CAPPONI, Andrea
Uomo politico fiorentino, nacque nella prima metà del Trecento. Figlio di Cappone, esponente della vita pubblica fiorentina, apparteneva ad una tipica famiglia del popolo grasso, la ricca borghesia mercantile reale detentrice del potere in Firenze dopo la promulgazione degli Ordinamenti di giustizia antimagnatizi del 1293.
Come molti altri membri della famiglia, il C. si inserì dapprima nel mondo delle arti mercantili, iscrivendosi nel 1348 alla, potente arte del cambio, della quale fu console otto volte tra il 1352 e il 1374 e a quella non meno importante della seta nel 1351. Probabilmente la vasta influenza che arrivò a conquistarsi all'interno dell'arte del cambio, l'arte che più delle altre controllava l'economia cittadina e le relazioni commerciali col resto d'Italia e d'Europa, gli consenti di ottenere nel 1358 e ancora nel 1362, nel 1365 e nel 1370 il magistrato della Zecca, carica che anche il padre aveva ricoperto circa venti anni prima. Come segno tangibile dell'autorità del suo incarico e forse anche del prestigio politico raggiunto dalla famiglia Capponi, i fiorini fatti coniare da lui durante i primi tre anni del suo mandato recarono inciso un cappone e la lettera A e nel 1370 una zampa di cappone.
La vera e propria carriera politica del C., comunque, ebbe inizio dopo il 1360, quando il Comune fiorentino si, trovò a dover fronteggiare diversi pericoli esterni. Dopo essere stato eletto priore per il primo bimestre del 1361, il C. ebbe spesso, negli avvenimenti successivi, una parte non secondaria svolgendo incarichi soprattutto diplomatici. Nel 1363 fu inviato infatti a Padova con il compito di assoldare truppe per la guerra che Firenze stava conducendo in quel momento contro Pisa; nel giugno 1366 si recò in ambasceria ad Arezzo presso Ambrogio Visconti, figlio naturale di Bernabò, signore di Milano, per ottenere che la sua banda di mercenari non attraversasse il territorio fiorentino ed evitare così alle popolazioni del contado devastazioni e saccheggi che sempre accompagnavano il passaggio delle compagnie di ventura; nel 1370 infine fu di nuovo al governo della città come priore.
Nel frattempo i rapporti tra Firenze e la Chiesa avevano subito una evoluzione: il cardinale Egidio d'Albornoz, legato del papa Urbano V, dopo aver riportato la Romagna sotto il controllo della Chiesa, chiedeva insistentemente un più fattivo contributo dei Fiorentini alla causa papale. Dal canto suo Firenze, pur essendo orientata verso una politica di neutralità, dovette acconsentire nel 1366, dietro le pressioni interne della Parte guelfa, alla stipulazione di un trattato che la impegnava in una azione congiunta contro le compagnie di ventura. Nel settembre di quell'anno, perciò, il C., nel quadro di questi accordi, si recò presso l'Albornoz; in Romagna per giustificare i contatti che Firenze aveva avuto in precedenza con la compagnia di S. Giorgio nonostante le scomuniche emesse dal papa contro le compagnie di ventura.
Nel 1375 però, il Comune, preoccupato dall'eccessiva influenza del papa nella pofitica italiana, ruppe la, secolare alleanza guelfa e aprì le ostilità contro Gregorio XI. La guerra, che si svolse dal 1375 al 1378 e fu detta degli Otto santi dai cittadini che avevano il compito di guidarne le sorti, vide il C. nuovamente impegnato come uomo di governo e come diplomatico. Nel primo anno di guerra ebbe infatti la responsabilità di diversi settori della vita pubblica cittadina: dapprima fu alle finanze come ufficiale delle gabelle; quindi al governo come membro della suprema magistratura dei Dodici buonomini; infine alla giustizia come gonfaloniere di compagnia, ufficio quest'ultimo che tenne anche nel 1377.
Nel 1376, dopo aver retto per i primi sei mesi dell'anno la podesteria di San Gimignano, fu inviato a Pistoia per sollecitare aiuti in denaro per la guerra e poco dopo, nel settembre, a Città di Castello per mantenervi lo stato di ribellione al pontefice. L'anno dopo fu eletto commissario generale nella Marca d'Ancona, ricevendo pieno mandato di trattare gli affari di guerra; nel maggio tentò così di dissuadere i governanti bolognesi dal concludere una pace troppo affrettata con il papa. Negli ultimi sei mesi del 1377 tenne poi il governo della Valdinievole.
Mutata la situazione interna in Firenze con il tumulto dei Ciompi, scoppiato nell'estate del 1378, rimase lontano dalla vita politica per qualche tempo, finché il governo della città restò in mano al popolo minuto. Calmatesi le acque, riprese le sue missioni diplomatiche, recandosi nel 1381 presso Giovanni Acuto, il valoroso capitano di ventura passato stabilmente al servizio del Comune fin dal 1377, poi a Barga nel 1382, e nel 1383, anno della sua morte, a Bologna.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico, S. Maria Novella, 18dic. 1359; Delizie degli eruditi toscani, XIV(1781), pp. 35, 87; XVII (1783), p. 172; Diario d'anonimo fiorentino dall'anno 1358 al 1389, a cura di A.Gherardi, in Cronache dei secc. XIII e XIV, Firenze 1876, p.340 n.; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXX, 1, a cura di N.Rodolico, pp. 258, 275; Il tumulto dei Ciompi, Cronache e memorie, ibid., XVIII, 3, a cura di G. Scaramella, pp. 111, 147; G. A. Brucker, Florentine Politics and Society 1343-1378, Princeton, N.J. 1962, p. 333n.; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Capponi, tav. V.