BRANCALEONI, Andrea (Brancaleonis de Romania)
Nobile, ricordato per la prima volta nel 1257, era figlio di Oddone, menzionato ancora nel 1231, che era fratello di Leone, cardinale prete di Santa Croce in Gerusalemme.
La famiglia, favorita da vari papi dopo l'elevazione di Leone al cardinalato sotto Innocenzo III, possedeva beni in Sabina da entrambi i lati della via Salaria, in quella parte del distretto di Roma che nelle fonti comprese tra i secoli XII e XIV era chiamata Romania.Del patrimonio della famiglia facevano parte anzitutto Ginestra e Monteleone Sabino che portò il nome della famiglia e ne divenne nei secoli XIV e XV la principale residenza. Rapporti con i Brancaleoni di Castel Durante non sono documentabili.
Il B. e il fratello Oddone fecero sposare nel 1257 la sorella Biancafiore con Gentile da Raiano; come pegno della dote versata ricevettero la metà del castello di Prezza presso Sulmona. Anche il matrimonio del B. con Rogata della famiglia dei signori di Pratola Peligna e Bominaco lo imparentò con la nobiltà abruzzese. Alla moglie dovette l'investitura feudale di entrambi i castelli, posseduti insieme con il fratello che aveva sposato una sorella di Rogata, Filippa.
Nel dicembre del 1258 il B. accompagnò insieme con il signore di Arsoli, Ruggero de la Montagna, il podestà e gli ambasciatori di Firenze da Subiaco ad Arsoli e di là attraverso i monti a Rieti, proteggendoli dalle insidie del cardinale ghibellino Ottaviano degli Ubaldini. Il loro aiuto concesso per denaro, ma forse anche per il desiderio di conquistare onori cavallereschi, impedì l'attacco predisposto da Corrado d'Antiochia e dai cavalieri del cardinale. L'antica fedeltà della famiglia alla Santa Sede e alla fazione guelfa richiamarono nel 1265 anche l'attenzione del nuovo re di Sicilia Carlo d'Angiò. In occasione del suo tentativo di bloccare l'offensiva di Manfredi contro Roma con la costituzione di posti fortificati tra Arsoli e Farfa, re Carlo nominò il 15 luglio 1265, con un atto che fra i documenti superstiti della sua cancelleria siciliana è il primo, il B. e il fratello Oddone, potenti feudatari della zona, vicari e capitani del giustizierato di Abruzzo. Se la rivolta di Amatrice, soffocata da Manfredi nell'agosto del 1265, fosse causa o conseguenza di questa nomina non è possibile stabilire. Certo è però che l'attività dei due vicari al confine settentrionale del Regno impedì a Manfredi di disporre a Benevento anche dei contingenti abruzzesi. Dopo la vittoria su Manfredi, Carlo I nominò un nuovo giustiziere degli Abruzzi nella persona di Giacomo di Collemedio, attestato già nel maggio del 1266. Questa circostanza lascia supporre che il B. non abbia esercitato a lungo la sua carica nella provincia. Successivamente egli prese probabilmente parte ai negoziati con Corrado d'Antiochia; la figlia di Corrado fu affidata infatti alla sua custodia fin quando la dovette consegnare al giustiziere degli Abruzzi dopo la fuga di Corrado nel gennaio del 1267. Tra il B. e Corrado d'Antiochia dovevano esistere, a dispetto dei contrasti politici, rapporti piuttosto stretti se non addirittura di lontana parentela, dato che Corrado rivendicava diritti su Prezza che il B. possedeva per la metà. Quando Corrado consegnò alla Curia pontificia ostaggi per la sua liberazione dalla prigionia, tra essi erano due fratelli del B., Giovanni e Filippo.
Dopo il 1266 il B. non ottenne più alcuna carica nell'amministrazione dello Stato, ma conservò il favore di Carlo I, il quale nel 1269-1270 lo armò, a quanto pare di persona, cavaliere e gli garantì il possesso dei feudi posseduti in Sabina e negli Abruzzi. In qualità di signore di Pratola Peligna il B. donò ai gerosolimitani di Raiano quattro chiese del suo castello, sulle quali egli come laico non aveva evidentemente giurisdizione, visto che Celestino V poté concedere nel 1294 le quattro chiese al monastero di Santo Spirito presso Sulmona. Dopo la morte della moglie Rogata, i feudi di Bominaco e Pratola furono devoluti nel 1276 alla corona; nel corso dell'inchiesta feudale del 1279 egli risultò possedere però ancora la metà di Prezza. Nel 1281 il re gli concesse Pietransieri presso Roccaraso, terra alla quale aveva rinunciato Amiel d'Agoult.
Il B. morì prima del 1294, presumibilmente senza figli.
Dei suoi fratelli (Giovanni, Filippo, Oddone, T., Biancafiore) Oddone sembra essere stato destinato originariamente alla carriera ecclesiastica. Nel 1231 rinunciò a favore del fratello, documentato solo con l'iniziale T., ai benefici che possedeva in Inghilterra e in Germania. Per il figlio Matteo ricevette nel 1249, in riconoscimento dei servizi prestati alla Sede apostolica, l'aspettativa su un beneficio inglese. Le tappe principali della sua biografia coincidono con quelle del fratello Andrea. Come lui era signore della metà di Prezza e fino alla morte della moglie Filippa, avvenuta nel 1276, anche di Bominaco e Pratola Peligna. Possedeva però anche la terra di Luco presso Terni e perciò fu chiamato anche Oddone di Luco. Nominato nel 1265 vicario e capitano degli Abruzzi, visse successivamente come feudatario a Luco e negli Abruzzi. Dopo la sconfitta di Corradino, Manfredi Maletta e Giovanni da Procida, come fu riferito a Carlo I, si sarebbero rifugiati nei suoi castelli. Morì probabilmente tra il 1277 e il 1279. I suoi figli Oddone e Matteo nel 1298 si sottomisero come feudatari di Luco al Comune di Spoleto.
Fonti eBibl.: A. L. Antinori, Raccolta di memorie istoriche delle tre provincie degli Abruzzi, II, Napoli 1782, p. 161; G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d'Angiò, I, Napoli 1863, pp. 31 s.; II, 1, ibid. 1869, pp. 204-206; C. Minieri Riccio, Saggio di codice diplomatico, I, Napoli 1878, pp. 34-36 n. 26; A. Sansi, Documenti storici inediti in sussidio allo studio delle memorie umbre, Foligno 1879, pp. 361-364 n. 76; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1884-1921, n. 4640; N. F. Faraglia, Codice diplomatico Sulmonese, Lanciano 1888, p. 118 n. 93; G. Levi, Il cardinal Ottaviano degli Ubaldini secondo il suo carteggio ed altri documenti, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XIV (1891), pp. 295 s. n. 22; Les registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, Paris 1896-1955, nn. 552-54; Le Liber Censuum de l'Eglise Romaine, a cura di P. Fabre e L. Duchesne, II, Paris 1910, p. 73 n. 10; I registri della cancelleria Angioina, a cura di R. Filangieri, Napoli 1950-62, I, pp. 2, 65, 140; IV, pp. 6, 42; X, p. 82; XII, p. 193; XIII, p. 81; XIV, p. 39; XVI, p. 35; P. Ridola, Federico d'Antiochia e i suoi discendenti, in Arch. stor. per le prov. napoletane, XI (1886), pp. 226, 230, 232, 241, 243; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, II, 1, Berlin 1908, pp. 476-78; Id., Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, pp. 137 s.; E. Jordan, Les origines de la domination angevine en Italie, Paris 1909, pp. 191, 323, 533 s.; A. Bergmann, König Manfred von Sizilien, Heidelberg 1909, p. 64; G. Celidonio, La diocesi di Valva e Sulmona, IV, Sulmona 1912, pp. 169 s.; A. Hauss, Kardinal Oktavian Ubaldini,ein Staatsmann des 13.Jahrhunderts, Heidelberg 1913, pp. 76 s.; G. Silvestrelli, Città, castelli e terre della regione romana, II, Roma 1940, pp. 427-30 (con interpretazione sbagliata del nome "Romania"; cfr. G. Tomassetti, La campagna romana, I, Roma 1910, pp. 122 s.); G. Battelli, Rationes Decimarum Italiae nei secc. XIII e XIV: Latium, Città del Vaticano 1946, pp. IX s., 423).