BONELLO, Andrea (Andreas de Barulo, Andreas Bonellus de Barulo)
Glossatore civilista, fiorì nella scuola napoletana intorno alla metà del secolo XIII. Scarse le notizie accertate sulla sua vita. Era originario di Barletta, come attesta l'appellativo de Barulo che il più delle volte accompagna il nome del Bonello. Fu certamente maestro di diritto nello Studio di Napoli, ma non ci sono elementi per affermare che questo incarico gli sia stato affidato da Federico II sin dalla fondazione dello Studio (1224). La testimonianza di Luca da Penne indica soltanto che il B. teneva cattedra nell'università di Napoli al tempo di Federico, ma questo non legittima la supposizione (Volpicella) che egli vi abbia insegnato sin dalla fondazione. L'altra testimonianza di Luca da Penne - accettata comunemente dagli scrittori - che vorrebbe il B. patronus fisci di Federico II, presente a Capua nel 1220 (Curia capuana) e ispiratore della costituzione Cum concessiones (Lib.Aug. II. 29) che sottoponeva a revisione tutte le concessioni e i privilegi ottenuti in precedenza, è stata messa in dubbio dal Giustiniani seguito dal Savigny e dal Meijers e dai suoi allievi (Iuris interpretes..., p. 152) i quali sospettano che la citazione di Luca debba riguardare piuttosto Andrea di Capua.
La più antica testimonianza documentaria pervenutaci intorno all'attività del B. nello Studio napoletano è del 1268, ossia del periodo angioino, e concerne il pagamento di 30 once d'oro a suo favore da corrispondersi dalla regia corte. Il nome del B. ricorre per gli anni successivi, sino al 1271, ancora nelle minute dell'amministrazione angioina per mandati di pagamento, donazioni, concessioni di privilegi, ecc. In questi documenti egli è indicato come maestro dello Studio di Napoli e, nel 1269, anche corre rector Neapolitani studii. Nello stesso anno, in assenza di Andrea di Capua che ne era titolare, tenne la carica di Fisci patronus. Nel 1271 gli venne assegnato uno stipendio di 60 once più 8 once per le spese di vestiario, cifra che è una delle più alte che l'amministrazione angioina abbia corrisposto a maestri dello Studio. Dopo il 1271 non si hanno documenti che attestino in qualche modo la sua attività. Una notizia autobiografica ci è fornita dai Commentaria inTres Libros nel commento alla legge Professio, C. de muneribuspatrimoniorum (C. 10. 42 [41]. 6). Il B. racconta in questo luogo di aver assistito a Bologna, intorno al 1260, alla discussione di una lite in cui era attore Cervotto d'Accursio; da questa notizia il Sarti dedusse che il B. era stato maestro nello Studio di Bologna, ma - come già rilevava il Savigny - non c'è attestazione alcuna del magistero bolognese del Bonello. Di un soggiorno a Padova ci informa ancora lo stesso B. nel commento alla legge Nemo, C. de spectaculis (C 11. 41 [40]. 5) della stessa opera sui Tres Libri; ma anche in questo caso non si hanno elementi intorno alla data del viaggio e ai motivi di esso.
L'attività scientifica del B. si esercitò con maggiore impegno sui Tres Libri e il Liber Constitutionum Regni Siciliae, anche se non sfuggì alla sua attenzione di maestro e di studioso l'intero Corpus iuris civilis, come testimoniano le numerose additiones alla Glossa ordinaria contraddistinte dalla sua sigla che si ritrovano in molti manoscritti. Alcune di queste sono state pubblicate nel volume Iuris interpretes... dagli scolari del Meijers.
I Commentaria super tribuspostremis Libris Codicis (se ne conosce una sola e rara edizione di Venezia del 1601: apud Sessas, condotta su un imperfetto manoscritto oggi conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, III. A. 22), composti a Napoli dopo il 1266, hanno il carattere della lectura scolastica: non perdono tuttavia la freschezza e la semplicità del linguaggio e sono sempre ravvivati da numerose quaestiones de facto. Il procedimento esegetico del B. è quello di individuare il contenuto normativo del testo legale e di spiegarlo con il riferimento a ipotesi concrete; le sue spiegazioni sono quasi sempre introdotte da espressioni come "Tria dicuntur in hac lege..." o "Lex ista dividitur in quatuor partes..." e simili, seguite a volte da un esempio pratico o da una delucidazione sempre perspicua per la chiarezza e per la semplicità del dettato. Ma, a parte questi meriti intrinseci, essa si impone come il primo riuscito tentativo della giurisprudenza meridionale di dare una trattazione completa e autonoma di quella parte del Corpus iuriscivilis che in modo speciale riguardava il diritto pubblico: settore verso il quale maggiormente si indirizzava l'attenzione di quei maestri. Dai Commentaria vennero tratte glosse e additiones che in taluni manoscritti si ritrovano in aggiunta all'apparato ordinario dei Tres Libri e larga fu l'utilizzazione che fece di quest'opera la dottrina posteriore sino al secolo XVII. Certamente essa resta una tra le fonti più importanti dei Commentariain Tres Libros di Luca da Penne, malgrado quest'ultimo non riconosca grandi meriti all'opera del B. (Wronowski; Calasso, Luca da Penne...). Dall'atteggiamento di Luca da Penne deriva probabilmente il giudizio di "poco importante" che il Meijers (Iuris interpretes..., p. XXI) dà dell'opera del B.; giudizio che quanto meno deve essere riconsiderato.
Secondo il Capasso, posteriori, ma ultimate sotto il regno degli Svevi, sono le giosse al Liber Constitutionum Regni Siciliae, dove il B. cita i Commentaria. Si deve, però, avvertire che la cronologia proposta dal Capasso non può essere accettata senza riserve. L'autore cade in contraddizione quando afferma che le glosse al Liber Constitutionum precedono la legislazione angioina (dato che di questa non fanno menzione) e poi sostiene che nelle stesse glosse al Liber Constitutionum il B. cita i Commentaria (che si fanno risalire agli anni seguenti il 1266; al riguardo cfr. Iuris interpretes..., p. 153), dove la legislazione angioina è espressamente richiamata. Certo è che alcune glosse del B. fanno riferimento - come rilevava lo stesso Capasso - a innovazioni introdotte nella legislazione sveva, il che lascia supporre (Ciccaglione) che almeno egli abbia atteso in un tempo successivo all'aggiornamento o a una seconda redazione delle sue glosse o di alcune di esse.
Le glosse del B. al Liber Constitutionum confluirono in grandissima parte nell'Apparatusvetus che si formò intorno al monumento legislativo federiciano e da qui furono riprese in buon numero da Marino da Caramanico che le introdusse con e senza la sigla del B. - nella Glossa ordinaria, che venne più volte edita.
Si è detto anche che l'attività scientifica del B. sul Liber Constitutionum è stata appena posteriore a quella dei primi glossatori delle costituzioni (un certo Franchisio e Guglielmo, del quale si sa che fu discepolo di Azzone a Bologna) e perciò è stata considerata ad essa complementare, almeno negli intendimenti dell'autore, il quale avrebbe steso le sue glosse a completamento di quelle di Guglielmo per formare l'Apparatus vetus (Capasso). Ma non è tesi che si possa condividere sino a che non si sia dimostrato essere il B. l'autore dell'Apparatus vetus. Le glosse del B. trattano quasi per intero il Liber Constitutionum e si distinguono per la stringatezza del ragionamento e la semplicità ed eleganza del dettato. Egli mostra di essere espertissimo nella conoscenza del diritto romano che allega costantemente, ma, dove occorre, non rifiuta i riferimenti ai Libri feudorum, alla legge canonica, al diritto longobardo che ancora ai suoi tempi resisteva come consuetudine in vaste zone del Regnum Siciliae. Accanto alle glosse discorsive il B. ha lasciato, a corredo del Liber Constitutionum,notabilia,casus (cioè sommari del testo legale o parte di esso) e glosse del tipo cosiddetto primitivo caratterizzate dai richiami ai testi legali paralleli o contrari. Qualche glossa ha la forma della quaestio; tipica è quella a Lib. Aug. I. 38, § 2 ad vv. Et de quota parte feudorum, (ripresa nella glossa ordinaria di Marino da Caramanico senza la sigla del B.), che deriva da una quaestio disputata (databile tra il 1234 e il 1243) del B. intorno alla competenza dei magistri iustitiarii sulle res singulares del feudo quaternato. La quaestio, nota attraverso l'edizione che ne diede (1517) Matteo d'Afflitto commentando la cost. Praesides provinciae (Lib. Aug. I. 56 § 2) nella sua In utriusque SiciliaeNeapolique sanctiones etconstitutiones novissimapraelectio,pars I (edizione, tra le tante, Venetiis 1562, ff. 201 va n. 3 - 202 va n. 13), ci è stata conservata anche da un manoscritto (sinora non segnalato come testimone della quaestio del B.) della Biblioteca Apostolica Vaticana Ross. 582, f. 200rv che non porta varianti di molto rilievo rispetto all'edizione dell'Afflitto.
Un nutrito gruppa di pezzi di argomento civilistico attribuiti al B. sono conservati nel manoscritto 80 della Biblioteca del Collegio di Spagna di Bologna, insieme con una serie di distinctiones estratte dagli scritti di vari giuristi italiani e tolosani (Maffei, Qualche postilla..., p. 394 n.; integrazione manoscritta nell'estratto [p. 8 n.] di una riga caduta per omoteleuto durante la composizione tipografica).
Posteriore al 1231 (Volpicella) è l'altra opera del B. Differentiae inter ius romanumet ius longobardum (o anche Commentaria inleges longobardorum) che fu pubblicata, a cura di G. B. Nenna, per la prima volta a Venezia (per Dominicum Liliumet fratres,impensis... Melchioris Sessa) nel 1537 (ristampa anastatica: Torino 1964) di seguito alla Lombarda con l'apparato di Carlo di Tocco; da allora quest'opera del B. è stata stampata in tutte le edizioni del Corpus iuris civilis che contengono la Lombarda; è stata stampata anche sotto il nome di Bartolo a Venezia nel 1541 (Apud Aurelium Pincium) con additiones del giurista ravennate Giulio Ferretti e ancora ristampata da un nipote del Ferretti a Venezia nel 1599 (Apud heredesMelchioris Sessae). Il testo fornito dalle stampe, comunque, ha subito aggiunte e adattamenti rispetto all'originale del Bonello. La tradizione manoscritta di quest'opera in alcuni casi, infatti, si interseca con quella di opere bartoliane e di altri giuristi del secolo XIV. L'idea per la stesura delle Differentiae fu data al B., secondo il suo stesso racconto (Proemium), dall'aver visto soccombere in una lite trattata davanti a un tribunale del Regnum un "optimus advocatus" che aveva sostenuto, con l'autorità del diritto romano, le ragioni del suo cliente; ad esse invece, "quidam advocatellus", patrono dell'altra parte, aveva opposto, facendole prevalere, le norme stabilite dal diritto longobardo. Il problema teorico che sta al fondo di questo episodio concerne l'esistenza nel Regnum Siciliae di una "inveterata consuetudo" secondo la quale in determinati casi il diritto longobardo deroga al diritto comune (romano). Nelle Differentiae il dichiarato proposito dell'autore è di esporre "omnes casos" in cui i due diritti differivano e di "porgere ai pratici del foro una sinossi" (Abignente, Prolegomeni) per cui "facile erit cuilibet advocato iuris longobardorum insidias evitare: et quasi superfluum erit in iure longobardorum studere". Finalità quindi essenzialmente pratiche alle quali il B. si attiene rigorosamente nei trentanove capitoli che compongono le Differentiae e che si contraddistinguono sempre per la chiarezza espositiva e la semplicità dello stile.
La Summa de successionibus ab intestato, pubblicata dal Meijers e dai suoi scolari nel volume Iuris interpretes... sulla base del codice Vat. lat. 1428, ff. 26v-28r (altro manoscritto finora non segnalato come testimone della Summa il vaticano Ross. 582, ff. 188v-189v), era nota indirettamente - e senza sospettare la paternità del B. - essendo stata incorporata nel De differentiis interius longobardorumet ius romanorum di Biagio da Morcone (ed. Abignente, pp. 180-184). È una operetta destinata probabilmente alla scuola, ma non le sono estranei intendimenti pratici, dato che continuamente si fa riferimento alla legge longobarda (vi si citano le Differentiae, quindi deve considerarsi ad esse posteriore) e alla situazione delle fonti del diritto nel Regnum Siciliae.
Le sigle con cui nei manoscritti sono contrassegnate le glosse del B. sono: a. (Reg. lat. 1948); A. de ba.; An. de Barulo; andr. de Bar; Andreas de Baro; Andr. de barulo; Andreas de Barulo; an.; and. (Sella); ā; ād; ad'; and'andr.; andr̄.; andre.; andreas (Vat. lat. 6770).
Un giudizio complessivo sull'opera del B. nel quadro della cultura giuridica della seconda metà del Duecento non è stato ancora formulato. In mancanza di ricerche specializzate si può soltanto dire che grande fu la forza di penetrazione e la vitalità delle sue opere e che soprattutto i Commentaria ai Tres Libri dovettero avere non poco influsso sui giuristi delle scuole ultramontane.
Incerto è l'anno della morte del B., la quale tuttavia deve riportarsi a parecchi anni prima del 1289 (Volpicella).
Ebbe tre figlie, Egidia, Luigia e Anna le quali si imparentarono con la famiglia de Ponziaco.
Fonti e Bibl.: A. de Barulo Commentaria super tribus postremislibris Codicis, Venetiis 1601, in l. Professio, C. de muneribuspatrimonium (C. 10, 42 [41], 6), p. 103; Id., in l. Missi opinatores, C. de exactionibustributorum (C. 10. 19. 7), ed. cit., p. 48; Id., in l. Nemo, C. de spectaculis (C. 11. 41 [40]. 5), ed. cit., p. 184; L. de Penna Commentaria in tresposteriores libros codicisIustiniani, Lugduni 1582, in l. Ordinis, C. de decretis decurionum (C. 10. 47 [46], 2), p. 255; T. Diplovatatius, Liber de claris iurisconsultis, a cura di F. Schulz, H. Kantorowicz, G. Rabotti, in Studia Gratiana, X (1968), pp. 162 s.; P. Vincenti, Teatro degli uomini illustri che furono protonotarii nel Regno di Napoli con un brevediscorso di alcune famiglie, Napoli 1607, p. 169; F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte,forestiere..., Napoli 1641, pp. 303-304; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1586 s., L. Giustiniani, Memorie istoriche degliscrittori legali del regno di Napoli, I, Napoli 1787, pp. 101-104; G. Flauti, Memorie intorno ad alcuni nostri sommigiureconsulti, 2 ed., Napoli 1833, pp. 55-60; G. Capone, Discorso sopra la storia delle leggipatrie, 2 ed., I, Napoli 1840, pp. 36 s.; C. F. Savigny, Storia del diritto romano nel M. E., trad. it. a cura di E. Bollati, II, Torino 1857, pp. 443-447; G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d'Angiò, I, Napoli 1863, p. 259; II, ibid. 1869, pp. 207, 233, 325; B. Capasso, Sulla storia esterna delle Costituzionidel Regno di Sicilia, Napoli 1869, pp. 65, 70-74, 120 (poi in Atti dell'Accademia pontaniana, IX [1871], pp. 379-502); L. Volpicella, Della vita e delle opere di A. B. da Barletta, Napoli 1872 (in questa monografia, che utilizza tra l'altro le informazioni di N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, e di B. Chioccarellus, De illustribus scriptoribusqui in civitate et regno Neapolis floruerunt, Neapoli 1780, è presentato un ampio spoglio dell'antica letteratura giuridica in cui il B. è ricordato); F. Ciccaglione, Le chiose di A. B. da Barletta alle Costituzionisicule, in Il Filangieri, XIII (1888), pp. 287-314, 408-445; M. Sarti-M. Fattorini, De claris archigimnasii bononiensisprofessoribus, I, Bonomae 1888-1896, p. 211; F. Ciccaglione, La scuola giuridicanapoletana..., in Studio giuridico napoletano, IV (1918), pp. 9, 11, 12 s.; K. Neumeyer, Notizen zurLiteraturgeschichte deslangobardischen Rechts, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung fürRechtsgeschichte, Germ. Abt., XX (1899), pp. 258 s., 261; G. Abignente, Prolegomena all'edizione critica di Blasii De Morcono De differentiisinter iuslongobardorum et iusromanorum tractatus, Neapoli 1912, pp. XXXVII-XL; A. Prologo, Due grandigiureconsulti del sec. XIII: Andrea de Barulo eAndrea d'Isernia, in Il Foro delle Puglie, XV (1914), 1, coll. 57-67; G. Abignente, L'influenza dei giureconsultimeridionali su le istituzionipolitiche,sociali,economiche, in Studio giuridico napoletano, I (1915), p. 63; G. M. Monti, L'età angioina, in Storia dell'Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 79, 95; Iuris interpretes saec. XIII, a cura di E. M. Meijers, Neapoli 1925, pp. XXI, XXXII, XXXVI, XXXVII, p. 51-168, ora in E. M. Meijers, Etudes d'histoire du droit, a cura di R. Feenstra e H. W. D. Fischer, III, Leiden 1959, pp. 149-166; M. M. Wronowscki, Luca da Penne e l'opera sua, Pisa 1925, p. 77; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 832, 903; Id., Il primo secolo dellascuola giuridica napoletana, in Scritti di storiagiuridica meridionale, a cura di G. Cassandro, Bari 1962, p. 461; A. Solmi, La condizione privatadella donna e la giurisprudenzalongobarda dell'Italia meridionale, in Contributi alla storia deldiritto comune, Roma 1937, pp. 455 s.; E. Genzmer, recensione del volume Iuris interpretes cit., in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Rom. Abt., XLVII (1927), p. 461 n. 1 (che segnala un altro manoscritto [scoperto dal Seckel] della Summa de successionibus ab intestato del B.); F. Calasso, Introduzione al diritto comune, Milano 1951, ad Indicem; Id., Medio Evo del diritto, I, Milano 1954, pp. 466, 549, 553; Id., Studi sul commento ai 'Tres Libri'di Luca da Penne, in Annali diStoria del Diritto, IX (1965), pp. 335-337; E. Cortese, La normagiuridica. Spunti teorici nel diritto comune classico, I, Milano 1962, p. 154 n. 21; D. Maffei, Qualche postilla alle ricerche di E.M. Meijers, in Tijdschrift voorRechtsgeschiedenis-Revued'histoire du droit, XXXVI (1968), pp. 394 n., 395. Per le sigle P. Sella, Sigle di giuristi medievali, in L'Archiginnasio, XXVII (1932), p. 180; Id., Nuove sigle di giuristi medievali, in Studi e Memorieper la storia dell'Univ. di Bologna, s. 1, XII (1935), p. 163; Enciclop.Ital., VII, p. 399; Novissimo Digesto Italiano, II, p. 500.