Ancora sui profili di pubblicità del processo
Non si arresta il processo volto ad ampliare l'area di operatività del principio di pubblicità delle udienze penali: nel 2015 la Corte costituzionale ha ritenuto illegittime le disposizioni che, rispettivamente con riferimento al procedimento avanti il Tribunale di sorveglianza e al procedimento di opposizione all'ordinanza applicativa della confisca, non consentivano, su richiesta dell'interessato, lo svolgimento nelle forme dell'udienza pubblica ravvisando fondamentalmente nelle relative discipline, per il tramite dell'art. 117 Cost., un vulnus al principio di pubblicità contenuto nell'art. 6, § 1, CEDU. Se in tal modo sono state dunque colte e parzialmente risolte quelle criticità già segnalate dalla dottrina proprio con riferimento al procedimento di sorveglianza e al procedimento di esecuzione, il mancato intervento del legislatore nel senso di predisporre una generale disciplina del procedimento che garantisca, fatti salvi i giudizi di carattere tecnico e la prevalenza di interessi contrari, di rilevanza parimenti costituzionale, ad un procedimento "a porte aperte", la possibilità per l'interessato di richiedere la trattazione pubblica, prelude a possibili nuove pronunce di incostituzionalità.
Già si ricordava, nell'edizione 2015 di quest'opera, richiamando le plurime disposizioni di matrice internazionale che contemplano, tra i diritti fondamentali dell'individuo, la trattazione in forma pubblica delle udienze penali (segnatamente, l'art. 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'art. 6, § 1, CEDU, l'art. 47, § 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'art. 14, § 1, Patto internazionale sui diritti civili e politici), come il principio in oggetto, trascendendo in realtà lo stesso diritto dell'imputato di partecipare al processo che lo riguarda intervenendovi attivamente e formulando istanze (facoltà, questa, infatti, esercitabile anche in un'udienza camerale), si caratterizza per conformare "strutturalmente" lo stesso processo penale le cui dinamiche ed i cui esiti devono essere controllati anche "esternamente" in funzione di esigenze di "trasparenza" del processo e, allo stesso tempo, della preservazione nella fiducia negli organi giurisdizionali1.
A fronte di ciò si constatava, allo stesso tempo, come la mancanza, nell'assetto processuale interno, di una disciplina volta, in via generale, a prevedere la possibilità di richiedere la pubblica udienza (pur eventualmente derogabile a fronte di interessi di volta in volta valutati come reclamanti in grado preminente la udienza non pubblica), e la previsione, invece, di plurime regole di trattazione a seconda della tipologia di procedimenti, ponesse concretamente i presupposti per dichiarazioni di incostituzionalità fondate sul rilevato attrito, attraverso la norma interposta dell'art. 6 della CEDU, delle singole norme non contemplanti detta possibilità con l'art. 117 Cost. E d'altra parte, fatto salvo l'intervento del legislatore che avesse ritenuto di modellare nel senso onnivalente di regola – eccezione il rapporto tra udienza pubblica ed udienza camerale, la pretesa dell'imputato di essere giudicato, nel suo procedimento, in udienza pubblica poteva avere esito favorevole solo ove la norma che disponesse in senso più restrittivo (prevedendo cioè la sola udienza camerale) venisse appunto dichiarata costituzionalmente illegittima.
E ciò è quanto accaduto, replicandosi dunque lo scenario che già aveva accompagnato, rispettivamente negli anni 2010 e 2014, due prime declaratorie di incostituzionalità2, anche nel corso dell'anno 2015 allorquando, con due pronunce di illegittimità costituzionale, il giudice delle leggi è intervenuto con riguardo, segnatamente, al procedimento davanti al Tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza e al procedimento di opposizione avverso l'ordinanza in materia di applicazione della confisca.
2.1 Il procedimento di sorveglianza
Una prima pronuncia, sostanzialmente ampliativa, negli effetti, di quanto già statuito con la decisione del 21.5.2014, n. 135 con riguardo al procedimento di applicazione delle misure di sicurezza, ha ritenuto fondata, come appena detto, la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al procedimento di sorveglianza nel suo complesso3. La Corte, dopo avere precisato che il dato normativo relativo, rappresentato dal combinato disposto degli artt. 678, co. 1, e 666, co. 3, c.p.p., prevede la fissazione di udienza "in camera di consiglio" e, dunque, alla stregua di quanto previsto dall'art. 127 c.p.p., lo svolgimento della stessa senza la presenza del pubblico, ha rievocato le plurime affermazioni rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine alla incompatibilità, rispetto alla garanzia convenzionale della pubblicità dei procedimenti giudiziari sancita dall'art. 6, § 1, della Convenzione, del procedimento applicativo delle misure di prevenzione e del procedimento per la riparazione della ingiusta detenzione e ha quindi richiamato l'immanenza anche costituzionale del principio di pubblicità delle udienze, come tale connaturato ad un ordinamento democratico e derogabile solo in presenza di razionali ed obiettive ragioni giustificative purché collegate ad esigenze di tutela di beni di rilevanza costituzionale. Ciò detto, ha dunque ritenuto estensibili al procedimento di sorveglianza nel suo complesso le medesime conclusioni già adottate con riferimento alla applicazione delle sole misure di sicurezza venendo ivi in rilievo, in generale, provvedimenti in tema di esecuzione della pena distinti ed ulteriori rispetto a quelli adottati in sede di cognizione ed incidenti, spesso in modo rilevante, sulla libertà personale dell'interessato; né, ha aggiunto la Corte, si versa in contenzioso dal carattere spiccatamente tecnico con conseguente non necessità, secondo la interpretazione che dell'art.6 cit. ha dato la Corte europea dei diritti dell'uomo, di assicurare la possibilità di ricorso alla udienza pubblica4.
2.2 Il procedimento di esecuzione per l'applicazione della confisca
Una seconda pronuncia ha dichiarato costituzionalmente illegittima la disciplina processuale, segnatamente rappresentata dagli artt. 666, co. 3, 667, co. 4, e 676 c.p.p., che, con riguardo all'opposizione avverso l'ordinanza in materia di applicazione della confisca, non consente lo svolgimento, a richiesta degli interessati, nelle forme dell'udienza pubblica5. Anche in tal caso la Corte costituzionale, sempre sulla scorta del principio convenzionale di pubblicità delle udienze e della sua necessaria valorizzazione al fine di attribuire connotati di equità al processo penale, così come anche espressa dalle pronunce della Corte europea, ha ritenuto in contrasto con l'art. 117 Cost. la mancata previsione della possibilità di richiedere, nell'ambito di un procedimento che coinvolge accertamenti, incidenti sul fondamentale diritto di proprietà, prima di tutto fattuali ed attinenti al collegamento tra il bene oggetto della misura ed un fatto di reato, la udienza pubblica; e ciò tanto più considerando la possibilità per il giudizio ablativo di colpire, come nella specie, un soggetto rimasto estraneo al giudizio di cognizione.
Entrambe le decisioni parrebbero avere dato rilievo, per fondare la dichiarata illegittimità costituzionale, alla violazione del solo parametro dell'art. 117 Cost. benché, in particolare con riguardo alla questione relativa al procedimento innanzi al Tribunale di sorveglianza, fosse stato evocato anche il vulnus all'art. 111; nessun formale riferimento a tale norma costituzionale, pur utilizzata in dottrina proprio per fondare il rango costituzionale del principio di pubblicità6, risulta infatti effettuato nella parte motiva delle due decisioni ed anche il testuale riferimento alle proprie precedenti decisioni del 9.7.1992, n. 373, del 28.1.1991, n. 69 e del 9.2.1989, n. 50, non sembrerebbe, in realtà, necessariamente comportare di per sé una scelta nel senso dell'affermazione della violazione del principio del giusto processo posto che "il valore costituzionale del principio di pubblicità delle udienze giudiziarie", testualmente richiamato in tali non recenti decisioni, è stato a ben vedere ricollegato all'art. 101 Cost. e dunque al principio della sovranità popolare cui dovrebbe conformarsi anche l'amministrazione della giustizia.
Appare del resto significativo che anche nella pregressa decisione n. 135/2014, di illegittimità del procedimento di sorveglianza limitatamente alle misure di sicurezza (nella decisione n. 93/2010 relativa al procedimento riguardante le misure di prevenzione il parametro dell'art. 111 Cost. è stato dichiarato dalla Corte assorbito in quello di cui all'art. 117), la Corte, pur dichiarando formalmente fondata la questione anche con riferimento alla violazione dell'art.111 Cost., abbia poi svolto tutto il ragionamento di non conformità al principio di pubblicità delle norme denunciate in riferimento, esclusivamente, al parametro dell'art. 117.
E d'altra parte non può non ricordarsi come, anche successivamente alla riforma operata dalla legge 23.11.1999, n. 2, l'art.111 Cost., pur recependo altri aspetti dell'equo processo di conio convenzionale, tra cui quello della ragionevole durata, nessun riferimento esplicito operi alla garanzia di pubblicità.
Se dunque la mancanza di espliciti riferimenti al parametro costituzionale del "giusto processo" è stata il frutto di una precisa scelta della Corte di evitare il richiesto raffronto, risulterebbe vieppiù determinante la ritenuta violazione dell'art. 117 Cost. e, allo stesso tempo, però, acquisterebbero allora rilievo di concretezza le perplessità, che già la dottrina aveva avanzato al momento di proposizione delle eccezioni di illegittimità costituzionale7, e che sono state peraltro riproposte all'indomani della pubblicazione delle due decisioni8, circa le difficoltà di ricondurre sia il procedimento di sorveglianza sia il procedimento di applicazione della confisca in sede esecutiva nell'ambito di operatività del principio di pubblicità di cui all'art.6 della Convenzione europea attesa la giurisprudenza sul punto della Corte europea9 e la mancanza, in entrambi i casi specifici trattati dalla Corte costituzionale, di pronunce della Corte europea che abbiano, ad oggi, affermato appunto la violazione dell'art. 6 da parte della disciplina nazionale. In una tale prospettiva, appare pertanto implicito che la Corte, per superare l'indirizzo della Corte europea dei diritti dell'uomo secondo cui il principio di pubblicità non opererebbe con riguardo ai procedimenti di stretta esecuzione (nel senso della mera determinazione delle modalità esecutive della pena), abbia tenuto conto delle peculiarità, da un lato, del procedimento di sorveglianza, quale procedimento che, in definitiva, finisce per inerire, in considerazione in ispecie delle misure alternative alla detenzione, a profili di libertà personale10, e, dall'altro, dei riflessi, particolarmente penetranti sul terreno del diritto di proprietà, della misura della confisca, che diviene, dunque assimilabile, anche secondo la Corte europea, ad una vera e propria pena11, specie laddove la stessa abbia a coinvolgere terzi rimasti estranei al giudizio di cognizione; e del resto è la stessa Corte costituzionale a ricordare, a tale ultimo proposito, che già la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo ebbe, con la sentenza 13.11.2007, Bocellari e Rizza c. Italia, a ritenere incompatibile con il principio di pubblicità l'assetto esclusivamente camerale del procedimento di applicazione della confisca quale misura di prevenzione patrimoniale.
3.1 L'intervento del legislatore
Sotto altro profilo, persiste, pur in un periodo contrassegnato da un fervore di iniziative legislative, tra cui anche una specificamente volta ad intervenire nel campo del processo penale (si veda in proposito il d.d.l. n. 2798, attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera), il silenzio del legislatore nazionale, sì che, di fatto, la conformazione del processo alla garanzia convenzionale di pubblicità continua ad essere affidata alle valutazioni della Corte costituzionale. Non va peraltro sottaciuto che un intervento normativo "di qualità" non potrebbe semplicemente caratterizzarsi, come da alcuni pur auspicato12, in una modifica del comma 6 dell'art. 127 c.p.p. laddove, appunto, si prevede che l'udienza si svolge senza la presenza del pubblico, prevedendosi invece la regola esattamente opposta: seppure una tale modalità di intervento finirebbe indubbiamente per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo, non potrebbero non cogliersi le insidie di una generalizzata modifica di tale previsione soprattutto sul terreno della sollecita definizione dei procedimenti quale valore, anch'esso di natura costituzionale, di rango non inferiore a quello della trattazione in ambito pubblico; al contrario, parrebbe necessario un intervento che, sapendo cogliere la valenza, non sempre uguale, dei singoli procedimenti, sia così in grado di bilanciare adeguatamente i diversi interessi in gioco.
3.2 Il procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione
Resta da dire come parrebbe peraltro ineluttabile, ove la relativa questione venisse nuovamente sollevata, una declaratoria di illegittimità del procedimento regolante l'istituto della riparazione per ingiusta detenzione. A fronte della già ravvisata non compatibilità, da parte della Corte europea, con il parametro dell'art. 6 della Convenzione, del procedimento in oggetto sempre sotto il profilo della mancata previsione della possibilità di richiedere la pubblica udienza13, la Corte costituzionale ebbe invece a dichiarare inammissibile la questione di legittimità sollevata alla stregua dei parametri degli artt. 111 e 117, co. 1, Cost. stante la non rilevanza della stessa per non avere mai la parte interessata manifestato, nel giudizio a quo, la volontà di esercitare la facoltà in discussione14. L'espressa evocazione, in entrambe le decisioni del 2015, della sentenza della Corte europea quale significativa manifestazione, secondo la Corte costituzionale, dell'indirizzo interpretativo maturato in sede europea sulla sfera di applicabilità del principio di pubblicità del processo, appare infatti preludere, laddove, questa volta, rilevante nel giudizio a quo, ad una prossima quanto apparentemente inevitabile dichiarazione di illegittimità.
1 Si rimanda, volendo, a Andreazza, G., I nuovi assetti del principio di pubblicità del processo, in Libro dell'anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 614 ss.
2 C. cost., 8.3.2010, n. 93 e 21.5.2014, n. 135.
3 C. cost., 5.6.2015, n. 97.
4 Tra le altre, C. eur. dir. uomo, 21.7.2009, Seliwiak c. Polonia; Grande Camera, 18.10.2006, Hermi c. Italia; 8.2.2005, Miller c. Svezia; 25.7.2000, Tierce e altri c. San Marino; 27.3.1998, K.D.B. c. Paesi Bassi; 29.10.1991, Helmers c. Svezia; 26.5.1988, Ekbatani c. Svezia.
5 C. cost., 15.6.2015, n. 109.
6 Si veda in proposito Gialuz, M., sub art. 111 Cost., in Comm. breve Cost. Bartole-Bin, Padova, 2008, 962 ss.
7 Biondi, G., Il diritto dell'interessato ad ottenere la celebrazione pubblica dell'udienza nei procedimenti di esecuzione, in Cass. pen., 2015, 693 ss.
8 Carboni, L., La Corte Costituzionale prosegue il suo cammino verso l'affermazione del principio di pubblicità, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 22.6.2015.
9 Nel senso infatti che la garanzia del processo equo si applica ai soli procedimenti giurisdizionali che abbiano ad oggetto il fondamento di un'accusa in materia penale, C. eur. dir. uomo, 9.2.2006, Celot c. Italia, C. eur. dir. uomo, 11.10.2011, Schuchter c. Italia; si veda poi, in generale, sulla difficoltà di distinguere tra procedimenti riguardanti misure che costituiscano una "pena" e procedimenti riguardanti misure di natura meramente esecutiva, Biondi, G., Il diritto dell'interessato, cit.,693 ss.
10 Si veda, del resto, quanto la Corte costituzionale aveva già affermato, nella sentenza n. 135/2014, con riguardo alla incidenza in maniera definitiva e sostanziale sul bene primario della libertà personale del procedimento scrutinato.
11 C. eur. dir. uomo, 20.1.2009, Sud Fondi S.r.l. e altri c. Italia.
12 Gaito, A.,Furfaro, S., Consensi e dissensi sul ruolo e sulla funzione della pubblicità delle udienze penali, in Giur. cost., 2010, 1071.
13 C. eur. dir. uomo, 10.4.2012, Lorenzetti c. Italia.
14 C. cost., 3.7.2013, n.214, per la quale si rimanda, volendo, a Andreazza, G., I nuovi assetti del principio di pubblicità, cit., 614 ss.