BARDI, Andrea
Figlio di Gualtieri (Gualterotto) di Iacopo e di una monna Tessa, nacque a Firenze nei primi anni del sec. XIV. È ricordato come mercante in un'operazione fatta insieme a Iacopo de' Bardi con la Camera apostolica, nel 1351, per 4.000 fiorini. Ma svolse prevalentemente un'attività politica nella Firenze del Trecento, impegnato in continue ambascerie per conto dei Comune. Dopo essere stato nominato capitano del popolo e quindi podestà in San Miniato (1333 e 1336), prese parte alle guerre tra Firenze e Giovanni di Boemia ed a quelle con gli Scaligeri ed il Comune di Lucca; per i meriti conseguiti in quelle circostanze fu armato cavaliere. Nel 1332, per l'interposta persona di Palla Strozzi e di Chiavello Machiavelli, aveva comprato dalla contessa Margherita, discendente dagli Alberti e moglie di Benuccio Salimbeni, la contea di Mangona, per 12.000 fiorinì d'oro, di cui prese possesso nel 1335.
Partecipe alla preparazione della congiura del 1340 che avrebbe dovuto abbattere la predominante oligarchia mercantile e la sua politica guelfa, il B. in seguito se ne staccò, svelandone le trame a Iacopo degli Alberti, capitano reggente, che ne informò i priori.
Se la massiccia partecipazione dei Bardi alla congiura (Pietro, fratello del B., fu il principale animatore) fu dovuta alla speranza di risollevare i loro affari con un rovesciamento della politica fiorentina - i B. si trovavano in difficoltà a far fronte alle richieste dei loro creditori, soprattutto baroni e prelati del Mezzogiomo, per la perdita di enormi somme subita nelle guerre di Francia, Lombardia e Lucca (cfr. Sapori, pp. 123125) - la causa occasionale di essa furono i soprusi subiti da alcuni membri della famiglia: Piero Bardi era stato multato dal Comune per un 'offesa recata ad un suo vassallo di Vernio, mentre al B. era stato sottratto il castello di Mangona (Villani, 1. XI'c. CXVIII, p. 217).
Meno chiare sono le ragioni che portarono il B. a staccarsi dai compagni: "o che gli paresse mal fare, o per altra cagione o quistione ch'egli avesse co, suoi consorti", dice il Villani (I. XI, c. CXVIII, p. 218); è certo comunque che il suo intervento fu decisivo per il fallimento del tentativo. La sera d'Ognissanti del 1340 i congiurati furono dispersi e costretti a uscire di città il 2 vennero condannati "nell'avere e nelle persone, siccome ribelli e traditori di loro comune"; i loro beni "disfatti e guasti infino a, fondamenti" (Vifiani, I. XI, c. CXVIII, pp. 221-222).
Tra i condannati vi furono Piero e Aghinolfo, fratelli del Bardi. Costui, che era stato esiliato a Mangona, fu costretto a cedere questo castello al Comune fiorentino, che lo comprò per 7750 fiorini d'oro il 15 genn. 1341, con un atto che voleva allontanare elementi infidi dal contado - nello stesso tempo veniva emesso un decreto in forza del quale *nullo cittadino potesse acquistare o tenere castello di fuori del... contado o distretto il meno di lungi venti miglia * (Villani, I. XI, C. CXVIII, p. 223) - senza d'altronde urtame troppo la suscettibilità (cfr. Sapori, p. 130).
In seguito il B., con altri magnati, parteggiò per il duca di Atene, del quale favorì l'ascesa alla Signoria (8 sett. 1342),nella speranza che la sua azione da una parte rinnovasse l'ordinamento politico di Firenze, dall'altra potesse salvare i Bardi dall'imminente fallimento. Deluso nelle sue aspettative, partecipò, con gli altri consorti, alla cacciata di Gualtieri di Brienne da Firenze (3 ag. 1343). Ma di breve durata doveva essere il successo dei grandi; venuti a conflitto con i popolari sulla distribuzione delle cariche pubbliche - i Bardi tenevano specialmente al governo della cosa pubblica per tentare il salvataggio della compagnia - vennero scacciati dalla città tra il 22 ed il 25 sett. 1343. Il B., assalito nellasua casa il 22 settembre, fu costretto alla fuga. Da questo secondo esilio ritornò nel 1346, e da quell'anno prese parte alla vita pubblica, ricoprendo specialmente incarichi di natura diplomatica. Fu nominato ambasciatore ad Avignone (1351), per ottenere il favore di Clemente VI a Luigi di Taranto contro Luigi di Ungheria, nella lotta per la corona meridionale; opera diplomatica che si concluse positivamente, con la concessione della investitura del Regno al principe amico di Firenze. Tra il 1356 ed il 1359 fu Più volte incaricato di missioni a Siena, con cui trattò (1356) i problemi suscitati dalla iniziativa fiorentina di aprire il porto di Talamone; nel 1360 vi ritornò per distogliere la vicina repubblica dal partecipare alla guerra scoppiata tra Pisa e Firenze a motivo di Volterra. Di questo conflitto il B. firmò la pace, nel 1364, insieme con gli altri plenipotenziari fiorentini. In seguito egli ebbe altri incarichi diplomatici, in Val di Nievole (1365) e di nuovo presso il papa Urbano V a Roma (1367) e l'imperatore Carlo IV. Incarichi ed uffici di minore importanza gli erano stati conferiti nel 1354 (podestà di Perugia) e nel 1360, quando trattò con l'Albomoz un'azione comune contro le angherie perpetrate dalle compagnie di ventura. Morì nel 1368; fu sepolto in Santa Croce, nella cappella di San Silvestro che egli aveva concorso a far dipingere da Giottino; il Passerini attribuisce a lui il monumento funebre che il Vasari, invece, dice fatto per Ubertino de' Bardi. Era stato patrono dell'oratorio di San Zanobi al Paradiso, nel piviere di San Marcellino di Ripoli, e ne fece donazione nel 1358 a Niccolò degli Alberti. Aveva sposato nel 1325 Margherita di Palla di Iacopo Strozzi (morta nel 1334), Poi (1340) Gemma di Nerozzo di Naddo Piccolomini e, infine, Dianora di Francesco di Albizzo Ubaldini (morta il 10 giugno 1394). Ebbe i figli Zanobi, Gualtieri, Piero, Francesco, Bindo, Agnolo, Filippo, Costanza, Bartolomeo.
Fonti e Bibl.: I dati biografici sono raccolti nel ms. 4s delle Carte Passerini conservate dalla Bibl. Naz. Centr. di Firenze (tav. XXIV, pp. 323-336), anche se con qualche svista a proposito delle vicende dei feudi di Vernio e di Mangona; Cronica di Giovanni Villani,a cura di I. Moutier, VI, Firenze 1823, 1. XI, c. LXXIV, p. 152; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina,in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, p. 264; A. Ademollo, Marietta de' Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio,a cura di L. Passerini, III, Firenze 1853, pp. 1140 S.; C. Paoli, Della Signoria di Gualtieri duca d'Atene in Firenze,in Giorn. stor. d. Archivi toscani, VI, 2 (1862), pp. 81-121, 169-286; F. de' Bardi, Vernio, vita e morte di un feudo,Firenze 1883, pp. 42-44; A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi,Firenze 1926, pp. 118, 124; B. Barbadoro, Le finanze della Repubblica fiorentina,Firenze 1929, pp. 622-623. Per l'attività commerciale dei Bardi si veda Y. Renouard, Les relations des papes d'Avignon et des Compagnies commerciales et bancaires de 1376 à 1378, Paris 1941, P. isi. Per l'inquadramento dei dati biografici nella storia cittadina si veda F. T. Perrens, Histoire de Florence, III, Paris 1877; IV, ibid. 1879.