegati quali indispensabili strumenti di sostegno a laboratori di a. e ricerca. Questi strumenti, opportunamente interfacciati all'apparecchiatura analitica strumentale, consentono elaborazioni rapide e sofisticate dei dati, rilevamenti in continuo, rappresentazioni grafiche di fenomeni espressi da equazioni anche complicate, calcoli complessi. In questo tipo di attività, mentre la gestione dell'hardware, cioè dell'elettronica di costruzione del calcolatore, rimane al di fuori degli ambienti di a., la realizzazione del software, cioè del linguaggio con cui si esprimono i calcolatori, impiegato in ''programmi'', sta vedendo un progressivo, diretto coinvolgimento del chimico, tanto che molti programmi vengono predisposti direttamente nei laboratori che li impiegano. Gli strumenti analitici sono stati quindi corredati di minicomputers capaci di acquisire funzioni logico-ma tematiche in grado di scegliere e controllare i parametri sperimentali, temporizzare i campionamenti, catalogare e trasmettere i dati analitici, elaborare i risultati.
L'applicazione dell'informatica alla ricerca chimica consente un'acquisizione assai rapida di nuove conoscenze capaci di applicazioni talvolta imprevedibili. Il chimico infatti dispone oggi di sistemi in grado di controllare gran parte delle operazioni necessarie all'esecuzione di una prova sperimentale, quali: la ricerca bibliografica; la definizione logica degli stadi di un processo; il controllo dei parametri sperimentali in esecuzione; l'elaborazione e archiviazione dati.
Un impulso notevole all'impiego del calcolatore in chimica è venuto dal nuovo settore della speciazione chimica, secondo cui non è la concentrazione totale di un elemento in un mezzo il dato interessante, ma la natura delle singole specie sotto cui l'elemento è presente.
Sostanzialmente si tratta d'impostare tante equazioni quante sono le specie presenti; ne esce un sistema a n incognite basato su equilibri di massa e bilanci di carica, la cui soluzione può essere tentata o con approssimazioni il più delle volte ingiustificate perché aprioristiche, essendo basate su dati (la soluzione) che non si conoscono, o rigorosamente nel caso di sistemi assai semplici. Soltanto con l'ausilio del calcolatore è stato possibile estendere questo tipo d'impostazione a sistemi complessi, cercando anzi di unificare al massimo la trattazione dei differenti tipi di equilibrio chimico (complessazione, precipitazione, ossido-riduzione, acido-base).
I problemi, nonostante tutte queste agevolazioni, restano per ciò che riguarda la significatività del dato acquisito, per la quale soltanto l'a. critica del ricercatore può garantire, e il lavoro di scale up, cioè di trasferimento su scala più grande di quella del laboratorio, delle esperienze acquisite.
Quello dell'impatto che l'informatica ha avuto sulla chimica analitica può considerarsi un esempio molto significativo di un processo più generale, e cioè la ricaduta sull'analitica dello sviluppo di altre discipline secondo una visione plurisettoriale della chimica analitica impensabile fino a qualche anno fa.
La strumentalistica, la biologia, l'immunologia, l'agraria, l'ecologia sono esempi altrettanto calzanti quanto l'informatica di tali positive applicazioni.
Da tutto ciò è emersa la possibilità di superare i limiti dell'uomo, che in passato avevano condizionato il tempo, il modo e il luogo dell'analisi. Sono state ipotizzate e realizzate stazioni sperimentali nelle quali vengono eseguite in continuo o discontinuo, su campioni statici o fluenti, misure di diversi parametri che necessitano solo di manutenzione periodica, consentendo quindi la loro installazione in ambienti particolarmente disagiati per l'uomo. Un ulteriore limite a tale ipotesi è stato per lungo tempo rappresentato dalla difficoltà di realizzare in tali stazioni prove analitiche complesse: l'automazione e la robotizzazione hanno superato anche queste difficoltà.
La robotica ha iniziato a cambiare il laboratorio negli aspetti planimetrici, organizzativi, di gestione e utilizzo del personale. Di certo si può affermare che ormai da essa dipende il salto di qualità nella produttività che molti settori applicati (a. c., ecologia, sicurezza) richiedono.
Logica conseguenza di questo grande sviluppo della chimica analitica strumentale è stata la grande moltiplicazione di apparecchiature capaci di realizzare le misure che sono alla base di differenti metodi. Anzi si può dire che, forse per la prima volta nella storia della chimica, la chimica analitica industriale è stata caratterizzata da un tasso d'innovazione superiore a quello di altri settori: ciò è stato reso possibile proprio dall'enorme interesse intorno a un numero di determinazioni sempre maggiore, con una continua crescente diversificazione delle matrici e dei composti da determinare. In tal senso una spinta di certo determinante è venuta dal settore della chimica analitica organica, dove l'a. c. tradizionale ha resistito per un più grande numero di anni prima di essere significativamente integrata dall'a. strumentale: allo sviluppo dell'a. strumentale nel settore organico biologico un contributo fondamentale è venuto dai recenti progressi di alcune tecniche spettroscopiche avanzate di rilassamento, di diffusione, di rifrazione dell'energia raggiante, di spin elettronico, di risonanza magnetica nucleare, dalla cromatografia liquida, dalla caratterizzazione e messa a punto di sensori con o senza mediatore biologico, selettivi e sensibili, dai successi scientifici nel campo delle scienze atomiche e molecolari e dalle biotecnologie.
Grazie alla grande disponibilità di metodi e di tecniche strumentali assai versatili e affidabili si è realizzato un salto di qualità dell'informazione che non si limita alla composizione, ma si addentra nei parametri strutturali e chimico-fisici.
Un ulteriore stimolo a tale sviluppo è venuto da alcune problematiche e tematiche a carattere per lo più sociale (inquinamento, sofisticazioni, analisi chimico-cliniche) e dall'entrata in vigore di alcune iniziative legislative che fissano valori limite di soglia per la protezione dell'ambiente. È stato questo un fatto importante, perché ha attivato un nuovo criterio di produzione di apparecchiature, quello cioè basato non sulla tecnica impiegata, ma sulla matrice analizzata, cercando di realizzare nell'apparecchio un sistema capace di fornire il massimo possibile di dati analitici.
Un riflesso immediato di questo si è registrato nell'organizzazione delle strutture analitiche delle varie imprese, nelle quali all'articolazione per tecniche si è affiancata quella per problematiche. A questa variazione ha corrisposto anche un'evoluzione nel tempo delle qualità richieste all'apparecchio: dalla durata e accuratezza si è passati alla affidabilità e alla specificità; questo passaggio ha richiesto come conseguenza un affinamento delle tecniche costruttive che ha comportato, alimentato anche dall'inflazione e dall'aumento del costo della mano d'opera, un notevole incremento dei costi.
Classificazione dei metodi strumentali di analisi. - Esistono differenti criteri di classificazione. Il primo è basato sulla forma di energia impiegata; all'energia termica corrispondono la crioscopia e la gas cromatografia; all'energia chimica l'a. per via umida (inorganica elementare, organica elementare, dei gruppi funzionali); all'energia elettrica la voltammetria; all'energia ottica (elettromagnetica) la spettrometria di emissione, la fluorescenza ai raggi X, l'assorbimento nei campi di lunghezza d'onda dell'ultravioletto, visibile e infrarosso, la diffrazione di raggi X; all'energia magnetica la spettrometria di massa e la risonanza magnetica nucleare; alla radioattività l'a. per attivazione.
Il secondo criterio è invece fondato sul carattere della grandezza che viene misurata:
a) Proprietà estensive: massa; volume (di liquido o di gas).
b) Proprietà meccaniche: peso specifico (o densità); tensione superficiale; viscosità; velocità di propagazione del suono.
c) Proprietà basate sull'interazione con l'energia raggiante: assorbimento della radiazione (raggi X, ultravioletto, visibile, infrarosso, microonde); torbidità; dispersione; effetto Raman; emissione di radiazioni; indice di rifrazione e dispersione da rifrazione; rotazione del piano della luce polarizzata e dispersione rotatoria; dicroismo circolare; fluorescenza e fosforescenza; fenomeni di diffrazione di raggi X ed elettroni; risonanza magnetica nucleare ed elettronica.
d) Proprietà elettriche: potenziali di ossido-riduzione; curve corrente-potenziale; conducibilità elettrica; costante dielettrica; suscettività magnetica.
e) Proprietà termiche: temperature di transizione (punto di ebollizione, di fusione, di trasformazione di fase, ecc.); calore di reazione; conducibilità termica (di gas).
f) Proprietà nucleari: radioattività; massa isotopica.
Un terzo criterio è poi di carattere più generale e tende a raggruppare i metodi in classi, alle quali sono anche stati adeguati i corsi d'insegnamento a livello universitario dell'a. c. s.; si hanno così metodi elettrochimici, metodi ottici e spettrali, metodi radiochimici, metodi mediante distribuzione fra fasi.
I metodi elettrochimici sono metodi di a. c. che si basano sulla variazione che subisce un certo parametro elettrochimico (corrente, potenziale, conducibilità) in funzione della concentrazione delle specie elettroattive e quindi anche durante una titolazione. Il punto di equivalenza di tali titolazioni che nelle comuni pratiche analitiche viene per lo più evidenziato da una variazione di colore dello stesso sistema e di un altro sistema appositamente aggiunto come indicatore, nel caso dei metodi elettrochimici è evidenziato con un particolare andamento della curva che esprime le variazioni del parametro elettrochimico considerato, in funzione della concentrazione della specie da determinare o del volume della soluzione titolante.
I metodi elettrochimici di a. sono l'elettrogravimetria, in cui la determinazione avviene per pesata dei prodotti dell'elettrolisi; l'amperometria, basata sulla misura della corrente limite, cioè massima, e sulla correlazione con la concentrazione; la potenziometria, nella quale la concentrazione viene determinata attraverso la misura, rispetto a un elettrodo di riferimento, del potenziale di un elettrodo indicatore, che gode cioè della proprietà che il suo potenziale è funzione determinata e riproducibile dell'attività e quindi della concentrazione di una certa specie (a titolo di esempio la fig. 1 riporta lo schema di una cella per la misura potenziometrica del pH); la conduttometria, basata sulla misura della conducibilità di una soluzione man mano che a essa si aggiungono volumi crescenti di un'altra soluzione contenente un reattivo in grado di reagire con la specie da determinare; la titolazione in alta frequenza; la cronopotenziometria; la cronoamperometria; l'elettroforesi.
Generalmente i metodi elettroanalitici vengono distinti in metodi potenziodinamici, nei quali viene misurata l'intensità di corrente che passa nel circuito di misura al variare del potenziale applicato, e metodi amperodinamici, nei quali al contrario si misura il potenziale di un elettrodo al variare dell'intensità di corrente che passa fra questo e un controelettrodo di opportuna natura. In qualche caso poi la misura del potenziale o della corrente avviene in funzione del tempo, mentre l'altro parametro, corrente o potenziale rispettivamente, è mantenuto a un valore costante.
Gli elettrodi di lavoro possono essere di tipo diverso: stazionari, cioè a superficie costante e ferma, rotanti e, infine, a goccia di mercurio. Quest'ultimo è un elettrodo molto impiegato, costituito da un tubo capillare dal quale gocciola mercurio e caratterizzato da un rinnovo continuo della superficie elettrodica e da un'elevata sovratensione di idrogeno, il che consente lo studio di molti processi elettrodici di riduzione, che altrimenti sarebbero preclusi (la fig. 2 riporta lo schema di una cella polarografica che si basa per l'appunto su tale tipo di elettrodo); per contro la facile ossidabilità del mercurio non consente l'impiego dell'elettrodo a goccia di mercurio nei processi di ossidazione elettrodica, per i quali viene generalmente sostituito dall'elettrodo di platino rotante.
La natura della corrente che passa nel circuito di misura di un metodo elettrochimico di a. può essere di tipo misto o di tipo diffusivo: nel primo ca so il valore misurato o imposto risulta dalla somma di tre termini, la corrente di convezione, legata allo stato di agitazione o di quiete della soluzione, la corrente di campo elettrico, determinata dal valore del campo elettrico applicato e dalle caratteristiche di trasporto ionico delle specie presenti, la corrente di diffusione, determinata dal gradiente di concentrazione che si crea nella soluzione tra zone elettrodiche e corpo della soluzione; nel secondo, invece, con opportuni accorgimenti (stato di quiete assoluta, presenza di un elettrolita di supporto a concentrazione elevata) le prime due componenti vengono annullate, sicché la corrente che passa è soltanto di tipo diffusivo.
Con il termine di metodi ottici e spettrali s'intende invece l'insieme dei metodi di a. c. basati sulla misura di un'intensità luminosa, di una lunghezza d'onda, di una polarizzazione della luce (a. spettrochimica, colorimetria e spettrofotometria, torbidimetria). Le regioni spettrali di particolare interesse sono il vicino ultravioletto (lunghezza d'onda fra 200 e 400 nm), il visibile (400 ÷ 800 nm), l'infrarosso (fra 1 e 25 μm). L'assorbimento e l'emissione di radiazione nel campo del visibile e dell'ultravioletto sono associati a fenomeni di transizione a carico degli elettroni più esterni da un'orbita a un'altra a diverso contenuto energetico, quelli nell'infrarosso a variazioni di energia cinetica di rotazione e di traslazione delle molecole.
Le apparecchiature impiegate nell'a. fotometrica sono costituite da una sorgente luminosa, da un sistema di lenti, da un mezzo disperdente che consente di isolare l'intervallo di lunghezza d'onda desiderato, da un portacampione, da un rilevatore. Per la spettroscopia di emissione nell'ultravioletto e nel visibile le sorgenti generalmente impiegate sono la fiamma, l'arco e la scintilla, che corrispondono a livelli di eccitazione crescenti. Per la spettrofotometria di assorbimento nell'ultravioletto la sorgente più comune è la lampada a scarica in atmosfera d'idrogeno, nell'infrarosso i filamenti di Nernst e le bacchette al carburo di silicio (Globar), nel visibile la lampada a filamento di tungsteno incandescente e quella a vapori di mercurio. Il materiale con il quale sono costruiti sia le lenti che i prismi dev'essere scelto in funzione della regione spettrale nella quale si opera. Nell'ultravioletto è generalmente il quarzo, nell'infrarosso il cloruro di sodio, il bromuro di potassio, il fluoruro di litio o la fluorite, nel visibile più semplicemente il vetro.
Per ciò che riguarda i rilevatori, anche se nel visibile si può impie gare direttamente l'occhio umano, tuttavia quelli più impiegati nelle zo ne del visibile e dell'ultravioletto sono le lastre fotografiche e le cellule fo toelettriche (fotovoltaiche, a fotoemissione, a gas, a vuoto, a strato di sbarramento, fotoconduttive). Nel caso si debbano rilevare radiazioni di bassa intensità si può fare uso con profitto di un fotomoltiplicatore, dispositivo estremamente sensibile alla luce e basato sul fenomeno dell'emissione secondaria. Nell'infrarosso si sfrutta invece il contenuto termico della radiazione: su tale principio sono infatti basati i rilevatori comunemente impiegati in tale campo di lunghezza d'onda, cioè i bolometri, le termopile, i termistori, le celle di Golay.
Con la denominazione di metodi di separazione fra fasi s'intendono tutti quei metodi che realizzano la separazione dei componenti di una miscela e la loro determinazione utilizzando la loro differente ripartizione fra due fasi. Il processo dev'essere ripetuto più volte per giungere a separazioni quantitativamente significative. Si distinguono metodi in controcorrente e metodi per percolamento: nei primi entrambe le fasi interessate alla separazione si muovono mentre avviene il processo, nei secondi invece una delle due fasi è fissa e l'altra vi percola attraverso.
Al primo gruppo appartengono la distillazione, basata sul principio che fra i componenti di una miscela liquida passa in fase vapore preferenzialmente quello la cui eliminazione produce un abbassamento della tensione di vapore del liquido residuo, e l'estrazione con solventi, basata sul trattamento di una soluzione di più componenti con un solvente con essa immiscibile e capace di estrarre selettivamente un singolo o più componenti; al secondo fa invece riferimento la cromatografia nei suoi differenti settori della partizione (fase fissa liquida) e dell'adsorbimento (fase fissa solida), della gas-cromatografia (fase mobile gassosa), della cromatografia liquida (fase mobile liquida), della cromatografia su carta, della elettrocromatografia (cromatografia con campo elettrico applicato), della cromatografia per scambio ionico (cromatografia più scambio ionico), della cromatografia per salatura, per esclusione ionica, per solubilizzazione.
I parametri che caratterizzano un metodo di separazione fra fasi sono sostanzialmente due, il primo collegato al sistema in studio, il secondo all'apparecchiatura impiegata: l'uno assume connotati diversi a seconda del metodo, per es. volatilità relativa (rapporto fra le tensioni di vapore o fra i tempi di ritenzione) in distillazione e cromatografia, Rf (rapporto fra il cammino percorso da una particella e quello percorso nello stesso tempo dal solvente o da una sostanza di riferimento) in cromatografia su carta, coefficiente di estrazione e costante di distribuzione in estrazione con solventi; l'altro è essenzialmente sempre riconducibile al concetto di piatto teorico, inteso come quella parte del sistema di separazione nella quale si verifica il processo elementare; pertanto più una separazione è difficile e più elevato dev'essere il numero di piatti teorici disponibili, cioè il numero delle volte per le quali il processo elementare è ripetuto. Il rendimento di separazione fra differenti sistemi viene confrontato definendo l'altezza equivalente a un piatto teorico: più essa è bassa e maggiore sarà, a parità di lunghezza del sistema di separazione, il numero di piatti e l'efficienza del processo separativo.
I metodi radiochimici si basano su tre differenti metodiche:
a) le misure dirette di radioattività per determinare la quantità di una particolare specie radioattiva presente nel campione;
b) l'analisi per attivazione neutronica, particolarmente adatta per la determinazione di elementi presenti in minima quantità, che consiste nel rendere radioattivo un nuclide dell'elemento da dosare, nel rilevare poi la presenza di questo attraverso la misura della quantità di radioattività emessa; tale metodo deve la sua diffusione allo sviluppo delle tecniche nucleari;
c) l'analisi per diluizione isotopica.
Supponendo, relativamente a questa analisi, che si voglia determinare la quantità di una sostanza X presente in una miscela e che questa sostanza contenga una percentuale di peso p dell'elemento radioattivato, si considerino n grammi del campione contenente x grammi della sostanza X da determinare; se la normale abbondanza dell'isotopo marcato è a, negli n grammi di campione saranno presenti (xpa) grammi dell'isotopo; se ora si aggiungono y grammi di X arricchiti nell'isotopo marcato (abbondanza a′ > a), il peso aggiunto di isotopo sarà (ypa′); si effettui la separazione di X e siano s i grammi isolati ad abbondanza a″ nell'isotopo marcato; il peso dell'isotopo separato sarà (spa() con un grado di recupero spa( / (xpa + ypa′) che dev'essere uguale al grado di recupero di X:
da cui:
e quindi la percentuale di X nella miscela da analizzare sarà data da:
Accanto ai metodi elettrochimici, ottici, di separazione fra fasi, radiochimici, che sono stati illustrati per sommi capi, l'a. s. comprende tutta una serie di altri metodi, più o meno specifici o generici, ma comunque sempre di notevole interesse teorico e applicativo (spettrometria di massa, tensiometria, metodi termici); ciascuno di essi ha infatti trovato un qualche sbocco quale mezzo per la soluzione di problemi industriali o di laboratorio.
Infine in qualche caso i metodi di a. vengono considerati a parte da quelli di separazione, quasi sempre necessari in relazione alle difficoltà di mettere a punto metodi altamente specifici, e dalle determinazioni chimico-fisiche del punto di equivalenza: ai primi appartengono la cromatografia, lo scambio ionico, l'estrazione, la distillazione, la precipitazione frazionata, l'arricchimento per coprecipitazione con trascinatore, l'elettrolisi, l'elettroforesi-elettrocromatografia continua, l'attivazione con neutroni alla pila atomica, la dialisi; alle seconde la crioscopia, la densimetria, la calorimetria, la tensimetria, la conduttometria, l'alta frequenza, la potenziometria (a corrente zero e a corrente costante, con uno o due elettrodi polarizzati), l'amperometria con uno o due (deadstop) elettrodi polarizzati, la colorimetria, la eterometria.
Recenti sviluppi e prospettive dei metodi strumentali d'analisi. - Come si è detto, l'apporto dell'elettronica alla strumentazione ha aperto nuove strade ai metodi strumentali: nuove tecniche si sono aggiunte e il settore è in piena ripresa, trascinato soprattutto da alcu ne sofisticate tecniche voltammetriche (stripping, voltammetria ci clica, polarografia differenziale a impulsi), dai sensori a membrana, dai sistemi a mediatore biologico; la produzione scientifica (numero di lavori scientifici per anno) è tornata a crescere al passo di circa il 30% annuo.
Lo stesso discorso vale anche per le tecniche cromatografiche: il lancio dell'HPLC e della cromatografia ionica, legato alla soluzione di problemi analitici finalizzati (indagini merceologiche e ambientali) ha rappresentato per questo importante metodo di a. una nuova ragione di vita.
La spettrometria di risonanza magnetica nucleare, dibattuta sul piano economico fino a qualche anno fa fra la scelta di una produ zione strumentale di alto costo per problemi di difficile soluzione analitica o di una produzione di basso costo tesa a un fine di vol garizzazione del metodo, ha trovato il sostegno che cercava nelle applicazioni continuamente in espansione di questa tecnica all'analisi medica.
Soluzioni positive per l'imporsi di tecniche strumentali sono venute dall'accoppiamento di tecniche diverse, ciascuna dotata di particolare potenzialità: così spesso si dispone di sistemi di separazione assai buoni, ma scarsamente sensibili dal punto di vista dell'a., e al contrario di sistemi di a. molto sensibili, precisi e accurati, ma poco selettivi.
L'accoppiamento di una tecnica del primo tipo con una del secondo pare l'operazione più opportuna, distinguendo nell'operazione analitica la fase dell'analisi da quella, precedente, della separazione. Un esempio di grande rilievo in questo senso è costituito dalla gas massa, accoppiamento della gascromatografia, potente tecnica separativa, con la spettrometria di massa, incomparabile metodo di a. qualitativa e quantitativa anche a livello di ultratracce.
Il progressivo svilupparsi di tecnologie e di processi di catalisi collegati a fenomeni di superficie e che richiedono il controllo di prodotti e di reazioni di interfase ha rappresentato la causa e, nello stesso tempo, l'effetto dell'affinamento di numerose tecniche spettroscopiche avanzate per le quali soltanto c'è da lamentare la difficoltà di gestire le corrispondenti apparecchiature per la carenza di tecnici specializzati e per le oggettive difficoltà a qualificare i tecnici disponibili. Va comunque in genere colto come un segno positivo di maturità scientifica il fatto che quasi sempre a un'innovazione tecnologica nella strumentazione ha corrisposto un'immediata disponibilità al trasferimento in sede di apparecchiature commerciali, anche se in qualche caso l'innovazione comporta un improvviso grave invecchiamento delle apparecchiature prodotte in precedenza.
Così non hanno faticato a essere realizzati i cromatografi HPLC che, per l'efficienza separativa e i limiti di rivelabilità nell'a. di miscele organiche complesse, rappresentano di certo un salto di qualità rispetto ad apparecchi precedenti; come anche, in spettrometria di massa, la frammentografia, le ionizzazioni, l'a. quadrupolo applicate ad a. ambientali molto fini, con grande versatilità rispetto alla compatibilità con il computer.
Nel settore della spettrometria di risonanza magnetica nucleare la trasformata di Fourier e la sonda multinucleare (idrogeno, carbonio, fosforo) sono le applicazioni più recenti che hanno consentito nuovi sbocchi a questa tecnica nel campo dell'a. conformazionale e configurazionale, dell'identificazione di strutture organiche, delle interazioni in soluzioni in ragione dell'elevata specificità dell'informazione, della minima quantità di campione richiesta, della rapidità cinetica delle reazioni che possono essere seguite. L'a. termica e calorimetrica hanno avuto in passato campi di applicazione più ampi nella chimica organica che in quella analitica: oggi, con l'innovazione della calorimetria differenziale a scansione e la possibilità di ottenere dati tecnici su microcampioni e di misurare cinetiche catalitiche, hanno trovato nuovi larghi spazi nello studio delle transizioni e delle reazioni in fase solida, dei diagrammi di stato solido-liquido, della stabilità ad alta temperatura di sistemi poco volatili.
Nel settore delle tecniche con raggi X (microsonda + microscopio elettronico a scansione) mediante microprocessore pulsato e lo spettrometro ESCA sono stati raggiunti tali livelli di rapidità e di a. puntiforme da consentire l'a. topologica, sorta di carta geografica della composizione di superfici di differente natura.
Infine anche i metodi radiochimici di attivazione e diluizione isotopica cominciano a essere applicati alle determinazioni ambientali, concentrando su di sé l'attenzione dei produttori di apparecchiature.
Probabilmente altre innovazioni sono già nell'aria e negli studi di progettazione delle industrie produttrici di apparecchiature scientifiche, pronte ad agevolare il compito del chimico analitico strumentale.
L'importante è che, dinanzi a tanta innovazione e sofisticazione, il chimico non si faccia prendere né dal gusto della misura né da quello dell'elaborazione, entrambi incapaci di sopperire a carenze di natura chimica nel sistema in misura.
Occorre considerare, infatti, che vari elementi vengono a condizionare la precisione o riproducibilità (di cui la ripetibilità rappresenta un caso più limitato nel tempo e nello spazio) e l'accuratezza (o corrispondenza fra valore misurato e valore vero) di un metodo analitico, tanto che previsioni in questo senso sono praticamente impossibili e vengono richieste prove sperimentali e controlli intra- e inter-laboratorio con campioni standard (referenziazione analitica). Certamente ai fini del risultato un elemento determinante diviene anche l'insieme degli strumenti impiegati; questi devono essere di prestazioni confrontabili e, comunque, la bontà dei risultati è condizionata dall'apparecchiatura di prestazioni peggiori, rendendo pertanto inutile in alcuni casi disporre di strumenti sofisticati, se tutti gli altri non sono a essi adeguati.
La natura e la finalità di un dosaggio analitico dettano alcune condizioni in funzione della concentrazione minima nei campioni da analizzare, delle sostanze da determinare, della loro natura, del volume, della massa, del tempo disponibile, della precisione e accuratezza richieste: pertanto il controllo dell'a., la preparazione del campione, la scelta del metodo restano una prerogativa del chimico; è importante che questi non vi rinunci in nome dell'automazione e dell'innovazione.
Uno sguardo alle prospettive future dell'a. c. s. non può non tornare a mettere in evidenza alcuni degli aspetti già emersi in quanto detto finora. Innanzitutto è prevedibile un ulteriore perfezionamento e una progressiva diffusione di strumenti e apparecchiature, ritenuti fino a qualche anno fa esclusivi della ricerca scientifica ad altissima specializzazione e qualificazione e che (e sempre più) si sta imponendo nel settore dei servizi e dei controlli. È auspicabile che a questo processo se ne accompagni uno di potenziamento e sviluppo dell'industria italiana di costruzione delle apparecchiature scientifiche.
Un'altra linea di tendenza è quella che s'indirizza verso metodi di analisi sempre più selettivi, evitando pertanto le faticose e non sempre rigorose e positive operazioni di separazione, e sempre più automatizzati. Questo da un lato presuppone lo studio di condizioni sperimentali e dall'altro l'individuazione di reattivi, di segnali indicatori, di ''mascheranti'' che consentano di realizzare il maggior numero possibile di determinazioni diverse sullo stesso campione senza ricorrere a suoi pretrattamenti. Correlato direttamente a questo aspetto è quello delle interferenze: si tende a individuare sempre più la loro natura, estendendone l'indagine, al fine di poter dare reale significato ai risultati ottenuti o comunque di valutarli criticamente.
Ultimo, ma non meno importante punto, è quello relativo alla progressiva estensione dell'a. s. per il dosaggio di un sempre maggior numero di sostanze, ed è particolarmente significativo che tale crescita avvenga con una velocità maggiore nel campo dei composti organici.
Per quanto riguarda le apparecchiature, gli eventi che caratterizzeranno maggiormente lo sviluppo futuro della chimica analitica strumentale sembrano essere: la progressiva conversione delle apparecchiature in ''apparecchiature intelligenti''; la miniaturizzazione; la diffusione e la volgarizzazione dell'uso delle tecniche più sofisticate.
Bibl.: G. Ewing, Instrumental methods of chemical analysis, New York 1969; S. P. Perone, D. O. Jones, Digital computers in scientific instrumentation, ivi 1973; R. Ugo, Analisi chimica strumentale, Milano 1980; L. Campanella, Analisi chimica strumentale applicata, Roma 1981; H. H. Bauer, G. D. Christian, J. E. O'Reilly, Analisi strumentale, Padova 1985; D. Skoog, D. West, Chimica analitica, Napoli 1986.