ARDITI, Andrea (Andrea di Ardito)
Fiorentino, operoso nel sec. XIV, ritenuto uno dei primi orefici che abbia introdotto a Firenze, nella sua arte, l'uso dello smalto francese.
Egli dovette specializzarsi in questo tipo di decorazione, poiché esso risulta costantemente impiegato nelle sue opere, sia in quelle ancora sussistenti, sia in quelle ricordate dalle fonti. Da un inventario del Tesoro del duomo fiorentino (1418) si rileva, infatti, che allora quella fabbrica possedeva diverse oreficerie dell'A., e tra le altre un calice d'argento con smalti rappresentanti figure di santi, del 1331, e un altro con le insegne di S. Zanobi,oltre a una patena con l'Ascensione di Cristo, a smalto. Tali opere sono andate perdute; ma, in S. Maria del Fiore, è ancora conservato il busto-reliquiario, con mitria relativa, di s. Zanobi, in argento parzialmente dorato, pietre e smalti, firmato "Andreas Arditi de Florentia me fecit", del 1331: esso venne erroneamente riferito dal Vasari a Cione Aretino, orafo. Un calice d'argento dorato, ornato di smalti e recante la medesima iscrizione, venne venduto nel 1893 a Parigi, assieme ad altri oggetti della coll. Spitzer, alla quale era pervenuto dalle coll. Debruge-Dumesnil e Soltykoff. Si crede di poterlo identificare con altro calice analogo, oggi al Victoria and Albert Muscum di Londra. Nel 1338 l'A. è ancora ricordato in un libro di conti dell'Arte dei mercanti, o di calimala, per aver eseguito, su ordinazione dell'Arte, una croce d'argento destinata alla chiesa di S. Miniato al Monte (Firenze).
Discordanti i giudizi sull'arte dell'A., che ebbe certo 'parte rilevante nella diffusione della tecnica francese dello smalto, verso il terzo decennio del Trecento: il Toesca giudica gli smalti dei busto di S. Zanobi c disegnati goticamente quasi alla senese", ma privi della e sottigliezza propria agli smalti di Ugolino di Vieri ", mentre il busto stesso * èmodellato con durezza che poco si accorda con la voluta individualità del volto ". Per F. Rossi, invece, a una * sobrietà decorativa... propria dell'arte fiorentina" si accompagna "l'incisiva plasticità del volto" e la "raffinatezza del disegno degli smalti". Ma, in effetti, l'opera appare piuttosto rigida e frammentaria rispetto ad altri esempi coevi, sia francesi: sia italiani.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite... con nuove annotaz. e commenti di G. Milanesi, I, Firenze 1878, p. 11; G. Richa, Notizie istoriche delle, chiese fiorentine, divise ne' suoi quartieri "" vi, Fìrenze 1757, p. 181; L. Cicognara, Storia della scultura.... III, Prato 1823, pp. 432 s.; A. Darcel La collection Soltykoff, in Gazette des-Beaux-Arts:X (1861), p. 222; M. J. Labarte, Histoire des Arts Industriels..., II, Paris 1873, p. 68 s.; E Molinier, Dict. des Emailleurs,Paris 1885, p. 9: Catalogue des Objets d'Art..., Collection Spitzer, i: Paris 1893, p. 51 S. (n. 288); A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IV, Milano 1906, p. 917; P. Toesca, Il Trecento,Torino 1951, p. 902; F. Rossi, Capolavori d'oreficeria italiana, dall'XI al XVIII secolo, Milano 1956, jpp. 15, 18; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p.449; Enciclopedia Italiana, IV, p.141.