CANTELMO, Andrea
Nacque in Pettorano (Aquila), feudo di famiglia, il 2 agosto del 1598 (o 1599, Mss. L. Serra) da Fabrizio, duca di Popoli, e da Laura d'Evoli. Compiuti gli studi nel Collegio romano, nell'anno 1620 egli ottenne dal viceré di Napoli Gaspare Borgia il comando di una compagnia di archibugieri, destinata alla guerra della Valtellina, nel corso della quale prese parte alle battaglie di Tirano e Morbegno, all'assedio di Chiavenna e al soccorso di Coira. Passò poi a militare nell'esercito di Ferdinando II d'Austria, al comando di due compagnie di cavalli nelle guerre per la restaurazione politico-religiosa di Boemia, Moravia, Slesia e Vestfalia, distinguendosi nelle battaglie contro Gábor Bethlen, principe di Transilvania, e contro Federico, elettore del Palatinato. A richiesta del duca di Feria, governatore di Milano, rientrò in Italia e nel 1625 partecipò alla difesa della Repubblica di Genova contro l'invasione di Carlo Emanuele I di Savoia.
Sebbene personalmente contrario all'intervento spagnolo nella questione della successione del Monferrato (un suo parere in proposito è pubblicato dal Di Capua, pp. 243-47), partecipò valorosamente alla guerra contro i Francesi, presente, al comando di un reggimento, al primo e secondo assedio di Casale, e ai combattimenti di Verua, Nizza, Rosignano e Pontestura. Nel 1631 passò in Fiandra e in Lussemburgo, quindi in Germania dove, nella campagna contro Gustavo Adolfa di Svezia, ebbe il comando del cosiddetto "terzo vecchio", costituito da veterani, e partecipò alla liberazione di Frankenthal ed alla conquista di Spira. Nel 1633, durante la campagna contro Federico Enrico di Orange, fortificò Cleve e l'isola di Stevensweert, dando il suo nome alla fortezza costruita in questa ultima località. Al comando di duemila archibugieri, nel 1635 partecipò alla difesa dei Paesi Bassi contro l'invasione francese e alla successiva controffensiva in Piccardia, assediando e conquistando Lachapelle e Le Châtelet, e ponendo quindi l'assedio a Corbie. Qui il C. fece uso di un tipo di bombe da lui inventate, costituite da palle di bronzo il cui interno era ripieno di esplosivo. Nel 1637 fu destinato al governo del Lussemburgo minacciato dai Francesi. Soccorse Denvilliers e conquistò Yvoir, dove rimase ferito. Nominato generale dell'artiglieria in Alsazia e governatore generale della Fiandra nel 1638, il C. dovette preoccuparsi subito della difesa di Anversa, giacché le sorti della guerra avevano ridotto in potere degli Olandesi i forti di Kallo, Veerbruk e di altri centri lungo la Schelda.
Dopo un arroventato consiglio di guerra, prevalse il suo parere per un attacco frontale. Attuò il piano nottetempo contro Veerbruk e dopo sette ore di combattimento gli Olandesi, abbandonati gli avamposti, si ritirarono nel forte. Nonostante la loro accanita difesa, il C. li costrinse a sloggiare e a tentare la salvezza nelle barche, imitati dai commilitoni del forte di Kallo. I vascelli non poterono però accostarsi alla riva per la bassa marea, ed egli ne approfittò per infliggere ai fuggitivi gravissime perdite, riempiendo le acque di cadaveri, facendo duemiladuecento prigionieri, prendendo ottantacinque navi cariche di munizioni e vettovaglie, diciannove cannoni, cinquantasei bandiere e quattro stendardi.
Quale principale artefice della vittoria, il C. fu accolto in trionfo ad Anversa, acclamato dalla cittadinanza e dai magistrati. Durante questa azione era stato leggermente ferito da una fucilata; per curarsi si recò a Lovanio dove, in nome dei comuni interessi per la storia e le matematiche, ebbe rapporti con il noto poligrafo Ericio Puteano (Eeryk De Putte). Nel 1639 partecipò alla difesa di Gravelines minacciata dai Francesi. Acquartieratosi a San Nicola sull'Aa, fra Calais e Dunkerque, con mille fanti e altrettanti cavalieri vi fu sconfitto dai Francesi che puntarono su Anvin. I disagi e la malferma salute lo ridussero a mal partito in Aire. Rimessosi, si trasferì a Bruges. Stabilitosi in Fiandra, si dedicò alla riorganizzazione delle sue milizie e alla ricostruzione delle fortificazioni sulle frontiere, con il contributo e la collaborazione dei magistrati di Bruges e di Gand. Nel 1640 fu nominato maestro di campo generale.
Intanto il comando francese disponeva l'esercito sul fronte Abbeville-Saint Quentin per stornare l'attenzione dal vero progetto di Luigi XIII di occupare il Lussemburgo. Dopo alcune scaramucce l'attacco francese si spostò su Arras. La città era difesa da duemila fanti spagnoli contro trentamila francesi appoggiati da diecimila cavalli e quattromila guastatori, che lavorarono per un mese a trincerarsi, ben provvisti di munizioni e vettovaglie. Con successive azioni, efficacemente graduate, i Francesi ebbero la meglio sui difensori del forte.
Il piano spagnolo di apportare aiuti dall'esterno, diverso da quello proposto dal C., fallì, e Arras cadde il 10 agosto, nonostante il poderoso intervento dell'esercito accorso nel frattempo e guidato sul lato sinistro dal C. stesso. Ma il 19 apr. 1641 il C. espugnava Lens. Il 9 novembre successivo moriva l'energico cardinale Fernando, infante di Spagna, e, come il re aveva predisposto, assunse il governo dei Paesi Bassi un consiglio di sei persone, tra cui il Cantelmo. La nuova situazione indusse i Francesi a riaffacciarsi alle frontiere della Fiandra, puntando alla conquista di Aire come primo obiettivo; ma furono costretti alla ritirata. Intanto il C. sedava tempestivamente una rivolta dell'esercito privo di paga da molto tempo, trovando credito presso i deputati della provincia di Fiandra, con un prestito che gli consentì di versare il soldo intero alla fanteria e metà alla cavalleria. Nel 1642 entrò con grosso esercito nel Boulonnais conquistando undici forti reali e obbligando i Francesi a modificare i piani di guerra. Trasferitosi poi nel Brabante, assaltò la guarnigione di Maastricht conquistando Dandoven ed Hersing. Negli anni seguenti il C. fu in costante disaccordo con la conduzione della guerra sostenuta dal nuovo governatore delle Fiandre, Francisco de Melo, che del resto esprimeva le direttive dello stesso conte-duca de Olivares. Così nel 1643 una sua offensiva sul triangolo Calais-Gravelines-Ardres fu arrestata dall'insufficienza dei mezzi accordatagli dal Melo. Il C. fu costretto a ripiegare in difesa dell'Olanda, mentre a sua volta il Melo, disattendendo i consigli del C., si trasferiva in Francia col progetto di marciare su Parigi, andando incontro, il 1º maggio del 1643, alla memorabile sconfitta di Rocroi ad opera del duca di Enghien.
Chiamato in Spagna, nel 1644, dopo la caduta dell'Olivares, il C. fu nominato membro del Consiglio di guerra, nel quale fu tra i principali ispiratori della campagna di Catalogna. Egli stesso diresse le operazioni che portarono nel luglio alla conquista di Lerida. Nominato capitano generale dell'esercito della Catalogna, in sostituzione del portoghese Felipe de Silva, il C. attaccò Tarragona con cinquemila fanti e duemilacinquecento cavalli e la liberò dai Francesi. Nel settembre riconquistò Balaguer e altri centri della piana di Urgel. Conquistata la piazzaforte di Rosas da parte dell'esercito francese dell'Harcourt, dopo qualche provvisorio successo, contro i Francesi penetrati in Aragona dal Rossiglione, dovette subire la gravissima disfatta di Balaguer, in seguito alla quale, costretto a cedere nuovamente il comando al de Silva, fu trasferito al comando dell'esercito della Navarra.
Morì ad Alcubierre, il 5 nov. 1645, prima di poter assumere quest'ultimo incarico.
Sono andati perduti un suo trattato di arte militare e le sue memorie di guerra. Alcuni dei suoi pareri "in materie di Stato e di guerra" sono pubblicati dal Di Capua. Gli si attribuisce l'invenzione delle cosiddette mine volanti e di un tipo di pistola con venticinque colpi a ripetizione.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Mss. L. Serra, V, p. 1644, ad vocem; Madrid, Bibl. naz., Guerras de Cataluña, mss. 2336, ff. 63-69; 2372, ff. 803-806; 2377, ff. 45 s., 209, s.; G. Gualdo Priorato, Scena d'huomini ill. d'Italia, Venezia 1659, ad vocem;L. Grasso, Elogi di capitani ill., Venezia 1683, pp. 211-214; L. Di Capua, Vita di d. A. C., Napoli 1693; R. M. Filamondo, Il genio bellicoso di Napoli, I, Napoli 1694, pp. 30-44; R. Quazza, Politica europea nella questionevaltellinica. La lega franco-veneta-savoiarda e lapace di Monçon, Venezia 1921, passim; Id., Mantova e Monferrato nella politica europea alla vigilia della guerra per la successione (1624-1627), Mantova 1922, passim; Id., La guerra per la successionedi Mantova e del Monferrato (1628-1631), Mantova 1926, passim; B. Croce, Uomini e cose dellavecchia Italia, I, Bari 1956, pp. 250-53; L. Ceyssens, La première bulle contreJansénius, I, Bruxelles-Rome 1961, pp. 77-81.