De Toth, André
Nome d'arte di Sárvári Farkas-falvi Tóthfalusi Tóth Endre Antal Mihály, regista cinematografico e sceneggiatore ungherese, naturalizzato statunitense, nato a Makó il 15 maggio 1910 e morto a Burbank (California) il 29 ottobre 2002. Personaggio brusco e solitario, in continua polemica con la politica degli studios (ai quali non volle mai legarsi con un contratto), fu regista la cui matrice classica si accompagnò sempre alla voglia di sperimentare, in un'eterogenea ed eccentrica corsa tra tecniche, formati e generi, come anche nella direzione di effetti speciali e nel controllo di set imponenti. Il suo lavoro risulta caratterizzato da uno stato di mutamento continuo, a fronte di una composizione visuale lineare e aggressiva insieme. La sua opera è basata su personaggi fieri, immessi in una ritmica tutta visiva delle immagini, con pochissimi dialoghi, e maschera con uno stile diretto e rigoroso una lunga teoria di 'anomalie' e invenzioni di potente violenza visiva.
Studiò legge all'Università di Budapest, e fu attivo nel cinema sin dal 1931, come sceneggiatore, montatore, aiuto regista e attore. All'estero fu inoltre soggettista e assistente di vari registi ungheresi: Géza von Bolváry in Austria, Géza Herceg negli Stati Uniti, Alexander Korda in Gran Bretagna; lavorò anche in Germania, Francia e Italia. Nel 1939 diresse in patria (come Endre Tóth) alcuni film apprezzati anche all'estero, tra cui Öt óra 40 (Le cinque e 40), Toprini nász (Balalaika), Két lány az utcán (Due ragazze di strada). Lasciato definitivamente il suo Paese alla fine del 1939, in Gran Bretagna lavorò nell'entourage dei Korda come regista della seconda unità, sceneggiatore o assistente di produzione ‒ quasi sempre non accreditato ‒ in diversi film: The four feathers (1939; Le quattro piume), The jungle book (1942; Il libro della giungla) e Sahara (1943) tutti di Zoltan Korda; That Hamilton woman (1941; Lady Hamilton ‒ Il grande ammiraglio) di A. Korda, The thief of Bagdad (1940; Il ladro di Bagdad) di Ludwig Berger, Michael Powell, Tim Whelan e dei non accreditati A. e Z. Korda.Nel 1943 si stabilì negli Stati Uniti; a partire da allora si firmò come André De Toth. Si distinse per ritmo e attenta direzione degli attori già nei due film d'esordio, di chiara propaganda anti-nazista, Passport to Suez (1943; Passaporto per Suez) e None shall escape (1944; Nessuno sfuggirà). I caratteri distintivi del suo modo di fare cinema iniziarono a emergere con noir dai toni mélo, ossia Dark waters (1944; Acque scure), nel quale inaugurò quello che sarebbe divenuto uno dei suoi più tipici stilemi, la panoramica circolare, The other love (1947; Orchidea bianca), Pitfall (1948; Tragedia a Santa Monica) e Sluttery's hurricane (1949; Furia dei tropici), e i western Ramrod (1947; La donna di fuoco), con Veronica Lake, sua prima moglie, e Springfield rifle (1952; La maschera di fango). A partire dal cupo Pitfall sino al claustrofobico Crime wave (1954; La città è spenta), i suoi noir furono tra i primi del cinema statunitense a lasciare la sordida New York per trasferirsi nella furia allucinata e iperrealistica di Los Angeles. Nei suoi western, invece, risultano accumulati violenza e ambiguità, distese ghiacciate e notti infuocate, in un mondo senza legge in cui è impossibile distinguere il bene dal male: da Springfield rifle alla lunga serie che vide protagonista l'attore Randolph Scott (Man in the saddle, 1951, Il cavaliere del deserto; Carson City, 1952, Nevada Express; The stranger wore a gun, 1953, Lo straniero ha sempre una pistola; Thunder over the plains, 1953, Per la vecchia bandiera; Riding shotgun, 1954, L'assedio di fuoco; The bounty hunter, 1954, Cacciatori di frontiera), fino ai classici The Indian fighter (1955; Il cacciatore di indiani) e Day of the outlaw (1959; Notte senza legge). Questa ricerca espressiva si arricchì nel 1953 dei film in 3D, l'horror House of wax (La maschera di cera) e il già citato western The stranger wore a gun, con i quali ottenne risultati visivi in seguito mai più raggiunti con questa tecnica, puntando nel primo sul moltiplicarsi delle ombre e su un forte erotismo, e nel secondo sulla plasticità di una scenografia basata sull'iridescenza pluridimensionale degli incendi e dei contrasti cromatici. Negli ultimi anni di carriera diresse quattro film compatti, potenti e violentissimi: Monkey on my back (1957; Quando la bestia urla), sul tema della tossicodipendenza, The two-headed spy (1958; I due volti del generale ombra), Man on a string (1960; Spionaggio al vertice) e Play dirty (1968; I sette senza gloria), la sua ultima regia. A Hollywood fu attivo anche come sceneggiatore, e fu in tale veste che ricevette (insieme a William Bowers) l'unica nomination all'Oscar della sua carriera, per The gunfighter (1950; Romantico avventuriero) di Henry King, considerato il primo western ad avere per protagonista un antieroe.Dal 1960 riprese i suoi viaggi, giungendo in Italia per supervisionare (e in parte dirigere) tre film storici: Morgan il pirata (1960) di Primo Zeglio, I mongoli (1961) di Leopoldo Savona, e Oro per i Cesari (1963) diretto da Sabatino Ciuffini e Riccardo Freda; fu anche chiamato a dirigere la seconda unità di Lawrence of Arabia (1962; Lawrence d'Arabia) di David Lean, e le sequenze di Superman in volo sulla città per Superman (1978) di Richard Donner. Nel 1980 si ristabilì negli Stati Uniti. Negli anni Novanta sono state pubblicate due sue opere, una lunga autobiografia (Fragments: portraits from the inside, 1994) e un libro di interviste (De Toth on De Toth, 1996), che hanno fortemente contribuito alla recente rivalutazione dei suoi film, per lungo tempo confinati dai critici nella categoria dei b-movies.
Ph. Garnier, Bon pied, bon oeil: deux rencontres avec André De Toth, Lyon 1993.