Andravida
(gr. 'Ανδϱαβίδα)
Villaggio della Grecia meridionale, situato sulla punta nordoccidentale del Peloponneso. A. fu la capitale non fortificata del principato franco di Acaia o Morea, com'era più comunemente chiamato il Peloponneso nel 13° secolo. Il principato fu costituito da cavalieri franchi, provenienti in prevalenza dalla Francia nordorientale e dalle Fiandre meridionali dopo la conquista di Costantinopoli nella quarta crociata. La capitale A. fu stabilita nella ricca pianura agricola dell'antica Elide; a km. 15 a N-O, sul sito dell'antica Cillene, fu fondato il porto di Clarenza (od. Kyllini) e, al vertice di un ideale triangolo isoscele, arroccata sulla più alta collina della regione, fu edificata la fortezza di Chlemoutsi o Clermont, una vasta costruzione, originariamente esagonale, che richiama il Krak dei Cavalieri in Siria e che rappresenta uno dei migliori esempi di architettura militare degli inizi del 13° secolo.
Nei pressi di Kyllini si trova il monastero di Vlacherna; alla chiesa del sec. 12°, dedicata alla Vergine, i Franchi anteposero un portico realizzato con materiali di spoglio. Le regioni settentrionali dell'Elide e dell'Acaia conservano numerosi esempi di interventi di epoca franca su preesistenti chiese bizantine: si tratta per lo più di portici, portali o piccoli campanili. Di stile gotico sono invece le chiese di Isova, vicina alla moderna Tripiti e di Zaraka nell'antica Stymphalia.
L'architettura del principato franco è, a tutti gli effetti, un'intrusione nello stile del precedente impero bizantino ed è assimilabile alla concezione estetica che ispirò le contemporanee costruzioni del regno angioino a Napoli. Gli Angioini ottennero il controllo del principato dopo la morte, nel 1278, dell'ultimo erede maschio dei de Villehardouin, Guglielmo II, la cui sorella Isabella era andata in sposa al più giovane dei figli di Carlo d'Angiò.
Dal punto di vista architettonico, il periodo franco si conclude con il 13° secolo. In ogni punto della penisola, per es. a Mystra, a Karytaïna, a Beauvoir, si trovano le rovine di numerosi castelli costruiti a guardia dei passi montani prima contro i Greci, che provocarono la fine del principato nel 1427, e più tardi contro i Turchi, che subentrarono nella regione nel 1460.
Oltre all'architettura, poche sono le testimonianze dell'occupazione franca. Possono essere sicuramente riferite a quel periodo alcune sculture, fra le quali il migliore esempio è costituito dalla lastra tombale della principessa Agnese, attualmente nel lapidarium di A., che potrebbe essere interpretata come opera bizantina, se non fosse per l'iscrizione in latino.
Ad A. si trovano inoltre le rovine dell'antica cattedrale di Santa Sofia, la chiesa di corte del principato dove si stabilì il vescovo di Olena (la sede arcivescovile si trovava a Patrasso, sotto il controllo dei Veneziani). Si trattava di una basilica a tre navate, priva di transetto e con tre absidi parallele a terminazione rettilinea, non comunicanti tra loro se non tramite le rispettive navate. Solo l'estremità orientale della chiesa si è conservata, con le relative volte costolonate. Sebbene sia stato molto danneggiato nel corso dei secoli (nessun elemento della tessitura muraria è originale e le nervature dell'abside settentrionale sono state completamente rinnovate), il sistema di copertura delle tre cappelle è rimasto sostanzialmente immutato, come conferma il confronto con le volte del portico di Vlacherna.
L'area a O delle rovine risulta posta a un livello leggermente più basso di quello del pavimento originario, indicato dalle basi delle colonne che sostenevano i muri del cleristorio. Sono state riportate alla luce anche le fondazioni dei muri esterni che, come gli scavi hanno mostrato, proseguivano senza interruzione fino all'estremità orientale testimoniando che l'edificio venne costruito secondo un progetto unitario. Alcuni elementi consentono tuttavia di affermare che l'attuale sistema di volte è frutto di una serie di successivi interventi, tutti avvenuti nel corso del 13° secolo. Lo schema delle volte dell'abside centrale consiste infatti in due volte quadripartite prive di costoloni trasversali o di nervature di suddivisione in muratura.
Anche il sistema delle aperture conservatosi denuncia per l'edificio successive fasi di costruzione: infatti se si esclude la grande finestra a ogiva aperta nel muro orientale dell'abside principale, le altre finestre sono a lancetta, strette e lunghe con arco a pieno centro, di forma molto arcaica; inoltre quelle aperte nell'abside maggiore non sono in asse con la volta. La grande finestra orientale con il suo coronamento a sesto acuto è l'unica di tale forma nella chiesa, anche se ha lo stesso profilo delle aperture che collegano le tre cappelle alla navata centrale. La valutazione di questa e di altre discrepanze rispetto ai normali sistemi architettonici franchi può portare a ritenere che la cattedrale non fosse in origine coperta a volta, a esclusione forse dell'estremità orientale, ma che la navata centrale avesse una copertura lignea a vista.
Bibliografia
Livre de la Conqueste de la Princée de l'Amorée. Chronique de Morée (1204-1305), a cura di J. Longnon, Paris 1911.
A. Bon, La Morée Franque, Paris 1969.
C.D. Sheppard, Excavations at the Cathedral of Haghia Sophia, Andravida, Greece, Gesta 25, 1986, pp. 139-144.