ANASTASIO
Frate minore, forse del convento fiorentino di Santa Croce, vissuto nella prima metà del secolo XIV, compilò una riduzione latina dell'Eneide, su cui ser Andrea Lancia avrebbe svolto il primo volgarizzamento in prosa dei poema antico. Nient'altro è noto della sua vita, benché abbia un ruolo di non poco interesse nella tradizione virgiliana e in quella del volgare italiano, e le notizie stesse sulla sua opera sono incerte e non sempre concordi. Le soscrizioni e le note dei codici, la sola fonte cui sia possibile ricorrere, mentre assegnano la riduzione a frate Anastasio, "uomo discreto e letterato" (il nome si corruppe in Atanasio nell'editio princeps epoi in tutta una tradizione erudita, fino al Segre), mostrano lacune e diversità nell'attribuzione del volgarizzamento: a ser Andrea Lancia in alcune, ma in altre, e in numero maggiore. ad A. stesso. È vero che la divisione del lavoro tra A. ed Andrea, rilevata su un codice dal Benci e convalidata poi dall'autorità del Parodi, fu accettata senza discussione (il solo De Marinis la lascia più obiettivamente in sospeso), ma tutto il materiale andrebbe riesaminato. per giungere a proposte e conclusioni più sicure. Tra l'altro nessuno sembra essersi accorto di una nota dello Sbaraglia, che parrebbe identificare A. in un frate Anastasio Masini, ancora vivo in Firenze nel 1389. Così stando la ricerca e poiché non è stata rintracciata la traduzione latina, ogni indagine e interesse si sono rivolti al Lancia, e dalla sua biografia e attività dobbiamo desumere quanto può riferirsi ad Anastasio. Il volgarizzamento lancèo viene datato, in base a una nota cronologica in un codice e ad una citazione del Villani, agli anni 134-1316, entro i quali e nello stesso ambiente culturale anche A. dovrebbe aver operato; i due lavori sembrano infatti ambedue dedicati a Coppo di Borghese Migliorati, priore in Firenze per numerose volte nella prima metà del Trecento. Il volgarizzamento ebbe ben presto successo, e le copie si moltiplicarono: ben quindici codici ci sono infatti rimasti, ed alla editio princeps curata dal Levilapide a Vicenza nel 1476, ne seguirono numerose altre fino a quella del Fanfani; ma nello stesso Trecento, Angelo di Capua prese a fondamento il testo del Lancia per la sua traduzione in volgare siciliano. Ed è tale vulgata conoscenza un motivo che può forse dar ragione della scomparsa del testo latino. Da quanto si può intendere da questa tradizione indiretta e per quanto dunque gli si può imputare, il lavoro di A. parrebbe quello di un riduttore non poco maldestro, che omette parti essenziali del racconto, anche dal punto di vista delle vicende narrante, insomma "un centone di brani virgiliani collegati spesso malamente e approssuinativamente"; ma ebbe il merito o la ventura di lasciare pressoché intatto il verso virgiliano, "sicché, per sua fortuna. abbondanti porzioni dell'originale stanno davanti a ser Andrea, che le rende in stile fiorito, studiando di conservare tutte le trasposizioni e gli ornamenti del verso latino" (Folena). In altri termini, propose e costituì la base, forse a se stesso, per uno dei più interessanti volgarizzamenti fiorentini degli autori classici.
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