Anastasio III
Romano; salì al soglio pontificio dopo la morte di Sergio III. Fu consacrato probabilmente nel giugno del 911 (o all'inizio del successivo mese di settembre, forse l'8: cfr. J.F. Böhmer, Regesta Imperii, II, 5, Papstregesten 911-1024, a cura di H. Zimmermann, Wien-Köln-Graz 1969, p. 4); le vicende del suo pontificato, che fu breve quasi come quello del successore Landone, non sono ben note.
A Roma, allora, la situazione era critica: dalla scomparsa di Giovanni VIII, assassinato nell'882, si erano succeduti sulla cattedra di Pietro ben undici papi; la città, sconvolta dal fermento delle forze che volevano liberarla dal vincolo delle grandi istituzioni che vi avevano sede, tentava di avviarsi anch'essa verso un'autonoma vita cittadina. Vi si era affermata una potente fazione guidata da un nobile, il "consul et senator" Teofilatto, alto funzionario della Curia papale, che aveva accanto a sé una donna estremamente energica, la moglie Teodora; alcuni pontefici, e specialmente il predecessore di A., Sergio III, per prevalere si erano dovuti appoggiare alla fazione di Teofilatto.
È probabile che lo stesso A., soffocato dalla personalità del "consul et senator", vero padrone dello Stato romano, non abbia potuto esercitare alcuna influenza sulla vita politica neanche della propria città. Di A. ci resta, autentica, una sola bolla con cui concede al vescovo di Vercelli, Ragimperto, l'uso del pallio; la bolla Convenit apostolico, con la quale, "petente Hogero archiepiscopo", A. avrebbe confermato e aumentato i privilegi della Chiesa di Amburgo, è apocrifa. Non abbiamo notizia della risposta, se pure la dette, al patriarca di Costantinopoli, Nicola il Mistico, che con lui si era lamentato per lettera del permesso concesso da Sergio III a Leone III imperatore di sposarsi per la quarta volta. A. morì dopo poco più di due anni di pontificato, forse nel giugno 913 (L. Duchesne), o in agosto, o, addirittura, a fine ottobre di quell'anno (J.F. Böhmer, Regesta Imperii, p. 5).
L'epitaffio di A. (Inscriptiones Christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores, a cura di G.B. de Rossi, II, Romae 1888, nr. 85, p. 217) - noto perché trascritto da Mallio - testimonia che la sepoltura del pontefice si trovava nell'atrio dell'antica basilica. Nella sezione finale, infatti, si invitavano i pellegrini di ogni luogo che sarebbero giunti dinanzi le porte del santuario (v. 7: "limina currentes ad templi undique huius") a pregare Dio, affinché concedesse il riposo eterno (v. 8: "ut praestet requiem poscite corde Deum") al vate A. (v. 1) che aveva retto la Sede apostolica governando amabilmente (v. 3: "sedem apostolicam blando moderamine rexit") e che ora si dirigeva verso Cristo fiducioso che per la sua clemenza ogni colpa gli sarebbe stata rimessa (vv. 5-6: "ad Christum pergens peccati vincula sperat / solvere clementer omnia posse sibi").
fonti e bibiografia
Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, p. 448.
Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 239.
L. Duchesne, Les premiers temps de l'état pontifical, Paris 1911³, pp. 312 ss.
P. Brezzi, Roma e l'Impero medioevale, Bologna 1947, pp. 99 ss.
N. Oikonomidès, La dernière volonté de Léon VI au sujet de la tétragamie (mai 912), "Byzantinische Zeitschrift", 56, 1963, pp. 46-52.
J.H. Erickson, 'Oikonomia' in Byzantine Canon Law, in Law, Church and Society: Essays in Honor of Stephan Kuttner, a cura di K. Pennington-R. Somerville, Philadelphia 1977, pp. 225-36.
Lexikon für Theologie und Kirche, I, Freiburg 1993³, s.v.