BON (Bono), Andrea
Cittadino veneziano, figlio di Giacomo e di Filippa, nacque a Venezia nella contrada di S. Margherita, dove era sita la "cha Bon", presumibilmente prima della metà del secolo XIV.
Sembra che non sia da identificare con quell'Andrea Bon presbitero e pievano di S. Gimignano, che nel 1350 sottoscriveva in qualità di testimonio due testamenti rogati da Nicolò Degani (Arch. di Stato di Venezia, Not., b. 888, test. n. 4 del reg., test. n. 39) e che però non compare più in atti posteriori dello stesso notaio; infatti questo B. probabilmente apparteneva a quel ramo della famiglia Bon che abitava a S. Basso e non a S. Margherita (F. Corner, Ecclesiae Venetae..., III, p. 349; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane..., IV, Venezia 1834, p. 122).
Dei primi anni della sua vita mancano notizie: certo è che entrò a far parte dell'Ordine dei frati predicatori, pur essendo impossibile precisare in che data. Nel 1379 era priore del convento di S. Domenico di Venezia e come tale presentò al Senato veneto, il 14 gennaio, la sua candidatura per la nomina al seggio vescovile di Caorle, allora vacante. Il suo nome venne accettato e trasmesso dalla Repubblica a Roma per l'elezione; infattì nel 1381 Urbano VI lo nominò vescovo di Caorle. Ma dopo alcuni anni, forse non contento della sede, il B. fece vari tentativi per ottenere il trasferimento ad altra diocesi, proponendo per tre volte nello stesso anno (1387) la sua candidatura alla sede vacante di Chioggia prima, poi di Cittanova e infine a quella di Parenzo. Ma inutilmente, perché doveva restare a Caorle ancora per sette anni. Nel 1388 per delega pontificia provvide alla conferma dell'elezione di Marina Dandolo come badessa del monastero di S. Maria delle Vergini appartenente alla diocesi castellana.
Il B. però non doveva avere allentato i legami con la sua famiglia, se il fratello Stefano volle nominarlo commissario testamentario insieme alla madre Filippa, quando nel 1393 fece redigere le sue ultime volontà (Arch. di Stato di Venezia, Not., b. 615, test. n. 281 del reg.).
Finalmente il 16 febbr. 1394, dopo avere lasciato la diocesi di Caorle, andò a occupare la sede di Pedena in Istria cui lo aveva destinato Bonifacio IX. Ma solo due anni dopo veniva nuovamente trasferito e nominato il 14 apr. 1396 vescovo di Canea nell'isola di Creta.
Questo trasferimento in una diocesi del Levante negli anni in cui l'invasione di Tamerlano e la pressione dei Turchi mettevano in grave pericolo i domini veneziani è probabilmente la prova che il B. era considerato dalla Signoria un elemento politicamente sicuro; infatti la sua nomina fu accettata da Venezia senza che si accendesse nessuna controversia con la S. Sede, come invece accadde fra il 1407 e il 1409 per l'elezione dell'arcivescovo di Creta (H. Noiret, Documents inédits pour servir à l'histoire de ladomination vénitienne en Crètede 1380 à 1485, Paris 1892, pp. 185, 191-192, 196; C. Cenci, pp. 356-357). Del resto il governo esercitava anche un rigido controllo sui benefici e le cariche ecclesiastiche e infatti quando nel 1400, proprio nella diocesi del B., scoppiò una lite per il possesso di un beneficio canonicale, fu il Senato veneto a deciderne il giudizio.
Nel 1402 Costanza vedova di Pietro Zane e la figlia Maria, due nobildonne della diocesi veneziana di Castello, si rivolsero a Bonifacio IX, volendo fondare un monastero di clarisse alla Canea. In seguito a ciò il pontefice con la bolla Sincerae devotionis ordinava al B. di far costruire il monastero e la chiesa di S. Chiara, di provvederne alla consacrazione e di confermare Maria come prima badessa.
Anche dopo l'elezione a vescovo agiense il B. continuò a risiedere almeno temporaneamente a Venezia, dove poteva seguire la diffusione del movimento di riforma domenicana guidato da Giovanni Dominici. Già vari monasteri erano tornati alla osservanza regolare, fra i quali anche quello di S. Domenico di Castello, di cui il B. era stato priore, né, dopo la partenza del Dominici da Venezia, il movimento si era arrestato perché altri continuarono la sua opera. Fra questi era fra' Tommaso da Siena detto Caffarini, il quale, ottenuta da Innocenzo VII l'approvazione della regola dell'Ordine della penitenza, intensificò i contatti con l'alto clero veneziano affinché fossero concessi privilegi di indulgenze a favore delle mantellate domenicane. Fra' Tommaso poté accostare in Venezia anche il B., il quale il 24 marzo 1406 emanò una lettera di indulgenza a vantaggio dell'Ordine della penitenza, richiamandosi ai meriti della sua più illustre rappresentante, Caterina da Siena, che dichiarava di aver conosciuta di persona.
La data di morte del B. resta ignota: certamente deve essere anteriore al 27 marzo del 1411, giorno in cui venne nominato il suo successore nella diocesi di Canea.
È pure impossibile precisare il luogo in cui morì, anche se P.Ughelli sembra accennare alla Canea. Infatti i vescovi dei domini veneziani in Oriente dovevano essere raramente presenti nelle loro sedi, se il governo nel 1410 richiamò gli arcivescovi di Candia, Corfù e tutti i vescovi e prelati del Levante all'obbligo di risiedere nelle rispettive diocesi (Noiret, Documents inédits..., pp. 199-200).
Fonti e Bibl.: "Tractatus de Ordine fratrum de paenitentiaS.Dominici" di f. Tommaso da Siena "Caffarini", a cura di M.-H. Laurent, Firenze 1938, pp. 157-158; F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, V, Venetiis 1720, coll. 472, 1340; F. Corner, Ecclesiae Venetae..., Venetiis 1749, IV, pp. 13, 67-69; VII, p. 155; XIV, pp. 476-477; Id., Creta sacra..., II, Venetiis 1755, p. 152; G. Gerola, I monum. veneti nell'is. di Creta, II, Venezia 1908, p. 141; Id., Per la cronotassi dei vescovi cretesi all'epoca veneta, Venezia 1913, p. 19; C. Eubel, Hierarchia catholica..., I, Monasterii 1913, pp. 77, 164, 397; L. Wadding, Annales Minorum, a cura di J. M. Fonseca ab Ebora, IX, ad Claras Aquas 1932, pp. 328, 582-583; C. Cenci, Senato veneto: "probae" ai benefici ecclesiastici, in C. Piana-C. Cenci, Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alledignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, Quaracchi-Florentiae 1968, pp. 332 n. 4, 339-341.