ANASSILA o Anassilao ('Αναξίλας o 'Αναξίλαος)
Figlio di Cratine, tiranno di Reggio (494-476 a. C.). Discendeva da famiglia emigrata dalla Messenia e domiciliata a Reggio da lunga pezza. Era pervenuto al potere rovesciando l'oligarchia dominante. Per la sua posizione stessa, Reggio era rivale di Zancle, la città dell'altra sponda dello Stretto, a capo della quale era in quel momento Scite, alleato d'Ippocrate tiranno di Gela. Anassila aveva pertanto di fronte a sé un avversario che incuteva rispetto. Per di più, il territorio di Scite stava per essere ripopolato dall'afflusso di profughi di Samo e di altre città ioniche, ai quali gli Zanclei avevano preparata una sede sulla costa settentrionale dell'isola. Ma la situazione fu improvvisamente mutata, per il fatto che i Samî, invece di fondare una nuova città, s'impadronirono di Zancle stessa, ed acquetarono Ippocrate, venuto a dare aiuto agli alleati, con una larga partecipazione alle spoglie. La condotta proditoria dei Samî fu dovuta, come tra i Greci dell'Italia meridionale si narrava, ai suggerimenti dati loro da Anassila. D'altro canto, i Samî non dominarono a lungo a Zancle. Anassila s'impadronì di questa città e la popolò con gente di diversa stirpe. Ci si parla anche di Cadmo di Cos che avrehbe strappata - se così si deve leggere nell'antico testo - la città ai Samî e l'avrebbe popolata appunto con elementi di razza diversa. C'è quanto basta per vedere che si tratta di uno stesso fatto e che Cadmo non fu che lo strumento di cui Anassila si valse al suo intento. Nel corso di questi avvenimenti il nome di Zancle fu sostituito con quello di Messene e poi Messana.
Anassila pertanto raccolse sotto la sua signoria le due città, le quali espressero la loro unione politica anche nella coniazione, nella quale adottarono gli stessi tipi. Anassila acquistava il controlla della navigazione dello Stretto, ad assicurare il quale costrusse fortificazioni su qualche punto della costa ionica, come certamente su quella del Tirreno. Egli ebbe anche il lustro invidiato delle vittorie olimpiche, grazie alla valentia delle sue mule, ch'egli volle celebrata sulle monete e in un epinicio di Simonide. La tradizione conservò l'eco della nomea acquistata da Anassila, facendone il soggetto di varî aneddoti.
Anassila si era imparentato con Terillo, tiranno d'Imera, di cui sposò la figlia Cidippe. Quando Terillo, spodestato da Ierone d'Agrigento, si adoperò ad indurre i Cartaginesi a un intervento armato in Sicilia, Anassila diede i suoi figli in pegno della fedeltà del suocero. Ma dopo la disfatta d'Imera (480) dovette cercare di rappacificarsi coi Dinomenidi, e sembra ci sia riuscito senza gravi sacrifici. Negli ultimi due anni della sua vita prese le armi contro Locri, ma a favore di questa città intervenne Ierone di Siracusa, e Anassila fu obbligato a desistere dall'impresa. Morì, come s'è accennato, nel 476. Lasciò figli che poi furono espulsi da Reggio.
Ci parlano di Anassila Erodoto e Tucidide, il primo dei quali ci rappresenta la tradizione che correva tra i Greci dell'Italia meridionale, intorno al 440 a. C. Frammenti di un'altra tradizione, più ricca di particolari, ma meno pura, si hanno in Aristotele, Eraclide Pontico, Diodoro e Strabone. Una rielaborazivne arbitraria di antiche nntizie ci è data nell'opera di Pausania.
Bibl.: A. Holm, Gesch. Siciliens, I, p. 199 segg., e trad. ital. Dal Lago-Graziadei, Torino-Palermo 1894-95, p. 380 seg.; Freeman, History of Sicily, II, trad. tedesca del Lupus, Lipsia 1897, p. 92 segg.