Antoine, André
Regista e attore teatrale e regista cinematografico francese, nato a Limoges il 31 gennaio 1858 e morto a Le Pouliguen (Loire-Atlantique) il 19 ottobre 1943. Fondatore del famoso Théâtre-Libre, protagonista di quel rinnovamento del teatro che va da J. Copeau a G. Pitoëff per finire a J.-L. Barrault e J. Vilar, il suo contributo al cinema non è stato minore e può dirsi a buon diritto all'origine del realismo di Jacques Feyder, Jean Renoir, Marcel Pagnol, Jean Grémillon. Ciò che ancora oggi colpisce nei suoi film è il modo diretto di raccontare, di affrontare il plot entrando nel vivo della situazione, lavorando sugli attori e intensificando con il gioco delle ombre la costruzione geometrica degli ambienti. Respinta la tradizione gestuale di un teatro filmato, proprio lui, regista teatrale, scardinò il senso unitario della messa in scena e, inseguendo con la macchina da presa la frantumazione visiva, seppe costruire una forma nuova, fatta di primi piani e di dettagli. I suoi film, tutti girati nell'epoca del muto e presto caduti nell'oblio, sono stati riscoperti negli anni Ottanta del 20° sec., grazie soprattutto al fortunoso ritrovamento del suo capolavoro, L'Hirondelle et la Mésange (1920).
Nato sotto il Secondo Impero da una famiglia operaia, si trasferì a Parigi nel 1866. Qui iniziò a lavorare giovanissimo, facendo i più diversi mestieri, tra cui quello di libraio. Appassionatosi al teatro, studiò recitazione e, dopo essersi impadronito del repertorio classico, fondò il Théâtre-Libre, inaugurato nel marzo del 1887 con la rappresentazione di quattro atti inediti, cui assistette anche É. Zola. L'iniziativa riscosse l'attenzione dei circoli culturali parigini e fece di A. l'animatore di una riforma delle scene teatrali incentrata su un'idea naturalistica della messa in scena, che faceva propri i criteri della verosimiglianza e dell'obiettività e implicava, tra le altre cose, una nuova concezione del lavoro degli attori.
Lasciato il Théâtre-Libre, dopo aver fondato il Théâtre Antoine ottenne nel 1906 la direzione dell'Odéon. Otto anni più tardi si avvicinò al cinema, lavorando come assistente e secondo regista di Albert Cappellani per Quatre-vingt-treize (1914), tratto da V. Hugo. Realizzò quindi il suo primo film, Les frères corses (1916) tratto da A. Dumas, su richiesta della Société cinématographique des auteurs et gens de lettres, che avrebbe finanziato la maggior parte delle sue opere successive. Da allora, pur continuando a occuparsi di teatro, A. diresse Le coupable (1917), Les travailleurs de la mer (1918) tratto da Hugo, Israël (1920), Mademoiselle de la Seiglière (1920) dal romanzo di J. Sandeau, L'Hirondelle et la Mésange, La terre (1921) da Zola e L'arlésienne (1922) da A. Daudet. Coerentemente con l'azione di rinnovamento che aveva svolto sul palcoscenico, A. teorizzò, oltre a praticare, un cinema che uscisse dai teatri di posa per "cogliere la natura sul fatto". Il realismo si concentra così nelle cose rappresentate, nelle strade, nelle case, negli oggetti, visti in una geometria dell'ambiente che si fa prelievo dal reale, superando e traducendo nel materiale filmico la mimesi teatrale, cioè quello che sul palcoscenico era tranche de vie; e l'interpretazione degli attori, nonostante l'assenza della parola, trova un efficace equivalente espressivo nei loro comportamenti, che scaturiscono dall'interazione con l'ambiente circostante, sviluppando una dialettica tra lo statuto di realtà e lo statuto di simulazione. Accade lo stesso quando A. ambienta un film nel primo Ottocento, come in Mademoiselle de la Seiglière, in cui le riprese dal vero, la natura che fa da décor, lo sguardo sulle cose riflettono una carica di realtà a sua volta dominata dal filmico. Un senso di morte, come premonizione simbolica, si avverte in L'arlésienne, soprattutto nell'uso delle sovrimpressioni e nelle soggettive che materializzano l'angoscia e la melanconia del protagonista, Frédéric, restituendo gli elementi tragici, propri del racconto di Daudet, attraverso l'astrazione metaforica. Ma è stato L'Hirondelle et la Mésange ad aver ridato il giusto posto nel cinema a questo grande nome del muto, piuttosto trascurato dagli storici, a parte M. Bardèche e R. Brasillach. In questo film si avverte il fascino di certe atmosfere che precorrono Jean Renoir e quell'emozione anarchica che si ritrova in L'Atalante di Jean Vigo: i due barconi (l'Hirondelle e la Mésange) attraversano la Francia e il Belgio lungo stretti canali, dove la fatica manuale, il fluire delle acque e il paesaggio preparano i meccanismi del dramma in un silenzio che si incupisce giorno dopo giorno. Pur essendo A. uno dei primi cineasti a preparare le riprese con un compiuto lavoro di scrittura, nel caso di L'Hirondelle et la Mésange è il fluire del linguaggio filmico ad avere il primato sul narrativo. Troppo moderno per il suo tempo, il film fu abbandonato dal suo produttore, che ne impedì il montaggio. Fortunatamente i rulli sono stati conservati per molti anni negli archivi della Cinémathèque di Parigi; riscoperti nel 1982, essi sono stati affidati al regista Henri Colpi che, seguendo le indicazioni di A., conservate assieme alle didascalie, ha perfettamente montato il film, restituendo così la vita a un capolavoro altrimenti ignorato.Mentre si dedicava alla pubblicazione delle sue opere teatrali (Théâtre, 1933), A. continuò a interessarsi di cinema, in qualità di critico per alcune riviste.
M. Bardèche, R. Brasillach, Histoire du cinéma, Paris 1948, p. 125; "Filmcritica", 1991, dossier dedicato ad A. Antoine; "1895", marzo 1990, 8-9, nr. speciale dedicato ad A. Antoine.