ANCHISE (᾿Αγχίσης o ᾿Αγχείσης, Anchīsa)
Figlio di Capys e nipote di Assaraco, signore della città di Dardano.
Per volere di Zeus, Afrodite si innamorò di lui, e dalla loro unione nacque Enea. A., non avendo rispettato l'ordine di Afrodite di non rivelare le origini divine di Enea, fu accecato (o, secondo altra versione, reso zoppo o ucciso) dal fulmine di Zeus. Caduta Troia, A. fu salvato da Enea e, secondo una tradizione, sarebbe morto sull'Ida, mentre, secondo quella più diffusa, avrebbe seguito Enea in Italia.
In un rilievo di bronzo trovato a Paramythia nell'Epiro, A. è rappresentato in costume frigio, mollemente sdraiato vicino ad Afrodite seminuda, circondata da due amorini: è l'amore narrato già nell'inno omerico ad Afrodite. Le figure di A. ed Afrodite, nello schema della dextrarum iunctio, sono in una moneta di Giulia Domna coniata ad Ilio, forse ispirate da un gruppo statuario. Frequentissima è la rappresentazione della fuga da Troia (v. enea). Lo sbarco, forse in Sicilia, di Enea ed A., che ha in mano la cista dei Penati, è in un rilievo, forse da Formia, del Mus. Naz. di Napoli. La figura di A. compare nel codice virgiliano, Vat. Lat. 3225 (miniature a folii 53° e 57°). In un piatto d'argento del VI sec. d. C., trovato a Kopčiki negli Urali e conservato a Leningrado (Ermitage), è rappresentata l'apparizione di Venere nella tenda di Anchise.
Bibl: O. Rossbach, in Pauly-Wissowa, I, cc. 2106-2109; s. v.; sul piatto di Leningrado, v. L. Matzulewitsch, Byzantinische Antike (Archeol. Mitt. aus russischen Sammlungen), II, Berlino-Lipsia 1929, pp. 25 ss., 39 ss., tav. III.