ANCA (lat. ancha, coxa; fr. hanche; sp. cadera; ted. Hüfte; ingl. hip)
È una regione che si trova in corrispondenza della parte laterale e posteriore della pelvi (v.) e della parte laterale e superiore della coscia (v.). È costituita dall'osso dell'anca, dall'estremità superiore del femore, dall'articolazione dell'anca e dalle parti molli che sono disposte lateralmente e posteriormente intorno a questa articolazione (figg. 1, 2 e 3).
Gli anatomici non sono d'accordo nello stabilirne i limiti: alcuni ammettono che l'anca sia molto vasta e la considerano composta dalle regioni glutea, subinguinale ed otturatoria; altri assegnano ad essa limiti assai più ristretti e cioè quelli della regione trocanterica.
Crediamo che per anca si debba intendere la regione glutea e la regione trocanterica prese insieme e allora i suoi limiti sono i seguenti: superiormente la cresta iliaca; inferiormente il solco gluteofemorale (solco gluteo, piega della natica) ed una linea che lo prolunghi fino al margine mediale del muscolo sartorio; anteriormente una linea retta che discenda dalla spina iliaca anteriore superiore lungo il margine mediale del muscolo sartorio, fino al punto d'incontro del limite inferiore; posteriormente è delimitata da una linea retta che va dalla spina iliaca posteriore superiore all'apice del coccige e, al disotto di questa linea, è delimitata dalla scanalatura interglutea.
Costituiscono l'anca: la pelle, il tessuto sottocutaneo, muscoli, vasi sanguiferi e linfatici, nervi, l'osso dell'anca, parte del femore; e si trova in questa regione l'articolazione dell'anca.
La pelle nulla presenta di notevole. Il tessuto adiposo sottocutaneo è molto abbondante nella natica, specialmente nel bambino e nella donna. Nelle Boscimane e nelle Ottentotte il tessuto adiposo presenta un volume straordinario: a questo grande accumulo di grasso viene dato il nome di steatopyga, steatopigia (da στέαρ "grasso" e πυγή "natica"). Tutti i muscoli dell'anca partecipano con porzioni più o meno estese a costituire la regione; questi muscoli sono: il muscolo psoasiliaco, il muscolo gluteo grande, il muscolo gluteo medio, il muscolo gluteo piccolo, il muscolo tensore della fascia lata, il muscolo piriforme (m. piramidale), il muscolo otturatore interno, i muscoli gemelli e il muscolo quadrato del femore. A questo gruppo di muscoli devono essere aggiunte: parte del muscolo sartorio, il quale appartiene al gruppo dei muscoli anteriori della coscia, parte del muscolo otturatore esterno, che appartiene al gruppo dei muscoli mediali della coscia, e le parti superiori dei muscoli semimembranoso, semitendinoso e capo lungo del bicipite, muscoli, questi tre ultimi, che appartengono al gruppo posteriore dei muscoli della coscia ed hanno la loro origine sulla tuberosità ischiatica. Le arterie sono: l'arteria glutea (a. glutea superiore), l'arteria ischiatica (a. glutea inferiore) ed è nella regione un breve tratto dell'arteria pudenda interna, la quale esce dalla pelvi per il grande forame ischiatico, contorna la faccia esterna della spina ischiatica e rientra nella pelvi per il piccolo forame ischiatico. Le vene ed i linfatici hanno ben poca importanza. I nervi sono: il nervo ischiatico (n. grande ischiatico), che è il nervo più voluminoso dell'organismo, entra nella regione attraverso alla parte inferiore del grande forame ischiatico, coperto posteriormente dai muscoli piriforme e grande gluteo e decorre in avanti sui due muscoli gemelli, sul tendine del muscolo otturatore interno e sul muscolo quadrato del femore; poi vi sono: il nervo ileoipogastrico (n. grande addomino-genitale), il nervo gluteo superiore ed il nervo gluteo inferiore (n. piccolo ischiatico). Lo scheletro è costituito dall'osso dell'anca e dall'estremità superiore del femore: l'osso dell'anca sarà descritto insieme con le altre ossa della pelvi.
L'articolazione dell'anca (articolazione coxo-femorale) è una enartrosi; le parti articolari ossee sono costituite dall'estremità superiore del femore e dall'acetabolo dell'osso dell'anca, il quale è fatto più ampio da un anello fibrocartilagineo denominato labbro cotiloideo o cercine cotiloideo, chiamato da molti, ma erroneamente, labbro glenoideo, il quale s'inserisce sul ciglio dell'acetabolo; in corrispondenza dell'incisura dell'acetabolo il labbro le passa sopra a guisa di ponte ed a questo tratto del labbro si dà il nome di legamento trasverso dell'acetabolo.
I mezzi legamentosi sono: la capsula, i legamenti di rinforzo di questa e il legamento rotondo. La capsula ha forma di manicotto (fig. 1) e s'inserisce dalla parte dell'osso dell'anca, alla superficie esterna del labbro cotiloideo fino in vicinanza del margine libero di questo ed all'osso posto in prossimità del labbro; dalla parte del femore la capsula si attacca: anteriormente alla linea intertrocanterica e posteriormente al collo del femore su di una linea parallela alla cresta intertrocanterica, a un dito trasverso medialmente ad essa. La capsula articolare è formata da uno strato esterno fibroso e da uno strato interno di tessuto connettivo fibrillare lasso che costituisce la membrana sinoviale (v. articolare sistema). I legamenti di rinforzo della capsula sono: il legamento ileofemorale (l. del Bertin, l. ad Y del Bigelow), il legamento pubocapsulare (l. pubofemorale) ed il legamento ischiocapsulare (l. ischiofemorale); i nomi dei legamenti indicano la loro origine e la loro terminazione: sorgono dall'osso dell'anca, si mescolano ai fasci fibrosi della capsula rafforzandola e poi o vanno a fissarsi al femore o si perdono sulla capsula. Altro legamento di rinforzo della capsula è la zona orbicolare, compresa nella parte profonda dello strato fibroso della capsula: la zona orbicolare è un anello fibroso che cinge il collo del femore e sta inserito al margine anteriore dell'osso iliaco subito al di sotto della spina iliaca anteriore inferiore, al ciglio cotiloideo ed al labbro cotiloideo. Il legamento rotondo è un organo rudimentale posto dentro all'articolazione, si attacca da una parte alla fossetta della testa del femore e dall'altra alla incisura dell'acetabolo e al legamento trasverso.
L'articolazione dell'anca eseguisce movimenti: di adduzione, di abduzione, di flessione, di estensione, di rotazione e di circumduzione.
Malformazioni congenite. - L'anca è sede molto frequente di deformità congenite e tra queste, di gran lunga la più frequente, la lussazione congenita, particolarmente nelle razze più progredite e soprattutto nella razza bianca. Il sesso femminile è più spesso colpito; si tratta di lesione certamente ereditaria e segue, secondo alcuni autori, le leggi di Mendel. La trasmissione qualche volta può avvenire anche per mezzo del padre, anche se questo è sano, ma vi sono nella sua famiglia membri affetti da lussazione dell'anca; è evidente quindi che si tratta di un vizio di prima formazione, molto primordiale, che colpisce la parte articolare in modo da portare subito, o più tardi, al momento delle prime deambulazioni, alla perdita di contatto fra le parti articolari. Le numerosissime teorie avanzate per spiegare la lussazione dell'anca non hanno portato a maggiore delucidazione della sua patogenesi.
Le lesioni anatomopatologiche possono essere molto varie; si riferiscono alla testa ed al collo femorale e particolarmente alla capsula, la quale per adattarsi all'allontanamento delle superficie ossee articolari, si allunga, si trasforma in un lungo cilindro e presenta talvolta uno strozzamento intermedio, che dà alla capsula una forma a clessidra.
Questo cercine fibroso interposto costituisce spesso un grave ostacolo alla riduzione incruenta. Il legamento rotondo si allunga e qualche volta finisce per atrofizzarsi e scomparire. Altre volte invece si presenta grosso e ipertrofico. Con l'andare del tempo si hanno notevoli fenomeni di adattamento alle mutate condizioni. L'acetabolo non utilizzato tende ad appianarsi, la testa si modella sulla parte colla quale è venuta in contatto e tende a costituire una neoartrosi.
Con l'andare del tempo e con l'esplicazione della funzione articolare in queste condizioni anormali, avvengono di solito fenomeni reattivi a carattere osteoproduttivo, fino a raggiungere un completo quadro di artrite deformante. Anche i muscoli si adattano alle mutate condizioni. Alcuni si allungano, perché colla lussazione si sono allontanate le loro normali inserzioni, più spesso altri si accorciano per la ragione opposta, altri infine, come lo psoasiliaco, subiscono una deviazione della normale direzione dei loro fasci.
Il primo sintomo della lussazione dell'anca, specie se è unilaterale, è lo zoppicamento; se è bilaterale, vi è una caratteristica andatura ondeggiante, detta anche "andatura anserina".
L'esame clinico accurato permette di rilevare la testa femorale fuori della sede normale ed in genere situata posteriormente; si riscontrano inoltre tutti i sintomi consecutivi alla deficiente fissazione dell'arto al bacino tra cui, particolarmente caratteristico, il sintomo di Trendelenburg, distinguendo la lussazione dalla coxa vara e da fatti di artrite cronica infantile, da postumi di epifisiti e di traumi quando, per merito del grande chirurgo pisano Paci, è stata introdotta la cura incruenta della lussazione dell'anca, consistente in una manovra di riduzione e nella fissazione successiva dell'anca ridotta, in posizioni adatte per assicurare l'intimo contatto dei capi articolari.
L'immobilizzazione deve essere prolungata fino a retrazione della capsula e dei legamenti, in modo che non sia più possibile il ripetersi della lussazione. Questo metodo è stato perfezionato dal Lorenz, dal Hoffa, dal Calot e da molti altri, fino a raggiungere la perfezione attuale che permette di ottenere risultati completi e duraturi nel 90% dei casi di lussazioni unilaterali e nel 70% circa dei casi bilaterali. La riduzione talvolta, specie nei casi alquanto inveterati, deve essere preparata con interventi destinati a facilitarla, sia facendo tenotomie e miotomie degli adduttori, sia recidendo il cercine costituito dalla capsula articolare, fra la testa lussata e l'acetabolo. Costituiscono talvolta ostacoli alla riduzione le deviazioni del collo femorale e specialmente l'antetorsione. In tali casi la riduzione può essere impossibile e richiede un' osteotomia sottotrocanterica preventiva per correggerla. Altre volte ci si deve contentare di una trasposizione, che non raggiunge il vero e completo contatto delle parti ossee articolari.
Per le lussazioni inveterate e per quelle fin dall'inizio irriducibili, non rimane che l'operazione cruenta la quale, a seconda delle circostanze, potrà proporsi due scopi: o essere radicale e tendere quindi alla riduzione della testa nell'acetabolo, sotto il controllo della vista e con le recisioni delle parti molli interposte (operazione di Hoffa-Lorenz), oppure tendere a raggiungere scopi palliativi. Appartiene a questo gruppo la resezione della testa femorale praticata dal Margari, ma ormai abbandonata da tutti. Le operazioni palliative più moderne si propongono di dare alla testa lussata un nuovo appoggio nel bacino, sia con un innesto osseo, che facendo presa nel grande trocantere vada a poggiare contro l'osso iliaco (Kappis), sia con un innesto osseo, che poggi in basso sulla diafisi femorale preparata a riceverlo e faccia presa in alto sulla tuberosità ischiatica (Maragliano); sia, infine, ricorrendo all'ottimo intervento che va col nome di biforcazione del femore, la cui paternità viene attribuita a Stieda oppure a Frölich, che consiste in un'osteotomia sottotrocanterica, dopo la quale il moncone inferiore del femore poriato in adduzione va a poggiare contro il bacino, mentre il moncone superiore aderisce lateralmente alla diafisi femorale dando, nell'insieme, all'estremità superiore del femore una forma ad Y, che fa presa con le due branche sul bacino.
Di notevole importanza è infine la questione strettamente ortopedica degli apparecchi destinati a sostenere l'anca lussata di cui i tipi più comuni sono quelli ideati da Hessing, Lange, Schede, ecc.
Traumatismi dell'anca. - L'anca, per quanto situata profondamente, è frequente sede di traumatismi, tra i quali vanno ricordate particolarmente le contusioni quasi sempre consecutive a cadute sul trocantere o ad urti da corpi contundenti che colpiscono l'articolazione sia anteriormente, sia posteriormente. La diagnosi di contusione tuttavia sarà giustificata solo quando con l'esame più scrupoloso si possa escludere la presenza di una frattura, perché gli errori in questo senso sono frequenti potendo la frattura decorrere con scarsa sintomatologia.
Le lussazioni dell'anca rappresentano circa il 2% di tutte le lussazioni e stanno al terzo posto per frequenza dopo quelle della spalla e del gomito. La forma più comune è la lussazione posteriore o retrocotiloidea: se ne distinguono due varietà a seconda che la testa poggia contro l'osso ischiatico oppure contro l'ala iliaca. Di gran lunga più rare sono le lussazioni in avanti o precotileidee, di cui pure si distinguono due varietà a seconda che la testa poggia sopra il pube (lussazione ileo-pettinea), oppure poggia sotto il pube contro il forame otturatorio, o addirittura in corrispondenza del perineo.
Le lussazioni, in alto o in basso, sono da ritenere come vere rarità. Le lussazioni posteriori si formano in genere per violenze, che portano l'arto in flessione in adduzione e in rotazione interna. L'arto in tal caso si trova in rotazione interna, mentre nelle lussazioni anteriori, che si formano in genere per traumatismi che agiscono sull'arto flesso o esteso, adducendolo o rotandolo all'esterno, l'arto si trova in rotazione esterna. Ed in tal caso la diagnosi differenziale con la frattura potrà esser fatta solo con la scoperta della testa in avanti fuori della sua sede normale. La cura sarà in ogni caso la riduzione immediata, ottenendo la risoluzione della contrazione muscolare con la narcosi e poi esercitando una trazione progressivamente più intensa della coscia flessa sul tronco ad angolo retto; se questa manovra non riesce si ricorre a manovre più complesse, particolari per ciascun tipo di lussazione.
Per le lussazioni inveterate valgono gli stessi metodi cruenti già accennati per le lussazioni congenite dell'anca.
Un cenno speciale merita la cosiddetta lussazione centrale del femore, che consiste in una frattura del fondo cotiloideo con spostamento della testa femorale verso l'interno del bacino. Vien causata per lo più da cadute sul gran trocantere. La si riconosce per l'accorciamento dell'arto associato a modica adduzione, senza la posizione obbligata di rotazione esterna. La palpazione rettale può permettere qualche volta di sentire la testa sporgente verso il bacino. L'esame radiografico rende la diagnosi evidente.
La cura consiste nella trazione a pesi, in modica adduzione, che dà in genere ottimi risultati funzionali senza bisogno di ricorrere a mezzi più complessi quale la trazione secondo l'asse del collo femorale mediante apparecchi che fanno presa sul trocantere.
Le fratture dell'estremità superiore del femore si possono dividere in fratture della testa, in distacchi epifisarî, in fratture subcapitali, fratture cervicali propriamente dette, fratture basiocervicali, fratture pertrocanteriche, fratture subtrocanteriche, iratture isolate dei trocanteri. Mentre le fratture del collo propriamente dette e le pertrocanteriche son molto più frequenti nell'età avanzata, le fratture della linea epifisaria, i distacchi epifisari sono proprî dell'età infantile e con la consecutiva consolidazione in posizione anormale della testa sono una causa frequente di deformità che vengono più tardi diagnosticate come coxa vara.
Le fratture della testa propriamente detta sono fratture strettamente articolari e per lo più dovute a traumi indiretti, che portano ad uno schiacciamento della testa contro il cotilo. Già sospettate da Dupuytren, solo coi frequenti esami radiologici furono messe in evidenza e si poté constatare che la loro frequenza non è così grande come si pensava. Le fratture del collo possono essere transcervicali, o cervicali propriamente dette, nel qual caso la linea di frattura passa in un piano del collo sagittale ed equidistante approssimativamente dalla testa o dal trocantere. Sono note specialmente per la poca tendenza alla consolidazione, tanto che molto spesso dànno luogo alla formazione di una pseudoartrosi. Per i gravi disturbi funzionali e per i dolori, che i fenomeni artritici concomitanti causano, sono in questi ultimi tempi oggetto d'interventi chirurgici consistenti nella infissione nel collo femorale stesso, sia di osso omogeneo fissato, sia, infine, anche di osso eterogeneo pure fissato, o d'innesti di sostanze eterogenee come pernî di metallo, di avorio, ecc. Le fratture basiocervicali sono in genere solo parzialmente articolari. Spesso sono incuneate e per la loro sintomatologia e per il loro trattamento si accostano piuttosto alle fratture extra-articolari e pertrocanteriche.
Le ferite d'arma da fuoco dell'anca non sono in genere molto frequenti: le ferite trasfosse hanno importanza solo quando il proiettile esercita azione di scoppio sulla testa femorale, dando luogo a fenomeni gravi osteomielitici e artritici, che terminano con la completa perdita della funzione articolare. Talvolta i disturbi sono tali da richiedere una completa esclusione dell'articolazione, anche dalla funzione statica, con un'osteotomia sottotrocanterica e con una biforcazione dell'estremità superiore del femore. Le ferite con persistenza del proiettile nell'articolazione o nelle parti ossee articolari e specialmente nella testa femorale richiedono in genere l'intervento, per evitare fatti artritici. Per quanto le condizioni siano mutate nei tempi moderni e le infezioni gravi siano più rare, tuttavia un numero notevole di casi soggiace a gravi fatti infettivi articolari e, con notevole frequenza, a piemia.
Infiammazioni. - I processi infiammatorî acuti dell'articolazione dell'anca possono essere dovuti ad infezioni le quali penetrano nell'articolazione attraverso una ferita, o ad una soluzione di continuo di qualsiasi origine. Fatta astrazione da questi casi traumatici, le infezioni acute giungono nell'articolazione o per la via ematogena o per diffusione alla giuntura d'infezioni localizzate nelle parti ossee vicine e più specialmente nella testa del femore. La frequenza con la quale germi patogeni si riscontrano nell'epifisi fa sì che facilmente un trauma, anche chiuso, possa far comunicare le epifisi con la cavità articolare ed infettarla. Questo spiega i casi, non rarissimi, di artriti purulente acute consecutive a traumi chiusi contusivi dell'anca. Le forme ematogene possono essere di due classi: vi sono casi di localizzazione piemica nell'anca, quando un fatto piemico da luogo a numerose localizzazioni; nell'anca si può avere poi, per via ematogena, localizzazione di fatti infettivi come nella gonorrea, nel tifo, nella pneumonite, nei quali casi il germe è quello specifico; in altri casi, come per es. nella scarlattina, morbillo, ecc., può anche essere un comune germe piogene, che, in occasione della malattia, ha trovato le condizioni favorevoli per mobilizzarsi ed esplicare la sua azione patogena. Anche l'osteomielite di parti ossee vicine può dar luogo ad artriti acute sierose reattive e, più raramente, a vere artriti purulente. L'artrite acuta sierosa o purulenta, infine, può seguire la scarlattina, il vaiuolo, l'influenza, il morbillo, l'eresipela.
Processi infiammatorî cronici. - La più comune delle coxiti croniche è la coxite tubercolare. Più frequente nell'uomo che nella donna, si riscontra per lo più tra i 2 e i 18 anni, col massimo di frequenza fra i 5 e i 10.
La coxite è molto spesso clinicamente primitiva, per quanto altre localizzazioni debbano, nella maggioranza dei casi, essere presenti, specialmente nelle ghiandole peribronchiali, mediastiniche, mesenteriche, ecc. Il focolaio primitivo è, con notevole frequenza, un focolaio osseo epifisario, formatosi per l'arrivo nell'epifisi di materiale tubercolare, sia libero, sia raccolto in emboli. Nel primo caso i germi esplicano direttamente sull'osso, anche dopo lunghi periodi di latenza, la loro azione patogena; nel secondo caso prima l'embolo agisce sull'osso sottocondrale come ischemizzante, poi i germi iniziano sull'osso così mortificato la loro azione patogena. A questo secondo tipo appartengono i focolai epifisarî cuneiformi descritti da König, da Krause, ecc. La cartilagine d'incrostazione soprastante all'osso alterato dal processo tubercolare soggiace a fatti distruttivi, perché è minata dalle granulazioni tubercolari e non può trarre da queste il suo normale nutrimento. La cartilagine perciò si usura, si ulcera verso la giuntura, spesso si distacca per larghe zone dall'osso sottostante (osteocondrite dissecante) e in tal modo il focolaio tubercolare epifisario viene a comunicare con l'articolazione. I germi si versano nell'articolazione, col movimento di questa si diffondono in ogni sua parte, s'insediano in nuovi punti, sia dell'osso sia della sinoviale, creando nuovi focolai, finché tutta l'articolazione è interessata. Naturalmente anche nell'anca il processo tubercolare può subire varie evoluzioni, nel senso che le granulazioni specifiche possono tendere alla trasformazione fibrosa (rara), possono dare intensi fatti di essudazione sierosa o purulenta (ascessi ossifluenti), ecc. Assai più rara è la localizzazione primitiva al cotilo, più rara ancora la localizzazione primitiva alla sinoviale.
Con la progressiva distruzione dell'osso, specie se è più accentuata a carico dell'acetabolo, si ha una progressiva sublussazione e poi lussazione dell'anca per svasamento e ingrandimento della cavità acetabolare (migrazione dell'acetabolo). Altra volta l'usura interessa il fondo dell'acetabolo e allora si ha la perforazione verso il bacino, con penetrazione in questo di pus, di granulazioni, ecc. La guarigione del processo tubercolare avviene in genere coll'anchilosi. I focolai tubercolari vengono a poco a poco incapsulati dalla proliferazione normale fibroangioblastica, poi fibrosa e finalmente dalla proliferazione ossea che tende a saldare le superficie articolari ulcerate. Solo in rari casi fortunati l'organismo riesce a dominare il processo prima che i guasti della cartilagine siano irreparabili e la mobilità può essere conservata. In tali casi la guarigione può essere molto vicina a una vera restitutio ad integrum.
Tra i postumi va ricordata l'anchilosi in posizione viziata, per lo più in flessione, adduzione e rotazione esterna; il mancato accrescimento per alterazioni gravi della cartilagine di coniugazione; le fistole a lento decorso, il lupus cutaneo, ecc.
La malattia si manifesta col dolore, che può essere per molto tempo l'unico sintomo. Può avere carattere nevralgico, può essere spontaneo, ma si accentua in genere dopo l'affaticamento. Viene soggettivamente spesso riferito al ginocchio, ma con la pressione sia diretta sull'articolazione, sia indiretta, può facilmente essere localizzato nella giusta sede. Al dolore si associa presto lo zoppicamento o perché un versamento si è formato acutamente nell'articolazione, o, più spesso, perché al fatto articolare risponde una pronta contrattura articolare che porta l'arto in flessione, adduzione e rotazione interna. Più tardi interviene anche un accorciamento reale dell'arto in rapporto con la lussazione patologica; caratteristica pure è l'atrofia muscolare.
L'andamento e la prognosi sono in rapporto soprattutto con la violenza dell'infezione, con le risorse organiche e particolarmente con l'età del paziente. Dopo i trent'anni la mortalità diventa notevole e può superare fino il 60% dei casi. La morte avviene quasi sempre per generalizzazione del processo tubercolare in forma di miliare, di meningite, di tubercolosi polmonare. Nelle forme fistoleggianti la morte può avvenire per esaurimento causato dalla profusa suppurazione (degenerazione amiloide), per sepsi generalizzata da infezione mista, ecc.
La terapia della coxite, come di qualsiasi processo tubercolare articolare, deve avere come primo scopo il miglioramento delle condizioni generali del paziente, poiché solo l'organismo con le sue risorse difensive può dominare il processo e i nostri provvedimenti non possono che aiutare lo svolgersi di questi, ma non sostituirsi a questi. Si dovrà perciò in prima linea curare possibilmente che la vita del paziente si esplichi nelle migliori condizioni igieniche: vita all'aria aperta, soggiorno in montagna o al mare; alimentazione ricca, abbondante, ma non intossicante; elioterapia, cure medicamentose iodo-arsenicali, ecc. Sull'articolazione si può agire in senso favorevole limitando la mobilità, che, come si è visto, è fattore di diffusione del processo tubercolare nell'articolazione e scaricando l'articolazione dell'anca dal peso del corpo, poiché l'azione continua delle forze statiche è un fattore di usura progressiva delle parti ossee. Il doppio scopo si raggiunge molto bene col decubito in letto, al quale si può aggiungere la trazione a pesi per eliminare anche la contrazione muscolare, che rappresenta pure un fattore di usura e di pressione dei capi articolari. Questi mezzi si possono realizzare, unitamente con le norme suaccennate per la cura generale, nei sanatorî di alta montagna e marini, nei quali i malati, senza muoversi dal letto, possono essere portati all'aria aperta, al sole, assicurando così il miglioramento continuo delle condizioni generali nonostante il lungo decubito. L'immobilizzazione articolare può anche essere ottenuta con un bendaggio gessato, che immobilizzi l'articolazione ammalata, il ginocchio corrispondente, il piede nonché l'anca del lato opposto. Questo bendaggio deve essere applicato solo quando, o con la narcosi o con la trazione a pesi, si è corretta più o meno rapidamente la posizione viziata dell'arto e questo è stato riportato nella sua posizione normale. Il trattamento col bendaggio può venire utilmente integrato da iniezioni, nell'articolazione, di olio o di glicerina iodoformizzati, che, mettendo in libertà iodio allo stato nascente nella giuntura, stimolano la reazione organica locale e affrettano l'evoluzione favorevole dei processi tubercolari.
Sono ormai completamente abbandonati gl'interventi cruenti e soprattutto la resezione della testa femorale, i cui risultati sia immediati, sia soprattutto tardivi sono da ritenersi pessimi. Spesso la ferita fistoleggia, residuano accorciamenti enormi e i risultati funzionali sono in ogni caso veramente cattivi.
Tuttavia nella coxite può succedere che si debbano talvolta intraprendere interventi. Se si può giungere sopra un focolaio epifisario non ancora comunicante con la giuntura e drenarlo verso l'esterno attraverso il collo e il trocantere, l'intervento può essere utile e il decorso può essere notevolmente abbreviato. Si è proposto recentemente di intervenire nella coxite con innesti ossei transcervicali e paraarticolari, la cui azione, per ragioni non completamente chiare, sembra debba riuscire favorevole alle evoluzioni del processo.
S'intraprendono infine interventi ortopedici per correggere la posizione viziata dell'arto, come per es. l'osteotomia cuneiforme sottotrocanterica di Volkman, la biforcazione, gl'innesti ossei per dare un appoggio nel caso di lussazione e sublussazione patologica, ecc. In alcuni casi infine, perché il paziente è in età avanzata e perché la lesione ormai ha assunto una diffusione irreparabile, per salvare la vita del paziente può essere indicata la disarticolazione dell'anca.
Osteoartrite deformante. - L'anca è sede di predilezione per la localizzazione di fatti osteartritici produttivi deformanti. Soprattutto nei vecchi questa localizzazione è comune ed è nota da molto tempo col nome di malum coxae senile. La lesione è caratterizzata dall'associazione di fenomeni di usura e di distruzione delle parti centrali dell'area articolare e da fatti d'intensa proliferazione osteofitica alla periferia, in corrispondenza del cercine articolare. Il momento eziologico più importante è una causa qualsiasi che renda incongruenti le superficie articolari e dia al movimento dell'articolazione e allo scorrimento delle superficie non più perfettamente corrispondenti il valore d'infinitesimali traumatismi ripetuti milioni di volte. Il trauma è certamente il più comune fattore d'incongruenza articolare e lo si ritrova assai spesso nell'anamnesi degl'individui affetti da malum coxae senile (lussazioni, fratture endoarticolari pregresse), ma anche altre cause possono avere valore analogo; tra queste vanno ricordate le cause congenite e già abbiamo ricordato come, con frequenza negl'individui affetti da lussazione congenita dell'anca non ridotta, o imperfettamente ridotta, assai spesso si verifichino, dopo molti anni, fatti di osteartrite produttiva dolorosa. Così pure, nelle varie deformità congenite ed acquisite (gomito e ginocchio varo e valgo, coxa vara e valga, ecc.), i fenomeni artritici sono l'esito definitivo al quale giungono le lesioni e spesso solo l'intervento di questi fatti dolorosi le fa scoprire. Anche le forme infiammatorie epifisarie infettive possono lasciare deformità, che dànno luogo a forme osteartritiche deformanti (epifisite di Perthes, osteomielite acuta stafilococcica epifisaria della testa femorale, coxa piana).
La lesione primitiva si trova nell'osso sottostante, nel quale si trovano le più gravi alterazioni: focolai di rammollimento, cisti, fenomeni di trasformazione fibrosa del midollo, alterazioni vasali notevoli, che portano con sé gravi ripercussioni sulla nutrizione della cartilagine sovrastante; questa presto perde la sua vitalità, si stacca dalle parti sottostanti, viene sollevata, tende alla necrosi, all'usura. La testa femorale, a causa di queste lesioni distruttive associate ai fatti reattivi proliferativi della periferia, assume un aspetto appiattito fungiforme caratteristico. Col distacco di parti cartilaginee, di parti di osso sottocondrale, di osteofiti endoarticolari si osservano abbastanza spesso corpi liberi articolari. Per le alterazioni infiammatorie dell'area vasculosa e della sinoviale si ha spesso nella crisi acuta versamento sieroso articolare.
I sintomi sono essenzialmente il dolore in corrispondenza dell'anca con irradiazioni al ginocchio, il facile affaticamento e la limitazione nella mobilità, specie dell'abduzione articolare, lo scroscio e le crepitazioni articolari, che sono molto caratteristici. Il decorso dell'artrite deformante è fatalmente progressivo, ma è generalmente lento e subisce spesso delle soste prolungate in cui l'ammalato gode di un relativo benessere. Vi sono al contrario nel decorso spesso degli episodi acuti, causati da strapazzi, traumi, raffreddamenti, prolungati, ecc.
La cura può essere palliativa o chirurgica. La prima comprende l'applicazione di caldo sotto varie forme allo scopo di iperemizzare l'articolazione; i fanghi, i bagni termali (Acqui, Ischia, Abano, Sirmione), la diatermia (v.). Nei periodi acuti l'immobilizzazione e il riposo sono inevitabili ed efficaci. La cura chirurgica può avere varî scopi. S'intraprendono interventi demolitivi, come la resezione della testa femorale, ma i risultati sono in genere pessimi e questa perciò è ormai abbandonata da tutti. Si possono invece ottenere buoni risultati con interventi per irrigidire l'articolazione; sopprimendo la mobilità si sopprime la causa dei dolori e della progressività della malattia. Si fanno delle artrodesi semplici o con innesti ossei transcervicali e transarticolari. Furono intrapresi interventi di artroplastica per rimodellare le parti articolari e interporre lembi aponeurotici per assicurare la mobilità alla giuntura rimodellata, ma i risultati in un intervento cosi complesso sono ancora molto incerti e non convenienti a malati d'età avanzata.
Nei giovani (artrite deformante giovanile) l'artrite deformante è quasi sempre consecutiva o a lussazione dell'anca o a fenomeni infettivi epifisarî della prima infanzia e assai più raramente a forme lievi di coxite tubercolare, che sono guariti senza arrestare il movimento della giuntura.
Una posizione molto vicina all'artrite deformante hanno le forme gottose, rare, in cui l'alterazione primitiva dipende da lesione di nutrizione della cartilagine articolare per alterazioni dell'osso sottocondrale, causate dal depositarsi di acido urico nell'osso e nella parete vasale, e le artropatie nervose (tabe e siringomielia), in cui la lesione primitiva è causata dalle alterazioni trofiche dell'osso sottocondrale. Siccome in quest'ultimo caso si tratta di forme in cui il dolore non costituisce un fattore di vigilanza e di limitazione della mobilità, le lesioni sono più rapidamente progressive e raggiungono gradi estremi, che non si osservano nella comune artrite deformante.
Per la patologia e la chirurgia dell'anca hanno importanza le deviazioni del collo femorale. L'asse del collo femorale forma con l'asse longitudinale della diafisi femorale normalmente un angolo di 125-138 gradi. Inoltre il piano frontale, che passa per il collo, forma col piano frontale diafisario un angolo diedro aperto in dentro e in avanti del valore di mezzo retto circa. Quando l'angolo d'inclinazione scende sotto i 125 gradi e si avvicina all'angolo retto e scende anche al disotto, si ha una deformità che va col nome di coxa vara, quando al contrario aumenta di valore, si ha una deformità che viene indicata col nome di coxa valga. La causa di queste deformità può essere molto varia: deformità congenite, forze statiche dirette o indirette (compensative), traumi che spezzano la continuità del collo femorale (fratture subcapitali, distacchi epifisarî, fratture pertrocanteriche, ecc.), forme artritiche, forme degli adolescenti, ecc.
Naturalmente la sintomatologia varia a seconda della causa e anche l'intervento dipende almeno in parte dalla causa. Vi sono cure palliative come il riposo e la trazione a pesi che possono essere indicate nei periodi di dolori acuti e finché è in atto il processo osseo, che diminuisce la resistenza dell'osso. L'intervento ortopedico più corretto è l'osteotomia alla base del collo, lineare o cuneiforme o assai meglio a linea semicircolare (a cerniera) secondo Codivilla. Anche per la coxa valga l'osteotomia lineare alla base del collo, proposta e praticata da Galeazzi, è il metodo di elezione. Dopo l'osteotomia, con bendaggi e adatte cure ortopediche si deve riportare l'angolo di inclinazione al valore normale.
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