ANALYSIS SITUS
. L'Analysis situs è un ramo della scienza geometrica non molto noto, di cui difficilmente si potrebbe comprendere una definizione astratta a priori. Conviene, per una più facile comprensione, cominciare a riferire alcuni fatti geometrici che appunto formano oggetto di studio per l'Analysis situs: per analogia il lettore potrà indurre quali fatti similari appartengano allo stesso ordine, e alfine la definizione che potremo dare dell'Analysis situs riuscirà sufficentemente luminosa e giustificata.
Esempî di proprietà geometriche relative all'Analysis situs. - Consideriamo nel piano un cerchio e due punti quali P e P1, uno interno e l'altro esterno (fig. 1): un segmento che unisca P a P1 avrà un punto Q in comune col cerchio; se si unisce P a P1, anziché con un segmento, con un arco di cerchio, anche questo arco viene ad avere un punto R in comune col cerchio; e similmente se si disegna un'altra linea qualsiasi, che ancora unisca P a P1, questa verrà ad avere in comune col cerchio almeno un punto S: precisamente avrà comune o un punto o un numero dispari di punti (fig. 2). Se ora in luogo del cerchio, disegniamo un'altra linea L, chiusa, priva di nodi, e del resto qualsiasi, per esempio una ellisse, un'ovale, un quadrato, o un poligono qualunque, ancora accadrà che ogni linea l, la quale unisca un punto P interno a un punto esterno P1, avrà in comune con L un numero dispari di punti.
Analogamente consideriamo, sulla sfera, una linea chiusa L, e due punti P e P1, uno interno e l'altro esterno alla linea L: anche qui ogni linea tracciata sulla sfera che unisca il punto P al punto P1 deve necessariamente tagliare la L (in un numero dispari di punti). Dal punto di vista fisico, questo fatto significa una cosa assai semplice e notissima: una città, della nostra terra, qualunque sia la sua forma, può essere recinta con un muro in modo che non sia possibile entrarne od uscirne senza attraversare il muro stesso; e simil cosa accade relativamente ad una regione qualsiasi che può venire separata dalle altre parti del mondo mediante una rete di confine.
È questa una verità così elementare da apparire banale; ma se ne scorge il maggiore interesse appena si ricorra al confronto con casi analoghi che presentano poi risultati del tutto diversi.
Invece di una sfera si consideri (fig. 3) la superficie del toro (che è una superficie anulare abbastanza bene realizzata da un comune pneumatico da automobile): su questa superficie torica si tracci il cerchio meridiano C, che costituisce una linea chiusa. Si considerino ora due punti P e P1 del toro, in posizione qualunque, anche come quelli che in figura appaiono essere da parti opposte rispetto a C: ebbene, si potrà sempre passare da P a P1 (come indica la linea tratteggiata) senza attraversare il cerchio C.
Concludiamo che esistono delle superficie, come la sfera, tali che ogni linea chiusa le divide in due parti, ed esistono altre superficie, come il toro, tali che non da ogni linea chiusa sono divise in due parti.
Ecco dunque una notevole proprietà delle superficie e delle linee tracciate su di esse, suscettibile di studio: ed ecco un primo argomento dell'Analysis situs.
Consideriamo ora un foglio di carta: sarà possibile distinguerne le due facce colorandole con due colori diversi, p. es. in rosso e in verde. Se immaginiamo di flettere il foglio facendone un cilindro (fig. 4) sarà possibile ancora distinguere le due facce, una interna ed una esterna, colorandole con i due colori precedenti. Similmente se costruiamo una superficie sferica con una lamina di materiale adatto (p. es. di gomma) è possibile distinguere, variamente colorandole, la faccia interna e la faccia esterna.
Si sarebbe così indotti a credere che qualunque superficie (almeno se materialmente costruibile con opportuna sostanza) sia sempre dotata di due facce, distinguibili mediante due colorazioni diverse. Ora una tale induzione è del tutto erronea: la cosiddetta superficie di Möbius, rappresentata dalla fig. 5 e costruibile facilmente con una semplice striscia di carta, possiede una sola faccia. Percorrendola infatti nel senso della sua lunghezza lungo la linea tratteggiata, da A a B, si passa dall'apparente faccia interna alla apparente faccia esterna, e continuando il cammino fino ad A si arriva alla parte opposta rispetto a quella onde si era partiti.
Ecco dunque una inaspettata distinzione delle superficie in bilatere (quale il cilindro) e unilatere (quale la superficie di Mö- bius): ed ecco un secondo argomento di studio per l'Analysis situs.
Proprietà caratteristica dei fatti dell'Analysis situs. - Consideriamo il fatto, sopra accennato, che una linea chiusa L, disegnata sopra la sfera, divide questa in due parti A e B, tali che non è possibile passare da un punto di A a un punto di B senza attraversare la L. Supponiamo che la sfera sia realizzata con un materiale pastoso, comunque deformabile senza rompersi. Allora potremo trasformare la sfera in infinite altre superficie, come la sfera, chiuse e prive di contorno: p. es. in un ellissoide, in un cilindro (basi comprese) in un cubo, in qualunque poliedro, e in altre superficie, di svariatissime forme e dimensioni. Bene, si consideri una qualunque di queste superficie, S, ottenuta dalla sfera per deformazione: su questa superficie troveremo la linea L che avrà cambiato forma, pur tuttavia rimanendo una linea chiusa. Qualunque sia stata la deformazione subita dalla sfera, ancora la linea L divide la S in due parti, A e B, tali che non si può passare da un punto di A a un punto di B senza attraversare la L. Similmente se, pur lasciando invariata la S, si deforma per continuità la L, ancora questa continua a dividere la S in due parti, quali A e B. Possiamo concludere dicendo che: la proprietà della sfera di essere divisa in due parti A e B da ogni linea chiusa L, tracciata su di essa, è proprietà invariante per ogni deformazione continua della sfera (fatta senza rotture e senza duplicazioni).
Similmente vediamo che, presa una superficie bilatera, questa rimane tale anche dopo aver subito una qualunque defomazione continua, e così pure resta unilatera una superficie che tale fosse: se ne conclude, dunque, che anche essere unilatera o bilatera è, per una superficie, proprietà invariante per qualunque deformazione continua della superficie stessa.
L'anzidetta invarianza costituisce proprietà caratteristica dei fatti inerenti all'Analysis situs, che possiamo quindi definire come segue: l'Analysis situs è quella parte della geometria che studia le proprietà delle figure geometriche che risultano invarianti per trasformazioni continue delle figure stesse (trasformazioni senza rotture o duplicazioni). Le anzidette proprietà vengono designate col nome di proprietà topologiche, e l'Analysis situs si chiama appunto anche topologia.
Alcuni fatti fondamentali dell'Analysis situs. - Osservazioni preliminari. - Quando si vogliono considerare le proprietà topologiche di un ente, occorre distinguere fra proprietà interne e proprietà esterne. Chiamiamo proprietà interne quelle che dipendono dalla figura geometrica considerata, e non dallo spazio ambiente, esterne quelle che allo spazio ambiente si collegano (e occorre notare che le une possono riflettersi nelle altre). Così è proprietà interna di una linea quella di essere aperta o chiusa, mentre è proprietà esterna quella di apparire annodata (come la curva, rappresentata a mo' di nastro, dalla fig. 6) o sciolta (come quella della fig. 7); e per una superficie è proprietà interna l'avere o no orli, esterna il possedere o no una curva doppia.
Nelle considerazioni topologiche ha massima importanza il concetto di connessione, tanto che talvolta l'Analysis situs viene chiamata anche teoria della connessione. Una figura (comunque costituita di punti, linee, superficie, varietà a tre o più dimensioni) si dice connessa quando è possibile passare da un suo punto A a un suo punto B, movendosi con continuità sopra la figura stessa. Ciò significa che, scelti i due punti A e B, e fissato un ε piccolo a piacere, si possono trovare, entro la figura, un conveniente numero n (grande) di punti P1, P2. . . . Pn tali che le distanze AP1, P1P2, P2P3. . . siano tutte minori di ε.
Varietà a una dimensione. - Le varietà a una dimensione, cioè le linee, si distinguono, dal punto di vista interno, in aperte e chiuse: tutte le linee aperte sono trasformabili l'una nell'altra, e similmente accade per le linee chiuse (trasformabili una nell'altra con trasformazioni continue della linea ma non dello spazio ambiente).
Dal punto di vista esterno occorre considerare lo spazio entro cui è immersa la curva, cioè distinguere linee piane, linee gobbe dello spazio usuale a tre dimensioni, linee iperspaziali. Le linee possono essere dotate o prive di nodi, o, più in generale, di punti multipli (nodo è un punto per cui la linea passa due volte, punto multiplo quello per cui la linea stessa passa tre o più volte); le linee gobbe pur sprovviste di nodi nel senso predetto, possono essere annodate o non annodate.
Le curve non annodate si differenziano dalle annodate per la seguente proprietà: senza che la curva debba venire a tagliare sé stessa, una curva non annodata può trasformarsi per continuità fino ad essere ridotta ad un cerchio; ciò invece non può ottenersi da una curva annodata. Cioè: da una curva non annodata realizzata materialmente con dello spago si può ottenere, senza tagliare lo spago, un cerchio, mentre ciò non si può ottenere da una curva annodata.
La proprietà di essere annodata o non annodata è essenzialmente proprietà esterna: questa distinzione non avrebbe alcun senso per un ipotetico animale intelligente, dotato di una sola dimensione, che si supponesse vivere sulla linea considerata.
Più linee aperte, collegate insieme pei loro estremi dànno origine a un complesso di linee; ogni estremo (vertice) può appartenere ad una o più linee, e il complesso si dice chiuso quando ciascun estremo sia comune ad almeno due linee. Il complesso si dice connesso quando si possa passare - movendosi sui lati - da un vertice a un altro vertice qualsiasi del complesso: usualmente i complessi si suppongono connessi. Notevoli i complessi piani, costituiti da linee piane che possono essere comunque ma non possono avere altri punti comuni che i vertici. Un complesso piano chiuso e connesso si chiama anche rete (piana).
Si chiama invece albero un complesso che cessi di essere connesso appena gli sia tolto un qualunque lato (lasciandone gli estremi). Data una qualunque rete si può dedurne un albero, togliendone alcuni lati: precisamente il numero μ dei lati che occorre togliere non dipende dall'arbitrarietà della scelta di essi ed è dato da
dove α1 denota il numero dei lati e α0 quello dei vertici della rete. Nella rete rappresentata dalla figura 8 della pagina precedente sono punteggiate le linee che tolte dànno luogo a un albero: in questo es. è α0 = 18, α1 = 27, μ = 10.
Il fatto che sia μ = α1 − α0 + 1 rientra come caso particolare nel teorema di Eulero che vedremo più oltre parlando in generale delle superficie.
La considerazione dei complessi dà origine ad alcune notissime questioni che rientrano nell'ordine d'idee dei giuochi matematici.
Un primo problema: quando è possibile percorrere per intero un complesso movendosi su di esso con moto continuo, senza percorrere due volte uno stesso lato? E si risponde che ciò è possibile qualora vi siano al massimo due vertici in cui si colleghino un numero dispari di lati.
Un secondo problema: formare coi lati del complesso un cammino chiuso che contenga tutti i vertici del complesso stesso, passando per ciascuno di essi una sola volta. Si conoscono soluzioni per alcuni casi particolari, ma non è nota la condizione generale affinché ciò sia possibile.
Un terzo problema; dato sul piano (o sulla sfera) un qualunque complesso chiuso, questo divide il piano in tante regioni poligonali: si considerano confinanti le regioni che hanno in comune un lato e non un solo vertice. Ebbene, si tratta di colorare, usando quattro soli colori, le singole regioni in modo che ogni regione abbia colore diverso da tutte quelle che con essa confinano (è il problema di colorare una carta geografica con soli quattro colori). Tutti gli esempî noti mostrano la possibilità della cosa, ma di ciò non si possiede ancora una dimostrazione rigorosa, nonostante i moltissimi tentativi fatti anche da matematici illustri.
Lasciando i sistemi di linee aperte, ritorniamo alle linee chiuse o circuiti appartenenti al nostro spazio ordinario. Questi, come abbiamo detto, possono essere sciolti o annodati. Ma le curve annodate non sono tutte riducibili per continuità l'una all'altra, potendo essere variamente annodate: per es. le figure 9 e 10 rappresentano due circuiti annodati che appunto sono diversi fra loro (cioè non riducibili l'uno all'altro). I circuiti annodati diversi sono moltissimi e di moltissimi tipi: ancora non è stata fatta la classificazione che valga a fissare i caratteri topologici da cui essi dipendono.
Come generalizzazione delle curve annodate si hanno le coppie e - in generale - i sistemi di circuiti concatenati: le figg. 11 e 12 ne danno esempio. Molto varie possono essere le forme di concatenazione, potendosi considerare sistemi di un qualunque numero di circuiti, e potendo ciascun circuito avere proprî caratteri topologici del tutto arbitrarî.
Varietà a due dimensioni. - Per le superficie si ha una maggiore ricchezza di caratteri topologici e di proprietà relative. Anzitutto le superficie si distinguono in chiuse (senza orli) e aperte (con orli). Per il relativo studio tutte le superficie si possono ridurre prive di orli, in quanto ogni superficie dotata di orli si può considerare dedotta da un'altra priva di orli alla quale siano stati operati dei fori il cui orlo, più o meno ingrandito, riproduce un orlo della superficie data, e così, viceversa, rimpicciolendo fino a farlo scomparire ciascun orlo di una superfice data, questa può ridursi chiusa.
Ora le superficie si distinguono in bilatere e unilatere: le unilatere sono caratterizzate dall'esistenza di cicli unilateri: ciclo unilatero è una linea chiusa, che gode di queste tre proprietà, ciascuna delle quali è caratteristica:
a) percorrendo il ciclo unilatero viene ad essere invertita la normale alla superficie, cioè un osservatore che parta da un punto P della superficie, essendo disposto secondo un certo senso della nomiale, vi fa ritorno riuscendo disposto secondo l'altro senso;
b) ancora percorrendo il ciclo unilatero si inverte il senso di rotazione intorno al punto P: si prenda un cerchietto di raggio infinitesimo, di centro P, sul quale sia segnata una freccia indicante il senso positivo di rotazione, e si faccia percorrere al cerchio (cioè al suo centro) il ciclo unilatero, fino a riportarlo in P: si vedrà la freccia segnare il verso opposto a quello segnato innanzi;
c) un taglio operato nella superficie lungo un ciclo unilatero dà luogo ad un solo orlo della superficie tagliata; o, ciò che torna lo stesso, percorrendo un ciclo unilatero la parte della superficie che si trova alla destra del ciclo si scambia con la parte sinistra.
E si noti che l'a) esprime una proprietà esterna delle superficie unilatere, mentre le b) e c) esprimono proprietà interne, tuttavia con quella connesse.
Sulle superficie bilatere non esistsno cicli unilateri.
Sopra ogni superficie unilatera esistono sempre cicli unilateri tali che tagliandola lungo questi, la superficie si riduce bilatera. Pertanto alle superficie bilatere deve rivolgersi un'ulteriore analisi.
Le superficie bilatere (chiuse) si distinguono per il loro ordine di connessione P, cioè per il numero dei tagli chiusi che si possono eseguire sulla superficie lasciandola connessa, cioè di un sol pezzo. I,'ordine di connessione P è un numero pari P = 2p; p si chiama anche genere della superficie. L'ordine di connessione è il solo carattere topologico di queste superficie, in quanto due superficie aventi il medesimo ordine di connessione si possono trasformare per continuità l'una nell'altra. Quindi l'importanza di avere modelli delle superficie di connessione P: un qualunque modello prestandosi allo studio di tutte le proprietà topologiche che interessino.
Il più chiaro modello di una superficie di genere p è dato dalla ciambella con p buchi (nella fig. 13 è p = 3). Sostanzialmente identico è l'altro modello comunemente usato, la sfera con p manichi (v. fig. 15); la fig. 14 mostra una superficie di forma intermedia fra la 13 e la 15, e indica così come si ottenga il passaggio per continuità dall'uno all'altro tipo di modello.
Notevoli anche i modelli piani. Anzitutto il rettangolo con p − 1 fori rettangolari (fig. 16); qui occorre immaginare di deformare il rettangolo portando a combaciare gli orli opposti sia del rettangolo contorno che dei fori rettangolari; cioè occorre considerare come concidenti i punti fronteggiantisi di ciascuna coppia di lati opposti. A questo tipo di modello si riconduce il poligono con 4 p lati (nella fig. 17 è p = 3) determinati dai punti:
anche qui occorre immaginare di saldare insieme 1° e 3°, 2° e 4°, 5° e 7°, 6° e 8° lato; e così via, cioè i lati Ai Bi con Ci Di e Bi Ci, con Ai Di (i = 1, 2, . . . . p).
Per rendersi conto della natura di questi modelli piani conviene considerare il modello solido, sfera con p manichi. Se (v. fig. 18) si taglia un manico lungo, le due linee segnate in figura (cioè lungo un meridiano M e un parallelo P del toro che costituisce l'anello del manico) nasce un foro, il cui orlo può ridursi rettangolare, i lati opposti del rettangolo provenendo dai due bordi di ciascun taglio. I passaggi successivi qui accennati appaiono dalle figure 19, 20 e 21; tagliato l'anello del manico lungo il meridiano M, lo si distende riducendolo ad un cilindro, di cui la linea P appare ora una generatrice; tagliando il cilindro lungo la generatrice si ha la superficie indicata dalla fig. 19, da cui si passa con continuità alle superficie rappresentate dalle figg. 20 e 21. Operando così su tutti i manichi si ottiene una sfera con p fori rettangolari, e da questa, per deformazione, un rettangolo con p − 1 fori rettangolari. Le coppie di tagli relativi a ciascun manico prendono il nome di retrosezioni: se i tagli si fanno partire da uno stesso punto della sfera si viene invece ad ottenere il poligono con 4 p lati.
Modelli spaziali di superficie unilatere si possono ottenere solo dotati di una curva doppia, lungo la quale la superficie taglia sé stessa. Il modello generale si ha come segue: si assuma una sfera di raggio r, e si consideri la linea C intersezione della sfera con un cilindro di raggio più piccolo, p. es.
il cui asse r sia tangente alla sfera.
La linea C viene ad avere un asse a di simmetria, cioè il diametro della sfera che passa per il punto di contatto di essa con l'asse del cilindro. Si tagli ora la sfera lungo la C, asportandone la parte interna al cilindro, e questa venga sostituita da una superficie rigata che si ottiene collegando con fili tesi i punti di C simmetrici rispetto all'asse a. Attaccando ora alla residua parte di sfera p manichi (p ≥ o) si ottiene il modello generale delle superficie unilatere d'ordine di connessione dispari 2 p + 1. Il modello per le superficie unilatere d'ordine di connessione pari 2 p si ottiene dotando anzitutto una sfera di due orli, quali C, in ciascuno dei quali siano collegati i punti simmetrici, e attaccando alla parte residua p − 1 manichi.
Il modello generale piano delle superficie unilatere si ottiene dal modello delle superficie bilatere aggiungendo uno o due fori circolari, e immaginando collegati i punti dell'orlo di detti fori che risultano diametralmente opposti.
Linee tracciate sopra una superficie. - Presa una superficie qualsiasi si consideri su essa un insieme di linee aperte: queste linee devono essere così disposte che non abbiano altri punti in comune fuori degli estremi, che l'estremo di una sia comune ad almeno un'altra, e sia possibile passare da un punto di una a un punto di qualsiasi altra movendosi sopra le linee stesse. Inoltre le parti di superficie delimitate da coteste linee devono essere semplicemente connesse, cioè tali che ogni taglio chiuso (o taglio aperto che ne congiunga due punti dell'orlo) spezzi la parte considerata. Un tale insieme di linee costituisce un reticolato: si indica con α0 il numero dei vertici del reticolato (estremi delle linee aperte considerate), con α1 il numero delle linee, cioè degli spigoli del reticolato, e con α2 il numero delle parti superficiali in cui esso divide la superficie, cioè il numero delle facce. Ciò posto sopra una superficie chiusa, qualunque sia il reticolato, si ha
il valore numerico di questa costante è 2 − P, essendo P l'ordine di connessione della superficie. Nel caso di una sfera, o di una superficie riducibile alla sfera, è:
così, in particolare, questa relazione vale per il reticolato costituito dagli spigoli di un comune poliedro, e si ha allora il noto teorema di Eulero: da ciò la relazione che precede per le superficie generali di connessione P prende il nome di teorema di Eulero generalizzato.
Si chiama ciclo una linea, della superficie, chiusa e orientata, immaginata percorsa da un suo punto nel senso definito dal suo orientamento. Se C è un ciclo, − C è il ciclo percorso nel senso opposto al suo orientamento.
Due cicli C1 e C2, passanti per un medesimo punto P, si dicono equivalenti e si scrive
quando C1 può essere deformato per continuità, in modo da essere portato a coincidere con C2, senza cessare, durante la deformazione, di passare per P (e di appartenere alla superficie).
Dati due cicli C1 e C2 (passanti per uno stesso punto P), il ciclo C che si ottiene percorrendo prima C1 e poi C2 si chiama loro somma e si scrive
(che si legge C equivalente a C1 più C2); e qui si noti che non è in generale
cioè i cicli non sono in generale permutabili (rispetto all'equivalenza).
Si chiama nullo, e si scrive
un ciclo C che possa ridursi per equivalenza (per continuità lasciandone fermo un punto) a un cerchietto infinitesimo, si ha
Più in generale, dati n cicli C1 C2. . . . Cn, si può definire la loro combinazione lineare
con λ1, λ2,... λn numeri interi positivi o negativi. S'intende con ciò di percorrere λ1 volte il ciclo C1 nel senso positivo o nel senso opposto secondo il segno di λ1, poi λ2 volte il ciclo C2, e via dicendo. Naturalmente il ciclo così ottenuto può essere sostituito da qualunque altro ad esso equivalente.
Sopra una data superficie F, n cicli C1 C2. . . .Cn, passanti per uno stesso punto P, si dicono costituire un sistema 10ndamentale quando:
a) siano indipendenti, cioè nessuno di essi si possa ottenere come combinazione lineare dei rimanenti o, ciò che torna lo stesso, nessuna combinazione lineare dei detti cicli risulti equivalente a un ciclo nullo;
b) ogni altro ciclo della superficie, passante per P, possa ottenersi come combinazione lineare di essi.
Sopra una superficie bilatera di genere p le 2 p retrosezioni, portate a passare per uno stesso punto, concepite come cicli, costituiscono appunto un sistema fondamentale.
Il numero dei cicli costituenti un sistema fondamentale è fisso, e non varia al variare dei cicli scelti.
Accanto all'equivalenza si considera l'omologia dei cicli: due cicli C1 e C2 si dicono omologhi e si scrive
quando C1 sia riducibile per continuità a C2 senza essere obbligato a passare sempre per un punto: così due cicli equivalenti sono sempre omologhi, ma due cicli omologhi non sono sempre equivalenti. Rispetto all'omologia i cicli sono sempre permutabili:
Anche rispetto all'omologia vi è luogo a considerare un sistema fondamentale di cicli, dai quali ogni altro risulti per combinazione lineare. Il numero di cicli costituenti un sistema fondamentale è P: per una superficie bilatera, come tale può essere assunto il sistema delle retrosezioni (anche se non condotte a passare per uno stesso punto).
Varietà a più dimensioni. - Le cose dette per le superficie si estendono, con qualche complicazione, alle varietà immerse in spazî a quattro o più dimensioni. Vi è luogo a considerare non un solo ordine di connessione, ma, per una varietà ad n dimensioni, n-1 ordini di connessione o numeri di Betti. La formula di Eulero si estende venendo in essa a figurare i varî ordini di connessione. Così in luogo dei soli cicli lineari occorre considerare anche cicli a 2, 3... n-1 dimensioni.
Osservazioni e notizie complementari. - L'Analysis situs nel quadro generale delle matematiche. - Le proprietà topologiche degli enti sono le proprietà più profonde, giacché - come abbiamo visto - non si alterano per una deformazione continua degli enti stessi. Per contro le proprietà topologiche di ciascun ente non possono essere molte, dovendo riuscire comuni a tutti gli enti che si ottengono dal primitivo attraverso deformazioni che, soggette alla sola condizione della continuità, alterano moltissimo le figure cui sono applicate. Da queste considerazioni appare chiara l'importanza teoretica della topologia; ma si può essere indotti a credere che assai scarse ne siano le effettive applicazioni agli altri campi della matematica. Invece molti fatti della matematica, ed alcuni della fisica, si collegano, più o meno direttamente, a fatti topologici; in particolare l'algebra, come studio qualitativo delle equazioni algebriche in una o più incognite, fa frequente ricorso alla topologia, specialmente nelle sue proposizioni che hanno aspetto numerativo. Così addirittura il teorema fondamentale dell'algebra (esistenza di una e quindi di n radici per l'equazione di grado n) esprime un fatto essenzialmente topologico (di cui qui non sarebbe agevole mettere in chiara luce il vero aspetto). Ma più ancora le considerazioni topologiche riescono utili per lo studio dell'equazione in due variabili x e y
cioè della curva algebrica i cui punti hanno coordinate x e y soddisfacenti l'equazione stessa. Essendo x e y variabili nel campo complesso, le coppie di valori x e y soddisfacenti la f (xy) = 0, costituiscono una varietà a due dimensioni, cioè una superficie, che prende il nome di riemanniana della curva f: e lo studio di questa superficie riemanniana riflette proprietà dell'equazione f. Così, p. es., il genere della riemanniana sta a rappresentare l'espressione
(n indicando l'ordine della curva, cioè del polinomio f, e δ il numero dei suoi punti doppî reali o immaginarî) e fornisce un carattere invariante per trasformazioni birazionali della curva, che corrispondono a deformazioni della riemanniana ottenibili per continuità.
Lo studio poi delle superficie algebriche, cioè delle equazioni
porta a considerare varietà a quattro dimensioni, luogo delle terne di valori x y z soddisfacenti la f = o, e le proprietà topologiche di queste varietà. E analogamente si dica per le equazioni in n variabili.
Cenni storici e bibliografici. - Il primo a occuparsi sistematicamente dell'Analysis situs fu J. B. Listing (Vorstudien zur Topologie, Gottinga 1848; e Census räumlicher Complexe, Gottinga 1862), al quale si deve il nome di topologia dato a questo ordine di ricerche, mentre la denominazione più comune di Analysis situs proviene da Leibniz. È merito di F. Klein (Vergleichende Betrachtungen über neuen geometrische Forschungen, Erlangen 1872) l'aver fissato con chiarezza e precisione l'ambito dell'Analysis situs, definendola appunto quale studio delle proprietà delle figure geometriche le quali risultino invarianti rispetto al gruppo delle trasformazioni continue dello spazio ambiente o - più in generale - delle figure geometriche stesse.
Però le ricerche prime di topologia sono più antiche di oltre un secolo: si riferiscono alle linee tracciate sul piano e sorgono dal cosiddetto Problema dai sette ponti di Königsberg (determinare una via che li attraversi tutti passando da ciascuno una sola volta) dei quali si occupò Eulero (Petropolitani commentarii, VIII, 1736). Allo stesso Eulero (Petropolitani novi commentarii, IV, 1752) appartiene la formula che lega i numeri degli elementi di un poliedro, formula che può considerarsi come fondamentale per l'Analysis situs, in quanto viene generalizzata a reticolati tracciati su una superficie qualunque, e ne è riconosciuto il legame con l'ordine di connessione della superficie stessa. Per la storia, assai complessa, del teorema di Eulero v. M. Brüchmer, Vielecke und Vielfache (Lipsia 1900). Qui ci basti ricordare, sia per l'estensione del teorema che per la sua interpretazione, S. L'Huilier (Annales de Gergonne, 1812-13) e - in forma più completa e molto posteriormente - A. F. Möbius, R. Hoppe, J. B. Listing.
Ora i reticolati ci appaiono anche come insieme di cicli. Da questo punto di vista occorre ricordare che le prime ricerche sulle reti, concepite come insieme di cicli, appartengono al fisico Kirchhoff (Petropolitani novi commentarii, 1847) che ebbe ad occuparsene considerandole come sedi di correnti elettriche; ma la teoria generale dei cicli, con la distinzione fondamentale dei due concetti di omologia e di equivalenza appartiene a H. Poincaré (Journal de l'Ècole Polythechnique, Parigi 1895); quantunque i cicli stessi concepiti come cammini di integrazione per integrali curvilinei, fossero già stati comunemente considerati dai matematici alquanto prima.
D'altra parte i cicli considerati in sé, come linee dello spazio, indipendentemente dalla superficie su cui possono essere tracciati, cioè i circuiti sciolti o annodati, concatenati o liberi, furono oggetto di studio da parte di Listing, Mobius, O. Simony; ma, come si è detto, in questo campo non si è giunti a risultati conclusivi.
Quanto poi all'applicazione delle considerazioni topologiche ai problemi dell'analisi, essa rappresenta un particolare titolo di gloria per B. Riemann (Dissertation, Gottinga 1851; Theorie der Abel'schen Funktionen, Berlino 1857) che ne trasse grande vantaggio specialmente per lo studio delle funzioni algebriche e delle trascendenti ad esse collegate. Né qui si può dimenticare l'opera di F. Klein (Riemannsche Flächen, corso litografato a Gottinga 1892), che fra l'altro mostrò l'importanza di considerare superficie unilatere, la cui scoperta si deve a Möbius (Gesammelte Werke, Lipsia 1885-1887, II, p. 519), per lo studio delle questioni di realità relative alle curve algebriche.
Infine l'estensione dello studio topologico alle varietà a tre o più dimensioni si deve sostanzialmente al nostro E. Betti (Annali di matematica, s. 2ª, IV, 1870-71) e al Poincaré (loc. cit., 1895, e Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, 1899, 1904).
Bibl.: Per notizie più particolareggiate sulla topologia vedasi M. Dehn, e P. Heegaard, in Encycklopädie der mathematischen Wissenschaften, III, i, i, p. 153 o anche M. Dehn, in Pascal, Repertorium der Mathematik, Lipsia 1910, II, p. 174. In questi articoli sono ampiamente indicati i lavori originali. Per iniziare lo studio dell'Analysis situs si può vedere F. Enriques e O. Chisini, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni, Bologna 1914, dove appare messo in particolare luce il legame di questa teoria con lo studio delle equazioni algebriche dipendenti da un parametro.