Ancora nuovi reati in materia di terrorismo
Dopo la drammatica escalation di attentati avvenuti nell’ultimo anno sul suolo europeo, il legislatore italiano è nuovamente intervenuto, anche in attuazione di obblighi internazionali, sui meccanismi di contrasto al terrorismo internazionale. Nel presente contributo vengono presentate le nuove fattispecie di reato introdotte dalla novella, tra le quali un ruolo di primo piano spetta al reato di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo.
SOMMARIO 1. La ricognizione 2. La focalizzazione 2.1 Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo 2.2 Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro 2.3 Atti di terrorismo nucleare 2.4 Una nuova ipotesi di confisca: art. 270 septies c.p. 3. I profili problematici
La drammatica escalation di attentati avvenuti nel corso dell’ultimo anno sul suolo europeo1 ha portato ancora una volta in luce l’urgenza di predisporre un’efficace azione di contrasto al terrorismo internazionale e in particolare al fenomeno dell’estremismo di matrice islamico-fondamentalistica. Così, a distanza di un solo anno dal d.l. 18.2.2015, n. 7, conv. con modif. dalla l. 17.4.2015, n. 432, il legislatore italiano ha ulteriormente potenziato gli strumenti di lotta al terrorismo. La l. 28.7.2016, n. 153, ha adeguato l’ordinamento ad una serie di impegni internazionali3, apportando tra l’altro rilevanti modifiche al codice penale. La recentissima riforma ha focalizzato soprattutto le attività collaterali di supporto materiale e finanziario ad attività di natura terroristica, mirando a bloccare alla radice l’organizzazione di possibili attentati.
Quanto in particolare al versante penalistico, la novella ha aggiunto alla già nutrita costellazione di fattispecie incriminatrici in tema di terrorismo i reati di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270 quinquies.1 c.p.), sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro (art. 270 quinquies.2 c.p.) e atti di terrorismo nucleare (art. 280 ter c.p.), prevedendo altresì una nuova ipotesi di confisca obbligatoria, diretta e per equivalente, per tutti i reati commessi con finalità di terrorismo (art. 270 septies c.p.).
Prima della recente riforma, la punibilità delle condotte di finanziamento al terrorismo era assicurata dagli articoli 270 bis e 270 quater c.p. Il primo incrimina il fatto di chi finanzia associazioni che si propongono di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo. Il secondo punisce le condotte di chi finanzia viaggi in territorio estero finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo. Traendo ispirazione dalla disciplina dell’art. 2 della Convenzione ONU per la soppressione del finanziamento al terrorismo (New York, 1999)4, il primo comma della nuova fattispecie aggiunge ora la possibilità di colpire – sempre che il fatto non costituisca già reato a mente degli artt. 270 bis e 270 ter c.p. – il fatto di chi raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro che siano destinati ad essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento di condotte con finalità di terrorismo. La disposizione precisa che i comportamenti sono puniti «indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi per il compimento delle citate condotte», facendo così trasparire la volontà di anticipare la tutela penale ad atti preparatori rispetto alle condotte di terrorismo. Chi commette il reato è punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Completa la tutela così apprestata il secondo comma della norma, che incrimina le condotte (accessorie) di chi deposita o custodisce i beni o il denaro destinati ad essere impiegati nelle condotte con finalità di terrorismo. Alla minore gravità del fatto corrisponde la pena più mite della reclusione da cinque a dieci anni.
Come emerge dai lavori preparatori5, intento dichiarato della nuova fattispecie è quello di sanzionare in via autonoma comportamenti di «fiancheggiamento o sostegno del terrorismo internazionale». Essa parrebbe dunque doversi applicare a tutte quelle situazioni in cui le condotte di supporto economico o materiale sono realizzate in favore di soggetti che non sono inquadrati tra le fila di un’organizzazione terroristica – configurandosi altrimenti una responsabilità ai sensi dell’art. 270 bis, co. 1, c.p. quanto meno nel caso in cui il finanziamento così assicurato ridondi a vantaggio dell’intera associazione di cui il soggetto finanziato fa parte –, ma costituiscono piuttosto potenziali “lupi solitari” intenzionati a commettere in proprio atti di terrorismo.
Uno spazio applicativo autonomo dell’incriminazione potrebbe poi essere recuperato in via residuale nei casi in cui non vi sia comunque prova dell’inserimento del soggetto finanziato in una associazione terroristica, ovvero laddove il finanziatore non conosca l’affiliazione del soggetto finanziato ad un’organizzazione di stampo terroristico (sempreché le condotte di finanziamento non siano dirette all’organizzazione di viaggi con finalità di terrorismo): in tutte queste ipotesi, infatti, la mancata prova di tutti gli estremi del delitto di cui all’art. 270 bis c.p. non esclude che il soggetto possa essere punito ai sensi della nuova fattispecie, di cui invece sussistono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi6.
Quanto invece al rapporto tra il nuovo art. 270 quinquies.1 c.p. e i singoli reati finanziati (i reati “fine”), il testo della norma lascia impregiudicata la possibilità che il finanziatore possa rispondere a titolo di concorso nelle singole condotte rese possibili dal finanziamento stesso. Al fine di muovere detto rimprovero non sarà però sufficiente dimostrare la generica consapevolezza del finanziatore di contribuire a condotte con finalità di terrorismo, essendo necessario – in linea con i tradizionali canoni del dolo di partecipazione – dare altresì prova che l’agente fosse consapevole (almeno nel grado del dolo eventuale) di concorrere a realizzare lo specifico fatto di reato reso possibile dal finanziamento stesso.
In tale ultima situazione, potrebbe ulteriormente porsi il problema se la responsabilità per concorso nel reato “fine” possa concorrere con quella per la nuova ipotesi di finanziamento. Senza potere qui approfondire questa complessa questione, che chiama in causa i criteri – notoriamente assai controversi – di soluzione del concorso apparente di norme diversi dal rapporto di specialità, conviene semplicemente segnalare che la soluzione del concorso apparirebbe comunque indiscutibile nei casi in cui soltanto una parte dei beni messi a disposizione dall’agente sia concretamente utilizzata per il compimento di una condotta con finalità di terrorismo, di cui il soggetto aveva contezza7.
In secondo luogo, la legge inserisce il reato di sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro (art. 270 quinquies.2 c.p.). La norma sanziona con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 3000 a 15000 il fatto di chi sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora «beni o denaro sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo».
Il significato delle condotte contemplate dalla nuova disposizione può ricavarsi in via sistematica dall’art. 334 c.p., che incrimina proprio la sottrazione e il danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa, commessi dal custode o dal proprietario dei beni.
La nuova disposizione diverge però da detta fattispecie in punto di soggetto attivo, l’art. 270 quinquies.2 è infatti un reato comune, applicabile sia al proprietario dei beni sottoposti al vincolo di indisponibilità, sia a qualunque soggetto che realizza una delle condotte tipiche.
In relazione al presupposto materiale (sottoposizione a sequestro disposto per prevenire il finanziamento di condotte di terrorismo), va osservato che esso potrà consistere in un provvedimento di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) o in un sequestro a titolo di misura di prevenzione (art. 20 codice antimafia). Con riferimento a quest’ultimo profilo, la norma potrà quindi applicarsi sia in caso di sequestro disposto nei confronti di coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongono in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti alla commissione di reati con finalità di terrorismo – purché, naturalmente, il sequestro sia finalizzato specificamente alla prevenzione di fatti di finanziamento – (art. 16, co. 1, lett. a) che richiama art. 4, co. 1, lett. d) codice antimafia), sia in casi di provvedimenti disposti a carico di persone fisiche e giuridiche che siano state segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite (o ad altro organismo internazionale competente) per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (art. 16, co. 1, lett. b), codice antimafia).
In ottemperanza agli obblighi stabiliti dall’art. 2 della Convenzione ONU per la repressione degli atti di terrorismo nucleare (New York, 14 settembre 2005), la legge qui in commento introduce poi tra i reati contro la personalità interna dello stato la figura di atti di terrorismo nucleare (art. 280 ter c.p.).
Il primo comma della nuova fattispecie incrimina con la reclusione non inferiore a quindici anni il fatto di chi – in via alternativa – procura a sé o ad altri materia radioattiva (n. 1) oppure crea o viene altrimenti in possesso di un ordigno nucleare (n. 2).
Il secondo comma considera un grado dell’offesa più avanzato, prevedendo la pena della reclusione non inferiore a venti anni per chi utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare (n.1) oppure utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o determinando il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva (n. 2).
Per svolgere il precetto normativo, l’interprete dovrà necessariamente rifarsi all’art. 3 della novella che detta puntuali definizioni delle sostanze (“materia radioattiva”, “materie nucleari”, “uranio arricchito negli isotopi 235 o 233”) e degli oggetti attinenti alla sfera nucleare (“impianto nucleare”, “ordigno nucleare”).
Va menzionato, infine, che l’ultimo comma della fattispecie estende le pene dei due commi poco sopra richiamati all’eventualità che le condotte abbiano ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici.
Notevole rilievo sistematico ha infine l’inserimento nel codice penale di una ipotesi di confisca obbligatoria, diretta e per equivalente per tutti i reati commessi con finalità di terrorismo (art. 270 septies c.p.)8.
La misura della confisca per i reati di terrorismo non è in verità istituto del tutto sconosciuto al nostro ordinamento. Il sistema previgente conosceva già la confisca obbligatoria diretta nei confronti del condannato per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale o di eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis, co. 4, c.p.).
L’art. 270 septies estende ora tale possibilità a tutti i delitti commessi con finalità di terrorismo e permette, anche in caso di condanna ai sensi dell’art. 270 bis – qualora il reato sia commesso con le dette finalità – di procedere alla confisca per equivalente.
La precedente ipotesi di confisca non verrà tuttavia completamente abrogata, essa conserverà infatti un autonomo spazio di applicabilità in caso di condanna ex art. 270 bis per i reati di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico.
Con la novella cresce ulteriormente il numero delle fattispecie codicistiche deputate alla lotta contro il terrorismo (attualmente, i reati che fanno espresso riferimento al terrorismo sono numerosissimi, anche se spesso caratterizzati – come la nuova figura di atti di terrorismo nucleare – da un certo simbolismo).
Seguendo il tracciato già segnato dalle precedenti riforme, il legislatore intende “coprire” con la minaccia della sanzione penale ogni attività che sia collegata alla organizzazione di fatti di natura terroristica. La strada percorsa è di nuovo quella di anticipare la soglia della rilevanza penale ad atti preparatori di possibili atti violenti con finalità di terrorismo.
Già si intuiscono, tuttavia, le possibili ricadute problematiche di questa strategia in punto di coordinamento tra le diverse fattispecie e di rispetto degli standard minimi di tutela dei principi di garanzia penalistici. Un esempio di questi profili è dato dalla disciplina del nuovo reato di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, la cui configurazione è destinata a sollevare delicate questioni di compatibilità con il canone di proporzionalità della pena. Come già accennato, la norma punisce il fatto di chi raccoglie, eroga, mette a disposizione beni destinati alla realizzazione di condotte terroristiche indipendentemente da un loro concreto utilizzo per il compimento delle citate condotte. Da un punto di vista soggettivo, inoltre, la fattispecie si presenta come un reato a dolo generico, integrato dalla semplice consapevolezza e volontà dell’agente di mettere a disposizione beni che sa essere destinati al compimento di condotte con finalità di terrorismo; consapevolezza e volontà che potrebbe atteggiarsi anche soltanto nella forma del dolo eventuale, avendo il legislatore espunto ogni accenno allo “scopo di commettere atti con finalità di terrorismo”, presente invece nella fattispecie internazionale di riferimento9. Il che significa, in pratica, che potrebbe rispondere del nuovo reato anche chi versasse una somma di pochi euro a un’organizzazione caritatevole islamica, nella consapevolezza che il denaro raccolto possa essere destinato anche a un generico sostegno della causa islamica nel mondo: della lotta dei palestinesi contro gli israeliani, così come – in ipotesi – dello Stato islamico contro i governi iracheni o siriano.
Viene, allora, qui immediatamente in rilievo la tensione tra la scelta di incriminare atti soltanto propedeutici del compimento di condotte terroristiche e una risposta sanzionatoria (pena della reclusione da sette a quindici anni) elevatissima, addirittura superiore a quella prevista dall’art. 270 bis, co. 2, c.p. per il partecipe di associazione di stampo terroristico.
La normativa ripropone dunque, ancora una volta, il tema dell’adeguatezza del diritto penale “classico” a fare fronte alla dirompente e attualissima minaccia del terrorismo: una minaccia che richiede certamente risposte ferme, che consentano allo Stato di prevenire per quanto possibile la commissione di attentati e stragi, senza però assegnare surrettiziamente al diritto penale il mero compito di neutralizzare soggetti (ritenuti) pericolosi assicurandone la loro carcerazione per lunghi periodi di tempo, in assenza di fatti concreti lesivi o, almeno, immediatamente pericolosi per i beni giuridici “finali” tutelati (la vita e l’integrità fisica di pluralità indeterminate di persone in primis).
Note
1 Tra i più significativi: gli attentati avvenuti a Parigi la serata del 13 novembre 2015 al di fuori dello Stade de France ed all’interno di alcuni bar e del teatro “Bataclan”; l’attentato compiuto all’aeroporto e sulla metropolitana di Bruxelles del 22 marzo 2016; la strage sul lungomare della Promenade des Anglais di Nizza del 14 luglio 2016.
2 Sul punto v. Leo, G., Nuove norme in materia di terrorismo, in Libro dell’anno del Diritto 2016, Roma, 2016; Cavaliere, A., Considerazioni critiche intorno al d.l. terrorismo, n. 7 del 18 febbraio 2015, in www.penalecontemporaneo.it, 31.3.2015.
3 Gli artt. 2 e 3 della novella autorizzano la ratifica e danno piena ed intera esecuzione alle seguenti convenzioni internazionali: a) Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione di terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto Strasburgo il 15 maggio 2003; d) Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; e) Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015.
4 Ratificata in Italia con la l. 14.1.2003, n. 7.
5 Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione di convenzioni internazionali in materia. A. C. 3303A. Dossier n° 368/1 – Elementi per l’esame in Assemblea 22 gennaio 2016, p. 2, www.camera.it.
6 Le situazioni descritte presuppongono, naturalmente, che il finanziatore sia soggetto estraneo dall’organizzazione terroristica, dovendo egli altrimenti rispondere del reato di partecipazione in associazione terroristica (art. 270 bis, co. 2, c.p.).
7 Il possibile concorso tra la responsabilità a titolo di concorso nel reato “fine” e il reato in oggetto parrebbe confermata anche dal dato testuale dell’art. 270 quinquies c.p. La norma fa espresso riferimento alla raccolta, erogazione, messa a disposizione di beni per il compimento di «condotte con finalità di terrorismo», al plurale.
8 Per il quadro internazionale alla base di tale introduzione, v. art. 3 e 5 della Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005.
9 L’art. 2 della Convenzione di New York fa infatti espresso riferimento alle condotte di chi procura o raccoglie fondi «with the intention that they should be used or in the knowledge that they are to be used».